Sebbene ci siano parecchie figure comprimarie attorno a loro (a partire da un manager incompetente e una croupier di blackjack che più folle non si può), Hacks ruota attorno essenzialmente a loro due, a come si scontrano in continuazione scoprendo in fondo di essere molto più simili di quanto non credano: entrambe appassionate di Law & Order: Special Victim Unit, sono a loro volta vittime delle circostanze e di un mondo – quello dello showbiz, diremmo per sintetizzare – che non permette défaillance, né anagrafiche né contenutistiche. La loro reciproca animosità e respingenza (avvisiamo che è naturale odiarle entrambe, all’inizio) è la chiave stessa per penetrare la loro sferzante corazza: la chiave, in fondo, è proprio cercare di capire qual è l’origine di questo animo così inacidito, ma al contempo anche così corrosivo nei confronti della superficialità dei rapporti e della realtà.
Quello che sorprende, in Hacks, è il miracolo di parlare di comicità essendo a sua volta una serie decisamente esilarante. “Se devi iniziare una frase con ‘È divertente perché…’ allora probabilmente non lo è”, spiega Deborah dall’alto dei suoi anni d’esperienza, e soprattutto del suo disincanto. Il fatto che si rida parecchio in ogni episodio (meglio se avete ben chiari i riferimenti alla cultura pop americana, da Harvey Weinstein a Rachel Maddow) va a braccetto con una disperazione generale, forse anche generazionale. “Buono è il minimo”, dice sempre a un certo punto Deborah: “Devi essere molto più che buono”, un’altra amarissima ma verissima lezione su questi Hunger Games che è diventata la società performativa di oggi. È anche uno spaccato molto femminile, se non femminista: Deborah Vance ha “rischiato” di essere la prima donna a condurre un late night negli anni Settanta (a tutt’oggi nessuna l’ha fatto) ma la sua vita personale e i soliti soffitti di cristallo l’hanno esclusa dai giochi.
Non bisogna perdersi Hacks anche per vedere all’opera le sue protagoniste. Hannah Einbinder è al suo primo ruolo principale, dopo una gavetta da stand up comedian a sua volta, e in qualche modo è efficace nel riprodurre sullo schermo il misto di sufficienza e fragilità che muove il suo personaggio. Ma è Jean Smart a rubare ogni singola scena in cui compare anche solo di sfuggita: star di sitcom cult come Quattro donne in carriera e Frasier, di recente è stata “riscoperta” grazie ai suoi ruoli in Legion e Watchmen, e finalmente sta avendo tutti i riconoscimenti che merita. Interpreta grandiosa, affilata, incontenibile, è capace dell’ironia più acuta e della passione più intensa. Il suo volto scavato ed espressivo, i suoi occhi glaciali e profondi sono gli ingredienti principali che vi faranno innamorare di Hacks. Ed era ora.
Fonte : Wired