Film consigliati in base all’ora del giorno: la novità su cui sta lavorando Netflix

Non c’è una homepage di Netflix uguale all’altra, non tutte le Top Ten dei film e delle serie hanno le stesse locandine per tutti e non tutti vediamo lo stesso trailer per lo stesso film: “Ce ne sono in media 6 diversi per le nostre produzioni più importanti”, ha spiegato qualche settimana fa Eunice Kim al Los Angeles Times.

Kim è chief product officer di Netflix dallo scorso ottobre (dopo esperienze in Google, Adobe e Pepsi) e abbiamo incontrato lei e Patrick Flemming, product manager dell’azienda di Los Gatos, in un meeting riservato alla stampa internazionale in cui abbiamo avuto la possibilità di capire un po’ meglio quello che succede dietro alle quinte di questo colosso dello streaming.

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L’importanza della personalizzazione

Il motivo per cui le homepage di Netflix sono diverse da persona a persona, così come le locandine dei film o addirittura i trailer, è legato a uno dei pilastri su cui si basa tutto il business di Netflix, cioè la personalizzazione: “Da noi praticamente tutto è recommended”, ci ha detto Kim con un sorriso, appunto sottolineando quanto sia importante per l’azienda non solo capire ma in qualche modo anche prevedere i desideri degli utenti. Tanto che “pure il motore di ricerca interno tiene conto delle preferenze”.

Preferenze come la Cronologia di Visione (ovviamente) ma anche la visione del trailer di un film o di una serie, di un film per intero o solo per metà, l’aggiunta di un qualcosa alla Lista dei preferiti, lo scroll in un punto della pagina o in un altro, il tempo passato in un punto della pagina o in un altro, l’apertura o meno della mail che segnala l’arrivo di un nuovo contenuto e così via. Decine e decine e decine di parametri di cui gli algoritmi di Netflix tengono conto a un unico scopo: “Vogliamo che le persone tornino ad abbonarsi mese dopo mese, e lo faranno solo se sono soddisfatte e se ogni volta che si collegano trovano cose da vedere – ha raccontato Flemming – E quindi vogliamo diventare sempre più bravi a trovare cose che vogliano vedere”.

E per “diventare bravi”, quelli di Netflix stanno cercando anche nuovi modi per anticipare le voglie dei loro oltre 260 milioni di abbonati nel mondo, come Flemming ha svelato al termine della nostra chiacchierata, rispondendo alla domanda di un collega: “Stiamo lavorando su consigli che siano time-sensitive, cioè legati all’ora del giorno in cui la persona si collega”, perché un film o una serie che vanno bene per una domenica mattina, magari non sono adatti a un lunedì sera, a un martedì pomeriggio o a un sabato notte quando si rientra a casa dopo un’uscita con gli amici. Quando saranno attivi, questi nuovi consigli? “È una cosa che vogliamo fare e su cui siamo impegnati, ma servirà tempo per averla”, ha risposto Flemming con diplomazia.

Secondo lui, non ci sarebbe invece il rischio che gli algoritmi appiattiscano la cultura, perché “alla fine tutti guardiamo le stesse cose”, come temono in tanti: “Quello che cerchiamo di fare è allargare il ventaglio delle cose che proponiamo e che potrebbero interessare, anche andando intenzionalmente e di proposito fuori dagli schemi” (che è il motivo per cui ogni tanto ci vengono proposti film che sembrano avere poco senso con il nostro profilo). In questa strategia si inserisce il corposo lavoro che Netflix fa in molti dei Paesi in cui è presente: “Vogliamo sostenere storie che interessino il Paese in cui vengono prodotte ma anche dare loro la forza di arrivare altrove”, appunto consigliandole a persone che potrebbero apprezzarle. È la lezione imparata nel 2021 con la coreana Squid Game e più di recente (e più in piccolo) con l’italiana Mare Fuori, fra i contenuti più apprezzati sulla piattaforma.

