Assange, cominciata l’ultima udienza per salvarlo dall’estradizione negli Stati Uniti

Il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, è a un passo dall’essere estradato dal Regno Unito negli Stati Uniti, dove rischia una condanna a 175 anni di carcere per accuse di spionaggio. I suoi avvocati hanno ormai solo due giorni di tempo per convincere l’Alta corte di Londra a concedergli di fare appello contro l’ordine di estradizione, firmato nel 2022 dall’allora ministra dell’Interno Piri Patel. L’udienza decisiva è cominciata il 20 febbraio 2024 e, in caso di sconfitta, l’unico ostacolo al suo trasferimento negli Stati Uniti sarà la Corte europea dei diritti umani (Cedu), dove è già stata presentata un’istanza per bloccarlo.

Le accuse ad Assange

Assange, informatico e attivista australiano di 52 anni, deve affrontare 18 accuse di spionaggio per aver reso pubblici migliaia di documenti militari riservati degli Stati Uniti, tra il 2010 e il 2011, relativi ad attacchi contro civili e violazioni dei diritti umani in Iraq, Afghanistan e nei confronti dei prigionieri del carcere di massima sicurezza di Guantanamo. L’ex presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, aveva deciso di non incriminare Assange per proteggere il diritto alla libertà di espressione e di stampa. Ma il procedimento è stato comunque aperto nel 2019, dall’amministrazione statunitense guidata da Donald Trump.

I tentativi di arrestare e processare il fondatore di WikiLeaks sono cominciati nel 2010, quando un tribunale svedese ha ordinato la sua cattura sulla base di accuse per molestie sessuali. Per Assange si è trattato solo di un primo pretesto per arrivare a un suo trasferimento negli Stati Uniti e, infatti, nel 2017 i procuratori svedesi hanno ritirato le accuse e chiuso le indagini. Nel frattempo però, Assange era stato arrestato dalla polizia britannica, sulla base del mandato europeo emesso dalla Svezia, e, mentre era in libertà vigilata, ha violato il suo status rifugiandosi nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, dove ha ottenuto asilo politico nel 2012.

Il braccio di ferro

La protezione diplomatica dell’Ecuador è stata interrotta nel 2019, a seguito della pubblicazione di cosiddetti Ina Papers da parte di WikiLeaks, che hanno compromesso l’allora presidente Lenin Moreno. Così, l’11 aprile 2019, le autorità britanniche hanno arrestato e incarcerato Assange per aver violato le condizioni di libertà provvisoria e a giugno dello stesso anno l’amministrazione di Donald Trump ha chiesto formalmente l’estradizione dell’attivista. Da allora è cominciata una lunga battaglia legale per evitarne il trasferimento, a causa delle sue condizioni di salute fisica e mentale e nel timore del trattamento che gli potrebbe essere riservato nelle carceri statunitensi.

La prima svolta nello scontro legale è arriva nel 2021, quando un giudice britannico ha rigettato la richiesta di estradizione statunitense proprio sulla base dei suoi problemi di salute, che avrebbero potuto condurlo al suicidio. Decisione ribaltata però nel 2022 dall’Alta corte di Londra, a seguito del ricorso presentato dagli Stati Uniti, e dal via libera dato dall’allora ministra dell’Interno britannica, Piri Patel. Sempre nel 2022, l’Alta corte ha rifiutato anche una prima richiesta di appello presentata dai legali di Assange. Due anni dopo, gli avvocati sono riusciti a ottenere una nuova udienza, con la quale proveranno a portare il caso davanti alla Corte suprema del Regno Unito, la più alta corte del paese.

In base a quanto riporta il Guardian, Assange ha chiesto di comparire di persona in tribunale, ma sembra che presenzierà solo tramite collegamento video dal carcere di massima sicurezza di Belmarsh, dove si trova da 5 anni. A Belmarsh sono rinchiusi terroristi e criminali che devono scontare gravi pene e Assange è l’unico giornalista incarcerato nel Regno Unito. I suoi legali sosterranno che autorizzare l’estradizione equivalga a punire Assange per le proprie opinioni politiche e a una violazione del diritto alla libertà di espressione e di stampa sanciti sia dal Primo emendamento della Costituzione statunitense, sia dalla Convenzione europea sui diritti umani.

Fonte : Wired