Stella della sera e del mattino, dopo il Sole e la Luna, Venere è l’astro più luminoso in cielo. Come un faro nella notte, è così luminoso che a volte si può addirittura vedere in pieno giorno. Non stupisce quindi se gli antichi osservatori del cielo gli abbiano associato il nome della dea della bellezza e dell’amore, Afrodite, Venere, Inanna (per i sumeri) o molti altri. La verità, oggi lo sappiamo, è che Venere è un vero e proprio inferno. Lo abbiamo imparato in tempi di esplorazione spaziale, che sotto una coltre di nubi di acido solforico dal colore bianco giallastro, un tremendo effetto serra porta le temperature a oltre 460 gradi centigradi, la pressione pari a quella che qui sulla Terra abbiamo sotto un chilometro di profondità oceaniche. Non stupisce se le sonde spaziali verso Venere siano sempre state poche: le sonde Venera sovietiche sono le uniche che hanno toccato la sua superficie, venendo distrutte da quell’ambiente infernale nel giro di pochi minuti. La Mariner 2, 5 e 10 della NASA lo hanno solo sorvolato così come le due Vega gemelle dell’URSS e varie altre sonde dirette verso Mercurio o il Sole. Le uniche ad averlo studiato entrando in orbita attorno al pianeta sono le Pioneer Venus, la Magellan, Venus Express e la Akatsuki. Solo quest’ultima però è ancora attiva e studia il pianeta da remoto oggi. Possono sembrare tante ma il loro numero impallidisce se le confrontiamo con la flotta di decine di sonde che ha studiato il nostro altro vicino planetario, Marte. Eppure, anche sulla scia delle recenti scoperte per quanto riguarda la possibile presenza di fosfina su Venere, nei prossimi anni ne vedremo delle belle attorno alla dea dell’amore.
Fonte : Wired