Venezia: l’idea di sollevarla pompando acqua per salvarla dal mare

A volte – non accade spesso – la scienza supera l’immaginazione. E così la soluzione per Venezia potrebbe arrivare da una proposta ai confini della realtà: sollevare la città pompando acqua salata sotto terra.

Guadagnare mezzo secolo

Non si tratta di un’idea nuova, a sentire Pietro Teatini, professore di Idrologia e ingegneria idraulica all’università di Padova. Lo studioso, al telefono con Wired, accetta di raccontare il piano. L’idea, dice, nasce negli anni Settanta, dal gruppo di ricerca del professor Giuseppe Gambolati, oggi in pensione, già docente di ingegneria nello stesso ateneo e di cui Teatini è stato studente. “In pratica, quando si estraggono acqua o idrocarburi dal sottosuolo, il terreno si abbassa secondo un processo di subsidenza abbastanza noto – illustra il docente -. Questo è quanto accaduto a Venezia negli anni Cinquanta e Sessanta, quando da Marghera fu pompata molta acqua da una profondità di circa trecento metri”, provocando il collasso del terreno.

Recentemente, però (“diciamo negli ultimi tre decenni“, calcola il docente) si è notato che vale anche l’effetto opposto: quando si abbandonano i pozzi, la pressione dei fluidi recupera e il terreno si alza. “Lo hanno confermato numerose osservazioni satellitari condotte in tutto il mondo: ci siamo chiesti, quindi, cosa succederebbe se provassimo a iniettare acqua nel sottosuolo”, prosegue Teatini.

È cominciato così un processo di raccolta dei dati geologici, idrogeologici e geomeccanici della Laguna. Le informazioni ottenute sono state caricate in un modello installato su un calcolatore, spiega l’esperto: “Abbiamo simulato cosa accadrebbe se provassimo a iniettare acqua salata a cinquecento metri di profondità, dove già c’è. Una dozzina di pozzi, distribuiti lungo una circonferenza di dodici chilometri con il centro a Venezia”.

I risultati paiono promettenti: in dieci anni, dice Teatini, “la città potrebbe alzarsi di 25-30 centimetri. Certo, è necessario “modulare accuratamente le pressioni per sollevare l’abitato in maniera uniforme: ma questo può essere fatto in maniera soddisfacente. Così, torneremmo indietro di mezzo secolo, annullando i danni del prelievo di acqua dei decenni passati”, e guadagnando una finestra di opportunità “nella lotta all’innalzamento del medio mare. Il Mose, il sistema di paratie per impedire che l’acqua alta allaghi la città, dice Teatini, sarà ancora presente, e ci si aspetta che faccia il suo dovere, ma la combinazione dei due interventi garantirebbe le condizioni ottimali per Venezia e la laguna nel prossimo mezzo secolo. Dopo di che, ci aspettiamo che la tecnologia faccia passi avanti che oggi nemmeno riusciamo a immaginare, e ci consenta di risolvere definitivamente il problema di salvare la città dei Dogi”.

Come funziona il progetto

A livello tecnico e impiantistico, osserva Teatini, non c’è nulla di nuovo: “Si tratta solo di perforare i classici pozzi con cui vengono gestiti gli acquiferi o la produzione di idrocarburi. Le pompe sono alte solo un paio di metri, quindi non torri petrolifere in stile texano, che rovinerebbero il paesaggio; l’acqua salata, con il mare vicino, ovviamente non è un problema. Serviranno, però, strutture apposite per filtrarla e renderla compatibile con quella di strato dal punto di vista del chimismo“. Qualcosa di simile è stato fatto a Long Beach, in California, per innalzare l’area portuale colpita dalle perforazioni petrolifere.

Fonte : Wired