Il giornalista non è andato in aula perché, ha detto uno dei suoi legali, “non sta bene”. L’Alta Corte dovrà pronunciarsi in secondo grado sul ricorso della difesa contro il no del giudice britannico di prima istanza all’ammissione di un ulteriore appello per fermare il trasferimento. Il verdetto è atteso dopo l’udienza di domani: se dovesse essere negativo il fondatore di WikiLeaks avrà esaurito tutte le possibilità nel Regno Unito. La moglie: “Questo caso è destinato stabilire in sostanza se egli vivrà o morrà”
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Arriva all’Alta Corte di Londra l’ultimo appello del fondatore di WikiLeaks Julian Assange contro l’estradizione. Le udienze di oggi e domani rappresentano un ultimo tentativo di fronte alla giustizia britannica per bloccarne la consegna – già autorizzata a livello politico dal governo conservatore di Londra – agli Stati Uniti, Paese in cui Assange rischia, almeno sulla carta, una condanna fino a 175 anni di carcere per aver a suo tempo divulgato attraverso WikiLeaks (e in parte tramite grandi testate giornalistiche internazionali come New York Times o The Guardian) 700.000 documenti riservati (autentici) relativi ad attività militari e diplomatiche degli Usa, inclusi crimini di guerra attribuiti alle forze americane in Afghanistan e Iraq. E dove contro di lui è stata aperta un’inchiesta basata su inedite accuse di violazione dell’Espionage Act del 1917, legge mai applicata in oltre un secolo per vicende di pubblicazione mediatica di documenti o materiale top secret di qualunque tipo. Assange oggi non si è presentato in aula perché “non sta bene”, ha dichiarato uno dei legali del giornalista australiano. Non è la prima volta che l’attivista non partecipa a un’udienza: era già accaduto in passato, e Assange aveva preferito l’opzione del videocollegamento dalla cella, a causa di una condizione di salute certificata a più riprese come precaria da medici terzi e delegazioni di organizzazioni internazionali e che risulta riflessa da tempo nell’aspetto di invecchiamento precoce emerso dalle poche sue immagini rese pubbliche.
Cosa potrebbe succedere
La lunga saga legale nei tribunali britannici si sta avvicinando alla conclusione, dopo che Assange ha perso nei giudizi degli ultimi anni. L’Alta Corte di Londra dovrà pronunciarsi in secondo grado sul ricorso della difesa contro il no del giudice britannico di prima istanza all’ammissione di un ulteriore appello per fermare l’estradizione. Se l’appello dovesse essere accolto, il giornalista avrà un’altra possibilità di discutere il suo caso in un tribunale di Londra, con una data fissata per un’udienza completa. In caso contrario, il fondatore di WikiLeaks avrà esaurito tutti gli appelli nel Regno Unito e sarà avviata la procedura di estradizione. Il verdetto è atteso dopo la seconda udienza di domani, e se quel no fosse confermato rimarrebbe solo l’opzione – di dubbia efficacia, dati i precedenti – di un ricorso d’urgenza alla Corte europea dei Diritti Umani, da presentare entro 24 ore: termine superato il quale le autorità britanniche potrebbero a quel punto – volendo – procedere a estradare comunque l’ex primula rossa australiana oltre oceano.
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Stella Assange: “Julian prigioniero politico come Navalny”
“Julian è un prigioniero politico e la sua vita è a rischio: ciò che è successo a Navalny potrebbe succedere a lui” in America, ha detto oggi ai giornalisti Stella Assange a margine della prima delle due giornate di udienza. “L’attacco a Julian è un attacco ai giornalisti di tutto il mondo, un attacco alla verità e un attacco al diritto dell’opinione pubblica di conoscerla”, ha tuonato con al fianco Edward Fitzgerald, uno degli avvocati difensori, fra i consensi di alcune centinaia di partecipanti a un raduno di protesta per la liberazione di Assange davanti all’Alta Corte di Londra. Riferendosi al verdetto dei giudici atteso non prima di domani, Stella Assange ha aggiunto che la decisione finale, come in tutti i casi di estradizione, sarà “politica, non giudiziaria” e ha sottolineato come il governo del Regno Unito non avrebbe esitato a negare alla Russia di Vladimir Putin una qualunque persona accusata d’aver pubblicato documenti segreti russi.
Stella Assange: “Questo caso stabilirà se vivrà o morrà”
“Questo caso è destinato stabilire in sostanza se egli vivrà o morrà”, ha detto ieri la moglie Stella Assange in un’intervista alla Bbc, dicendo che il marito “non sopravvivrà” a un’eventuale conferma del via libera all’estradizione. La donna – avvocatessa sudafricana che ha dato due figli all’artefice di WikiLeaks negli anni in cui era rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra e che lo ha poi sposato in prigione – ha evidenziato le condizioni di salute fisica e mentale sempre più precarie di Julian Assange dopo quasi 5 anni di detenzione in isolamento nel carcere di massima sicurezza londinese di Belmarsh. Un’intervista concessa peraltro mentre nel mondo occidentale sale lo sdegno per la morte Alexei Navalny e sullo sfondo di un’escalation di pressioni del governo dell’Australia sugli alleati britannici e americani per il rilascio di Assange e per evitare che anche lui possa rischiare prima o poi di morire in prigione.
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Fonte : Sky Tg24