Dopo il gennaio più caldo di sempre, anche febbraio si prepara a raggiungere nuovi record di temperature. Durante la prima metà del mese, il termometro è stato sempre sopra i 2 gradi rispetto alla media preindustriale, superando ampiamente le temperature registrate a febbraio 2023, così come il record di febbraio 2016. A risultare più calda è stata soprattutto la superficie dei mari, con un’accelerazione tale da aver superato le aspettative degli scienziati.
Sono già 140 i paesi che hanno superato i record di calore per il mese di febbraio, una cifra simile al numero di paesi che hanno sperimentato le temperature estreme nel 2023 e di tre volte superiore a qualsiasi mese prima del 2023. Un picco particolarmente alto è stato registrato in Marocco, dove le temperature hanno superato di 5 gradi la media mensile di luglio. Il climatologo Maximiliano Herrera ha descritto su X questa impennata come una “follia” che ha “riscritto la storia climatica”.
Fenomeni intensi e imprevedibili
Per quanto riguarda i mari, lo scienziato Michael Lowry, specializzato in uragani, ha scritto su X che l’aumento di temperature dell’oceano Atlantico ha già raggiunto i livelli registrati solitamente a metà luglio e marzo potrebbe superare il record di caldo registrato ad agosto 2023. Questo incremento “incredibile”, come descritto da Lowry, porterà a tempeste particolarmente intense nel corso dell’anno negli Stati Uniti.
“Il pianeta si sta riscaldando a un ritmo accelerato” ha detto Joel Hitschi, responsabile dei modelli climatici dei sistemi marini presso il Centro nazionale di oceanografia del Regno Unito, “l’ampiezza con cui sono stati battuti i precedenti record di temperatura della superficie del mare nel 2023 e, ora, nel 2024, ha superato le nostre aspettative e la comprensione delle motivazioni è oggetto di numerose ricerche ancora in corso”.
Il comportamento del clima è infatti diventato così irregolare che è “difficile ritenere affidabili negli approcci usati finora per prevedere il suo andamento futuro” ha spiegato su X Zeke Hausfather, scienziato del clima dell’università di Barkeley. Ipotesi condivisa sul Guardian anche da Francesca Guglielmo, scienziata del centro europeo per lo studio dei cambiamenti climatici Copernicus, secondo cui la perturbazione oceanica El Nino, che riscalda gli oceani, è solo uno dei fattori di questi picchi di temperature, aggravati dall’enorme quantità di anidride carbonica scaricata ogni anno nell’atmosfera dalle attività umane.
Fonte : Wired