Guerra all’autovelox, poi chi uccide un bambino non va in carcere

L’ultima frontiera dei limiti di velocità, in alcune città, si abbasserà dai 30 ai 10 chilometri orari. Avanti di questo passo, probabilmente, dovremo presto scendere dall’auto e spingerla. Un po’ come si legge sui cartelli in certi parchi: bici a mano. Allo stesso tempo il governo, attraverso il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, dichiara guerra agli autovelox inutili: quelli piazzati non tanto per prevenire gli incidenti, ma per fare cassa. Dalle multe date nel 2023, i comuni italiani hanno incamerato il 6,4 per cento in più (oltre un miliardo e mezzo) rispetto all’anno precedente. Mentre a Buccinasco, vicino a Milano, è in corso la caccia all’uomo per l’abbattimento di altri quattro autovelox (foto sopra): la polizia locale ha annunciato di avere recuperato i filmati dei fleximan in azione, i vandali che dal Veneto alla Lombardia stanno rimuovendo i rilevatori di velocità. 

Il paradosso intorno a tutta questa polemica è che se poi uno corre a più di 120 all’ora, su una strada urbana in prossimità di una scuola e uccide un bambino, non fa nemmeno un giorno di carcere. Ma, nel giro di poco più di un anno, può beneficiare dell’assegnazione ai servizi sociali.

Il caso di Manuel, 5 anni, morto a Casal Palocco

Esattamente questo è accaduto al processo per l’omicidio stradale del piccolo Manuel, 5 anni: la scorsa estate a Casal Palocco, il quartiere residenziale di Roma, il bimbo è stato ucciso dalla folle gara di un gruppo di figli di buona famiglia, come si sarebbe scritto una volta, che volevano filmarsi per 50 ore di fila sul Suv guidato da Matteo Di Pietro, 20 anni. Il ragazzo, con l’ambizione di diventare un famoso youtuber, ha spinto a 124 chilometri orari il pesante Lamborghini Urus, fino a scontrarsi con la Smart guidata dalla madre di Manuel, che all’incrocio stava svoltando a sinistra. Pochi giorni fa, Di Pietro ha ottenuto il patteggiamento della pena ed è stato condannato a 4 anni e 4 mesi, con il beneficio degli arresti domiciliari. Resterà insomma nella casa di mamma e papà (nella foto sotto, il luogo dell’incidente).

Gli omaggi a Manuel, 5 anni, ucciso da un Suv durante una sfida sui social (foto Nicolò Zambelli-Today.it)

Ovviamente i magistrati non si sono inteneriti: hanno applicato il codice penale che di più, nel caso in questione, non prevedeva. Una volta scontato il primo anno e quattro mesi, lo youtuber potrà eventualmente richiedere l’affidamento in prova. E tornare libero. Resta la speranza che i responsabili di gravi reati stradali vengano assegnati all’assistenza di bambini, donne e uomini resi invalidi dalla guida altrui.

La rabbia di una mamma che ha perso il figlio – di Fabrizio Gatti

C’è insomma un’apparente sproporzione tra la discussione in corso sugli autovelox e le sanzioni per quanti hanno provocato incidenti non per colpa, ma per dolo eventuale: se corro a più di 100 all’ora in un quartiere residenziale, in prossimità di un incrocio e di un asilo, o in stato di ebrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, devo mettere in conto l’eventualità che le conseguenze della mia condotta possano configurare un grave illecito penale. Come l’omicidio stradale.

Ecco perché l’eccesso di velocità, oltre un certo margine dal limite, dovrebbe costituire una colpa individuale, sempre e non un concorso di colpa, a prescindere dal tipo di incidente (tranne, ovviamente, nel caso in cui l’altro veicolo sia passato con il semaforo rosso). A cinquanta all’ora si percorrono circa 56 metri ogni quattro secondi: sono distanze e tempi che permettono di uscire abbastanza tranquillamente da uno stop, o di svoltare a sinistra all’incrocio. A cento all’ora, però, la stessa distanza viene percorsa in appena due secondi. E quello che può accadere lo dimostra l’incidente in cui è morto il piccolo Manuel, la cui responsabilità non può essere certo attribuita alla mamma. Anche se all’incrocio stava svoltando a sinistra.

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Fonte : Today