Il governo Meloni vuole cambiare i metodi di valutazione per la scuola primaria, cioè le elementari, riportando in uso i voti da ottimo a insufficiente e annullando la riforma del 2020 che aveva introdotto i giudizi descrittivi. Un passo indietro, sostenuto dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, che cancella in un attimo i tre anni di lavoro compiuto da docenti e pedagogisti, per garantire a studenti e studentesse un metodo di valutazione in ottica formativa e non punitiva.
I giudizi descrittivi nella riforma del 2020
L’ordinanza ministeriale 172 del 2020 aveva cambiato radicalmente i metodi di valutazione della scuola primaria, introducendo giudizi descrittivi che rappresentassero quattro differenti livelli di apprendimento raggiunti: in via di acquisizione, base, intermedio e avanzato. In questo modo gli insegnanti non avrebbero più assegnato un generico voto in una materia, ma comunicato a che punto del processo di apprendimento si trovano gli alunni e le alunne nel comprendere o scrivere un testo, fare un’operazione matematica o assimilare la storia.
Per farlo, gli istituti scolastici hanno lavorato a lungo per cambiare tecnicamente il sistema usato negli ultimi 30 anni, definendo gli obiettivi di apprendimento, gli strumenti di verifica e organizzando percorsi formativi per mettere gli insegnanti nelle condizione di poter comprendere e applicare al meglio il nuovo metodo. Un lavoro enorme, che però ha incontrato il favore e la collaborazione di tutti gli attori coinvolti, ha appena cominciato a funzionare a regime e necessita di tempo per essere valutato adeguatamente.
La proposta del governo
La nuova proposta – presentata dal governo tramite un emendamento al più ampio disegno di legge sul voto in condotta e sulle sospensioni voluto dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara – cancellerà ogni progresso fatto in questi tre anni, riportando da settembre 2024 i voti sintetici a scuola. Il cambiamento non è stato accolto bene, raccogliendo invece molte critiche da insegnanti, esperti, associazioni di categoria e dei genitori, che ne contestano l’efficacia formativa, l’assenza di una discussione pubblica sul tema e le tempistiche con cui si smantellerà una riforma appena avviata, senza averne verificato i risultati.
In una lettera aperta al ministero dell’Istruzione intitolata Tornare ai voti? No grazie, l’Associazione nazionale dirigenti scolastici, l’Associazione italiana maestri cattolici, la Cgil scuola e altre 9 organizzazioni di categoria hanno descritto la scelta del governo come “contraddittoria, priva di una visione pedagogica coerente e duratura” e “immotivata dal punto di vista pedagogico”, che va a “interrompere un processo di rinnovamento della cultura e delle pratiche valutative” senza nemmeno avere “una documentazione sui processi in atto, una verifica sulle esperienze condotte nelle scuole o un’interlocuzione con il mondo della scuola e della ricerca”.
Fonte : Wired