Due anni fa la Russia invadeva l’Ucraina, trascinando il vecchio continente nel déjà vu di un conflitto novecentesco a cui non si assisteva dalla Seconda guerra mondiale.
Le implicazioni di questa guerra a livello strategico, geopolitico e diplomatico sono molteplici: il riarmo dell’Europa, con l’aumento esponenziale delle spese militari dei Paesi membri, il ritorno in auge della questione che ruota intorno alla costruzione di una difesa europea comune, la solidità e il ruolo della Nato. A fare da sfondo c’è la recrudescenza del paradigma imperialista della Russia, forse mai davvero sopito, in collisione con la nostra visione occidentalocentrica.
Sono tanti i punti emersi in questi due anni di guerra tra Russia e Ucraina: da alcuni, la Nato è stata messa sotto accusa per aver provocato la Russia con il proprio allargamento ad est; così come sul banco degli imputati c’è ora la coesione occidentale di fronte al nemico esterno, che rivela la propria ipocrisia nell’incapacità di prendere una posizione comune e netta davanti alla tragedia umanitaria in corso a Gaza.
A Gaza in 5 mesi il doppio delle vittime civili in Ucraina dopo 2 anni di guerra (today.it)
Un conflitto che per gli analisti ha sancito la tendenza emergente di un modello multipolare, in cui si assiste al tramonto degli Stati Uniti come potenza egemone, in grado di mantenere l’ordine e confinare i conflitti fuori dalle porte dell’Occidente.
Lo stallo
Nei piani russi, l’invasione dell’Ucraina doveva essere una manovra rapida, atta a prendere in breve tempo il controllo delle città principali, in primis Kiev, Kharkiv e Odessa. Ma grazie alla resistenza ucraina e ai massicci aiuti occidentali, il conflitto si è trasformato in una guerra di attrito logorante, con settimane, a volte mesi, di strenui combattimenti di terra per spostare i rispettivi fronti di pochi metri.
Dopo i referendum farsa a Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia, i leader filo-russi, il Cremlino ha firmato la loro annessione alla Russia. Nel corso del 2023, Kyiv ha lanciato una controffensiva mirata principalmente a liberare i territori a sud di Zaporizhia, ma le forze russe sono riuscite a mantenere ancora oggi la maggior parte del terreno. La controffensiva del 2023 ha portato a risultati deludenti, come dichiarato dalle stesse autorità ucraine, che hanno ammesso di aver compiuti errori e invocato la necessità di una nuova strategia.
L’Ucraina ammette errori nella controffensiva: “Dobbiamo cambiare tattica” (today.it)
Nelle ultime settimane l’esercito ucraino è in evidente difficoltà, soprattutto per la carenza di munizioni. Appena una settimana fa, la Russia ha conquistato la città di Avdiivka, nel Donetsk, descritta come “la nuova Bakhmut”, uno dei territori contesi più a lungo e con il maggior dispiegamento di risorse umane e militari. Nelle fasi finali della battaglia, secondo diverse testimonianze dei soldati stessi, le truppe ucraine si sarebbe ritirate in modo caotico. L’esercito ucraino avrebbe inoltre sofferto una mancanza di munizioni che andrebbe avanti da mesi. Intervenendo alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, il Volodymyr Zelensky, rivolgendosi agli Usa, è tornato a ribadire che la “mancanza di armi” avvantaggia Mosca.
“L’esercito russo può raggiungere Kiev, poiché la minaccia viene da lì”, ha dichiarato negli ultimi giorni il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev, che assicura: ” “È una questione che verrà risolta quest’anno”.
È difficile conoscere con esattezza il bilancio dei morti
Il numero esatto dei morti è difficile da conteggiare. Entrambe le parti forniscono informazioni parziali sulle proprie perdite per questioni strategiche e per evitare di demoralizzare il morale delle truppe e delle rispettive popolazioni
A metà gennaio 2024, l’ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha dichiarato di aver confermato la morte di 10.382 civili in Ucraina e il ferimento di altri 19.659 dall’invasione russa, ma ha avvertito che il bilancio reale è probabilmente più alto. Le autorità ucraine affermano che altre migliaia di civili sono morti durante l’assedio della città portuale meridionale di Mariupol nei primi mesi di guerra e che almeno 25mila vittime sono state sepolte in fosse comuni.
La stanchezza occidentale
Non a caso, per imprimere visibilità e slancio al nuovo corso, il presidente Volodymyr Zelensky ha sostituito il comandante in capo delle forze armate nominando Aleksander Syrsky al posto di Valery Zaluzhny, dopo settimane di indiscrezioni e presunte conflittualità tra i due.
