Si fanno sempre più insistenti le voci di una cosiddetta “pista cinese” per il consolidamento dell’automotive, oggi condizionato dalla transizione energetica e dalle politiche commerciali aggressive delle case produttrici di Pechino. I colossi occidentali, tra cui Stellantis, punterebbero ad alleanze mirate con le concorrenti cinesi per produrre veicoli elettrici più economici da immettere nel mercato nei prossimi anni.
Stellantis, nuovo stop per gli operai di Mirafiori: in cassa integrazione fino al 30 marzo
“A Mirafiori – spiega il deputato Marco Grimaldi dell’Alleanza Verdi Sinistra – si parla di 150 mila vetture elettriche a marchio Leapmotor, acquisito al 20% nel 2023, affiancate alla produzione della Cinquecento elettrica dal 2026”.
Pensa sia un’opportunità per il rilancio dello stabilimento?
“Per adesso si tratta di una fuga di notizie: quello che è chiaro è che siamo lontanissimi dall’obiettivo di produrre un milione di vetture ogni anno, oggi siamo a circa mezzo milione. Nessuno ne parla, ma non si vede mezza nuova assunzione in nessuno dei poli italiani. Mirafiori è agonizzante: veniamo da 17 anni di cassa integrazione e c’è una lunga agonia in cui la riconversione ecologica sembra un fascio di luci led su un palazzo in cui non c’è neanche il cappotto termico”.
Che timori avete rispetto a queste possibili collaborazioni con la Cina?
“Ovviamente noi siamo disponibilissimi, figuriamoci se ci opporremmo alla nascita di una Leapmotor International controllata al 51 per cento da Stellantis e con i diritti esclusivi; la cosiddetta pista cinese non ci preoccupa in quanto tale, L’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavarez, ci ha spiegato che l’offensiva cinese è visibile ovunque e che da questo accordo in cui Stellantis acquisisce quote di una loro casa automobilistica si può trarre un vantaggio. Tutto molto bello sulla carta ma poi, al tavolo su Mirafiori a cui erano presenti Regione, Comune, sindacati e Confindustria, questo tema non è stato neanche accennato. E lì abbiamo l’unica auto elettrica prodotta in Italia, ovvero la 500, che arriverà a fine ciclo nel 2027”.
Percepite il rischio che l’obiettivo di Stellantis sia spostare la produzione altrove?
“Le posso dare qualche indizio: la Panda elettrica è volata in Serbia, la 600 – che è una 500 con qualche modifica – è prodotta in Polonia, la Topolino è fatta in Marocco. Ripeto: non abbiamo paura che i cinesi arrivino a Mirafiori, siamo favorevoli anche all’arrivo di altri produttori come Tesla, ma non vogliamo prese in giro, nel senso che si fa un’acquisizione per tutelare il fatturato e poi si sposta la produzione altrove”.
Tavarez punta molto sul piano strategico “Dare Forward”, con cui Stellantis si candida a essere gruppo leader nella decarbonizzazione: che impatto pensate avrà su uno stabilimento come Mirafiori?
“L’obiettivo dichiarato è trasformare il sito in un polo innovativo per la mobilità sostenibile entro il 2038. Noi sosteniamo che per raggiungerlo serva un piano di reinternalizzazione, che si debbano produrre la 600 elettrica e la panda elettrica a Mirafiori. Non è la transizione ecologica che fa perdere posti di lavoro, ma la mancata volontà di produrre in Italia. Lear, l’azienda che produce i sedili per Stellantis, può continuare a produrli anche per le auto elettriche, il punto è se Stellantis sceglie di continuare a rifornirsi da lei o se comprarli all’estero. Siamo preoccupati perché Stellantis, qualche mese fa, ha fatto appello ai propri fornitori di andare a vendere all’estero, magari in Asia”.
Cosa pensate dovrebbe fare Giorgia Meloni, che recentemente ha avuto attriti con la proprietà di Stellantis?
Facciamo un appello a quelli che si definiscono patrioti ma patrioti non sono: dopo averli visti fare fuoco e fiamme su Alitalia e ora il marchio è Lufthansa, dopo aver visto un fondo americano avvicinarsi a Cassa Depositi e Prestiti e a Poste Italiane, dopo aver visto un altro fondo americano acquisire Tim, siamo decisamente preoccupati. A noi non interessano le scaramucce tra il gruppo Gedi e la presidente del Consiglio sul termine “svendi Italia”, ma chiediamo a Tavarez e Meloni di sedersi a un tavolo e discutere prima che l’Italia finisca svenduta sul serio. Ci sono gli incentivi e noi pretendiamo che siano utilizzati per le auto prodotte nel nostro Paese, non per quelle prodotte fuori. Le auto a Mirafiori si possono ancora progettare e produrre dentro la transizione ecologica”.
Sabato 24 avete organizzato una “marcia clima lavoro” che si svolgerà intorno allo stabilimento di Mirafiori. Hanno aderito in molti?
“Sì. È una marcia no-logo, senza simboli di partito. È una manifestazione che non vuole mettere in imbarazzo nessuno, né la Cgil, né il Pd, né il Movimento 5 Stelle, per questo non c’è nessun cappello di parte. Sono contento perché molti operai, anche di altre aziende, hanno risposto. È qualcosa che non si vedeva da molti anni perché ormai manca, purtroppo, quella che una volta si chiamava coscienza di classe. Oggi non vedo all’orizzonte le “madamin” che scesero in strada a Torino per difendere gli interessi della città sulla vicenda Tav, per intenderci. È invece fondamentale che gli interessi della città siano difesi dai lavoratori e dalle lavoratrici, perché se non difenderemo l’industria, a Torino come in altri luoghi strategici, non saremo più un Paese da G7 e da G8. Noi non vogliamo difendere gli ultimi mohicani che sono lì dentro, vogliamo che Stellantis faccia nuove assunzioni, che abbandoni la cassa integrazione. Ci dicono che non vogliono chiudere lo stabilimento, noi rispondiamo che non vogliamo arrivare fuori le fabbriche solo quando le chiudono e non c’è più nulla da fare”.
Fonte : Today