Eunice Kim, chief product officer di Netflix

L’importanza della pubblicità

La personalizzazione è talmente importante che una cosa che Netflix non permette di fare è resettare il proprio account, in modo da fargli dimenticare tutto quello che sa di noi e ripartire da zero (sui social si può, anche se non è facile). Quando abbiamo chiesto a Flemming se sia possibile, ci ha guardato un po’ sorpreso, ha ammesso che “se lo facessi, ci dispiacerebbe molto” e poi ci ha spiegato che non si può fare ma in qualche modo si può fare: “Ogni utente ha la possibilità di creare 5 singoli profili e se in qualche modo vuole azzerare tutto, può cancellarne uno di quelli vecchi, farne uno nuovo e ripartire da lì”. Oppure? “Oppure può cancellare manualmente i singoli contenuti dalla Cronologia di Visione”, in qualche modo riaddestrando l’algoritmo, che è una cosa che su Italian Tech spiegammo già ad aprile 2022.

Ancora: la personalizzazione è talmente importante su Netflix che nel “praticamente tutto è recommended” è compresa anche la pubblicità, come ci ha confermato Kim quando abbiamo chiesto spiegazioni su questo: “Scegliamo gli spot da mostrare sulla base della cronologia di visione, della posizione geografica dell’utente e dei pochi dati anagrafici che raccogliamo, come età e genere”. L’idea è quella di “proporre pubblicità che siano interessanti per chi guarda, cioè non quella di una marca di pannolini a un single senza figli”.

Vero: il concetto di “pubblicità interessanti per chi guarda” è difficile da digerire ma è uno di quelli su cui Netflix punta di più per fare accettare l’arrivo degli spot nel settore dello streaming. Che ha tutta l’aria di un’invasione, viste anche le ultime decisioni di Disney Plus: non si rischia di tornare alla televisione degli anni Novanta, piena di pubblicità e con l’aggravante di doverla pure pagare? “Siamo molto sensibili al problema ma non credo che il rischio di tornare a quella tv ci sia, perché sono esperienze molto diverse – ci ha ricordato Kim – Diversamente dalla cosiddetta televisione lineare, qui è l’utente che sceglie quando guardare e che cosa guardare, gli spot non sono uguali per tutti ma sono personalizzati e sono e saranno sempre più integrati nella programmazione”.

Non c’è solo questo ma c’è anche una sorta di promessa: “Il nostro impegno è a mantenere una light-ads experience (una pressione pubblicitaria leggera, ndr): non più di 4-5 minuti di spot per ora, contro gli anche 20 minuti per ora della tv tradizionale”.

L’importanza dell’equilibrio

Quel che è importante, sia secondo Kim sia secondo Fleming, è comunque “bilanciare le esigenze degli inserzionisti con quelle degli utenti e con le nostre”. Trovare il giusto equilibrio, che nel corso della conversazione ci è parso emergere come il terzo, fondamentale ingrediente della ricetta che ha permesso a Netflix di essere quello che è.

È una componente che si è rivelata determinante anche nei ragionamenti sul contrasto alla condivisione abusiva delle password: “Abbiamo cercato di trovare l’equilibrio giusto fra l’impatto che questa cosa aveva e ha sul nostro bilancio e la soddisfazione dei clienti” e anche gli inviti alla condivisione che l’azienda faceva all’inizio. Ancora: “Abbiamo cercato il punto di equilibrio fra i prezzi proposti agli utenti e la nostra soddisfazione economica – ha spiegato Kim – Il piano con pubblicità, attivo sinora in 12 mercati, ci permette di fare questo e di stare a una soglia di ingresso ancora più bassa e più accessibile”.

Allo stesso modo, gli account aggiuntivi, con cui condividere le password pagando una cifra ridotta rispetto a un abbonamento pieno, sono disponibili in un centinaio di mercati (compresa l’Italia) e permettono a Netflix di bilanciare le varie esigenze, le sue, le nostre e quelle degli inserzionisti pubblicitari. Di provarci, almeno. Cercando il giusto equilibrio.

@capoema

Fonte : Repubblica