Un nuovo slancio che l’Ucraina ha bisogno di mostrare agli occhi degli alleati occidentali, che dopo due anni di aiuti accusano tra le proprie opinioni pubbliche una crescente stanchezza nei confronti del coinvolgimento. Al Senato statunitense, l’ultimo pacchetto di aiuti è passato dopo settimane di stallo e la dura opposizione dei deputati repubblicani, ma manca ancora l’approvazione da parte della Camera.
Anche in seno al Consiglio europeo, gli ultimi 50 miliardi di aiuti all’Ucraina sono stati sbloccati tra non poche difficoltà, in particolare legate al braccio di ferro con il premier ungherese Viktor Orban.
L’Ucraina fatica a sostituire i soldati morti o feriti al fronte
Ad arrancare non sono solo gli entusiasmi delle opinioni pubbliche occidentali. Sono sempre di più i giovani ucraini che tentano di sfuggire all’arruolamento, mentre il flusso di volontari che aveva contraddistinto i primi mesi si è interrotto.
La Russia di Putin e la morte di Navalny
La morte di Alexei Navalny rappresenta uno degli eventi più rilevanti all’interno della Russia nei due anni di conflitto. La sua è di fatto un’uccisione “pubblica”. Che sia stata materiale, o attuata in modo più dimesso, attraverso la sua reclusione in condizioni estreme, non cambia molto. Pubblica perché compiuta dal regime a volto praticamente scoperto, di fatto neutralizzando il principale oppositore di Putin non solo davanti al mondo, ma davanti agli occhi della propria popolazione civile. E questo rileva ancora di più in vista dell’appuntamento elettorale del marzo 2024.
Per quanto si tratterà di elezioni non effettive, che sanciranno senza margine di dubbio la rielezione di Putin, il fatto che il regime non si curi di far fuori a volto scoperto un personaggio come Navalny potrebbe mettere in discussione quel patto sociale non scritto per cui, mentre alcuni vengono spinti in trincea, gli altri, la maggioranza, possono continuare a far finta di nulla in una parvenza di normalità che riesce ad esistere anche in un’economia ormai di guerra. Davanti alla morte di Navalny, è più difficile far finta di nulla. Anche per i sostenitori di Putin, l’aumento percepito della repressione potrebbe non fra bene al sentimento di coesione nazionale che li lega al Cremlino.
Tutto quello che non torna sulla morte di Alexei Navalny (today.it)
Questo non significa che il regime subirà incrinazioni immediate e visibili. Lo hanno sperimentato bene i Paesi occidentali, che dalle sanzioni si aspettavano di infliggere colpi ben più letali di quelli effettivamente sortiti.
Quali scenari?
Quanto potrà durare ancora questa situazione? Secondo un report dell’Istituto internazionale per gli studi strategici (Iiss), la Russia potrebbe continuare la guerra all’Ucraina per “altri due o tre anni, o forse anche di più”.
Dal punto di vista delle risorse umane e militari, la Russia ha sempre avuto il coltello dalla parte del manico e ha dimostrato una capacità di produzione notevole, che le sta permettendo di “mantenere stabili le sue scorte attive”. L’esercito ucraino in grado di colmare questo deficit solo con gli aiuti degli alleati. La loro disposizione nel proseguire questo sforzo ha quindi senza dubbio un impatto determinante sul futuro del conflitto.
“A giugno 2024 l’Ucraina avrà i caccia americani F-16” (today.it)
Va sottolineato inoltre come questa guerra abbia assunto per entrambe le parti un’importanza strategica e simbolica che vanno ben oltre le conquiste territoriali.
Da questo punto di vista, si tratta di una guerra di attrito la cui caratteristica, nella cosiddetta teoria dei giochi, è quella di essere “un modello di conflitto dove due o più ‘giocatori’ competono per ottenere il controllo di un insieme di risorse – in questo caso porzioni di territorio. Il conflitto è vinto da chi persiste più a lungo nel suo sforzo bellico, pagando naturalmente un costo proporzionale alla durata dello stesso”, ha spiegato in un recente intervento a Rai News Andrea Molle, docente del dipartimento di Scienze Politiche, alla Chapman University, Stati Uniti. “Per semplificare, possiamo paragonare le guerre di attrito ad un’asta, dove l’offerta dei singoli partecipanti è espressa nei termini del tempo che sono disposti ad impegnarsi nel conflitto. La vittoria è assegnata, naturalmente, all’offerta più alta”.
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“In realtà, dal punto di vista strategico – prosegue Molle – l’unica speranza per l’Ucraina di riconquistare le posizioni perdute in questi anni sarebbe proprio quella di riportare il conflitto ad una guerra di manovra, provando ancora una volta a danneggiare la catena logistica russa e sistema difensivo russo. Ma per farlo servono risorse molto più ingenti di quelle attualmente concesse al Paese”.
Fonte : Today