Che ne sarà della fotografia nell’era dell’intelligenza artificiale generativa? Che ne sarà dei fotografi, sostituiti da prompt di testo e “fine tuning” di modelli di IA che costano molto meno di un professionista? E che fine faranno le mostre di fotografia, le macchine fotografiche, il ruolo della fotografia come strumento di narrazione della realtà, il fotogiornalismo e tutto ciò che associamo al mondo della fotografia?
Come molti altri settori, anche la fotografia guarda con preoccupazione agli sviluppi di MidJourney, Dall•E, Stable Diffusion e delle altre IA generative capaci di creare immagini così realistiche da sembrare “vere”. Nel farlo, è chiamata a porsi dubbi esistenziali tanto profonde quanto inattese.
Punctum è il nuovo blog di Italian Tech che si pone l’obiettivo di esplorare queste e molte altre domande: è un osservatorio sull’evoluzione del mondo della fotografia e della creatività nell’era dell’IA generativa.
La ricerca che voglio portare avanti in questo spazio muoverà da tre punti (più o meno) fermi:
1) Per parafrasare Mark Twain, le notizie sulla morte della fotografia sono ampiamente esagerate. Ogni volta che una foto come quella del Papa col piumino bianco diventa virale, ecco che si alza il coro delle cassandre: la fotografia è morta! i fotografi non esisteranno più!
No, non è così: quella foto, come tutte le foto che abbiamo visto finora, comprese quelle che sono riuscite a insinuarsi nei concorsi (a volte vincendo premi di categoria), sono immagini interessanti e sorprendenti ma non sono “fotografie”.
Non lo sono etimologicamente, perché non sono “scrittura con la luce” (foto-grafia). Non lo sono neppure concettualmente: mancano di quello che il filosofo Luciano Floridi chiama “capitale semantico”, tutto quel portato umano che genera la stratificazione di significati di un’immagine fotografica.
Le “digitografie” generate dall’IA sono altro, qualcosa che dobbiamo ancora capire a fondo.
Per dirla con Roland Barthes, le immagini generate dall’IA riescono a simulare lo Studium, l’insieme dei riferimenti che rendono possibile l’interpretazione sociale e culturale dell’immagine fotografica, ma mancano del Punctum, la ferita fondamentale che muove lo spettatore in maniera più profonda e personale.
2) L’intelligenza artificiale è parte integrante della fotografia e l’ha già radicalmente cambiata. Non solo: l’ha resa migliore, più accessibile e più efficace. Machine learning e deep learning sono alla base della fotografia computazionale, l’insieme di processi algoritmici che permette ai nostri smartphone di scattare immagini di qualità altrimenti inarrivabile date le intrinseche limitazioni fisiche degli obiettivi e dei sensori di cui sono dotati.
Sulla scia della rivoluzione computazionale, i produttori di fotocamere professionali hanno preso nota. Le fotocamere professionali presenti oggi sul mercato utilizzano algoritmi IA per migliorare elementi fondamentali dell’esperienza di scatto, in particolare il tracciamento dei soggetti e l’autofocus. L’evoluzione hardware e il passaggio dalle fotocamere reflex alle mirrorless ha fatto il resto. Le macchine di oggi sono un concentrato di altissima tecnologia capaci di scatti straordinari, che liberano il fotografo dal peso della tecnica e ne esaltano l’espressione e la ricerca di significato.
Insomma: non è mai stato così facile “fotografare”, e il merito è (in parte) anche dell’intelligenza artificiale.
L’IA ha rivoluzionato anche un’altra fase fondamentale del processo fotografico: l’editing e la selezione delle immagini. Software come AfterShoot permettono di processare e sfoltire migliaia di immagini in poche decine di minuti, taggando le immagini fuori fuoco o con soggetti con occhi chiusi, oppure individuando e raggruppando gli scatti simili o duplicati. Sono strumenti che salvano ore di lavoro del fotografo e ne integrano il workflow lasciando al professionista l’ultima parola e la possibilità di rivedere le scelte della macchina. Chiedete a qualsiasi fotografo matrimonialista cosa significa risparmiare ore nel “culling”, come si chiama in gergo il processo di selezione degli scatti: ben pochi vi diranno che si stava meglio quando si stava peggio.
3): L’IA generativa è uno strumento creativo nuovo i cui usi e le cui applicazioni (incluse quelle artistiche) vanno capite ed esplorate con mente aperta. Inquadrare l’IA generativa come nemica assoluta della fotografia o delle arti creative è una posizione tanto rassicurante quanto pericolosa, che ci pone al di fuori del cambiamento e non permette di capirlo. Gli elementi di criticità che abbiamo osservato finora (il problema del copyright di foto e contenuti utilizzati per l’allenamento dei modelli, ad esempio) sono importanti e vanno analizzati a fondo, ma attengono a un livello più ampio del problema “IA Generativa”: qui vogliamo rifuggire dalle facili classificazioni per osservare e capire anche il potenziale delle “digitografie” e delle altre forme espressive visuali che l’IA generativa può abilitare.
Entro questo (ampio) perimetro c’è moltissimo da esplorare, osservare, capire. È quello che proveremo a fare con Punctum: teneteci a fuoco.
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Fonte : Repubblica