Sfondare il muro dei tabù, portare la salute mentale nelle conversazioni quotidiane. Abbattere pregiudizi e paure. Condividere, soprattutto. Di salute mentale oggi si parla di più, ma quanto? E quando gli scambi avvengono sui social quali temi vengono affrontati? Su cosa si concentrano le conversazioni online? È questo l’oggetto dello studio condotto da Pierluigi Vitale, social media analyst, e Serena Pelosi, linguista computazionale, entrambi docenti del Sole 24 Ore Formazione.
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Tre anni di conversazioni social: oltre 480mila post tra Facebook, Instagram e TikTok. Questa la mole di dati presa in considerazione nel report “Salute mentale: social media analysis” di Pierluigi Vitale, social media analyst, e Serena Pelosi, linguista computazionale. “Parlare di salute mentale, esprimendosi in questi termini, indica una certa consapevolezza della tematica, ragion per cui, per intercettare i contenuti successivamente organizzati, abbiamo ritenuto essenziale andare a rintracciare i post che contenessero espressioni anche più generiche e più spontanee – spiegano i due ricercatori – in grado di allargare il campo della ricerca anche a coloro che trattano di questi temi, spesso inconsapevolmente, raccontando le proprie esperienze e il proprio sentire quotidiano”. L’analisi quindi non prende in considerazione solo i post in cui esplicitamente vengono usate le parole “salute mentale” ma anche quelle in vengono rilevati temi coerenti, dall’ansia alla depressione, o parole come “ghosting”, “toxic” che possono comunque essere legate all’oggetto dello studio.
GenZ e salute mentale: l’analisi dei commenti
Il campione preso in considerazione è di 481mila post che hanno generato 9 milioni di commenti. Il 70 per cento dei contenuti reperibili si trova su Facebook, poi Instagram e infine TikTok. “Le conversazioni hanno subito un’impennata nel 2021, salvo poi riassestarsi nei due anni successivi – si legge nello studio – pur mantenendo un volume più elevato rispetto ai valori del 2020. Se si osserva l’incidenza delle tematiche relative al covid, rintracciate mediante una serie di parole chiave pertinenti, è facile notare come l’esperienza pandemica abbia inciso in modo considerevole sul fenomeno, che resta tuttavia molto consistente anche negli anni in cui, questa influenza, va a decrescere”.
Il fatto che TikTok sia al terzo posto per volumi di contenuti non indica però che il tema sia meno sentito dalla Generazione Z, la chiave infatti sta nei commenti ai video. Considerandoli come “conversazioni scaturite” da un post “si osserva un trend in vertiginosa crescita, che vede i valori da gennaio a dicembre del 2023 raggiungere oltre 4 milioni di commenti. Sono questi ultimi a dare la misura più palese di un tema che è diventato sempre più centrale all’interno dei dibattiti online – spiegano i ricercatori – Questi numeri, come detto, sono trainati da TikTok, dove per ragioni tecniche, i video hanno tempi di realizzazione più lunghi, e di abitudini, si tende a pubblicare meno che altrove, seppur si discuta molto di più”.
L’analisi delle emozioni
Tra un social e l’altro ci sono differenze non solo nella tipologia di contenuti ma anche nelle emozioni che restituiscono. “Su Facebook e Instagram, sulle varie rilevazioni, incide in modo importante la presenza di utenti che non sono necessariamente persone, ma spesso pagine, progetti editoriali e in generale spazi divulgativi, che tendono a promuovere una comunicazione più votata alla sensibilizzazione che al commento degli stati d’animo e della vita quotidiana – si legge nello studio -. Si differenzia TikTok, dove la presenza preponderante di autori-persone restituisce un bilancio diverso – seppur coerente – e più spontaneo. La presenza su tutti e tre i social dell’emozione della fiducia in prima posizione nel novero delle scelte lessicali potrebbe, a prima vista, apparire in contrasto con le rilevazioni di sentiment che restituiscono un quadro complessivamente orientato alla negatività”. L’Emotion Detection ci racconta di una comunicazione che spinge verso la risoluzione delle difficoltà, piuttosto che a una narrazione esclusivamente problematica, “che è comunque intercettata in tutti e 3 i casi dalle emozioni di tristezza e paura, rispettivamente seconda e terza in ogni social osservato”.
Dal lavoro alla famiglia: quando si parla di salute mentale
Sono dieci i temi evidenziati sui tre social in cui si parla di salute mentale, in maniera più definita rispetto a una categoria “generale” in cui rientrano appunto espressioni più generiche (“benessere emotivo”, “cambiamento psicologico” ma anche “brutto momento”). Quando si parla più nello specifico, la terapia è il tema ricorrente. Soprattutto su TikTok l’analisi dei contenuti ha portato a rilevare che se ne parla anche in post con connotazione negativa, di più rispetto agli altri social. La negatività in questo caso è legata agli elevati costi delle cure psicologiche. Il sentiment negativo emerge nei sentimenti descritti, nel malessere che si prova. Poi si passa all’ambito lavorativo, all’organizzazione del lavoro, al terzo posto tra i temi più discussi ci sono i disturbi che vanno dall’ansia sociale agli attacchi di panico. “Quando si fa riferimento in modo più diretto ed esplicito ai disturbi, sono Facebook e Instagram i social privilegiati, seppur su TikTok si registrino dei toni più negativi – spiegano Vitale e Pelosi – . Diversamente, per ciò che concerne i temi dell’educazione e della famiglia, proprio su TikTok troviamo invece dei valori positivi, suffragati da una certa tendenza a promuovere modelli di educazione dolce e relazioni positive per le nuove generazioni. Anche la menzione esplicita delle teorie psicologiche vede su Facebook un canale privilegiato, a dimostrazione di quanto precedentemente detto rispetto a una trattazione più professionale, seppur divulgativa, delle tematiche”.
“Generazione AnZia”, il podcast di Sky tg24
“Generazione AnZia”, è il podcast di Sky tg24 che parla della Generazione Z e dell’ansia, una fusione tra due parole e due entità spesso, entrambe, non così riconosciute. In questo podcast, a cura di Emanuela Ambrosino e Marianna Bruschi, l’approccio è stato quello di partire dalle storie e di affiancare sempre un riscontro medico. Insieme al Centro Giovani Ponti degli ospedali San Paolo e San Carlo di Milano abbiamo raccolto le voci di Mirna, Matteo, Greta e Aurora. Hanno vissuti diversi, età simili, livelli diversi di ansia. Nel podcast sentirete il loro racconto, le sensazioni, le paure, le difficoltà, ma anche il percorso di terapia che li ha aiutati a poter dire “sì, oggi sto bene”. Insieme a loro ci saranno Angelo Bertani, che dirige il centro Giovani Ponti ed è psichiatra esperto di disturbi psicopatologici dell’età giovanile, e la psicoterapeuta Maria Rosaria Femiano, che al Centro dirige i gruppi adolescenti e compiti evolutivi. Sono disponibili le prime due puntate della serie, su tutte le piattaforme audio e sul sito di Sky tg24.
Fonte : Sky Tg24