Apple avrebbe nascosto a chi possiede un iPhone l’esistenza di alternative più economiche per gli abbonamenti musicali senza passare dall’App Store. Per questo motivo, stando a quanto riporta il Financial Times, l’Unione europea sarebbe pronta a multare il colosso di Cupertino per una cifra che si aggirerebbe intorno ai 500 milioni di euro.
La sanzione, che secondo il quotidiano britannico dovrebbe essere ufficializzata a inizio marzo, rappresenta il culmine di un’indagine messa in atto dall’antitrust della commissione per verificare se la società californiana abbia o meno utilizzato la propria piattaforma per favorire i propri servizi rispetto a quelli dei concorrenti. Un’ipotesi che rappresenterebbe una violazione delle normative comunitarie e confermerebbe la convinzione di Spotify: era stata proprio l’azienda svedese a presentare nel 2019 un reclamo formale sulla vicenda alle autorità di regolamentazione.
Cosa potrebbe succedere
Se le voci fossero confermate, l’accusa da Bruxelles ad Apple sarebbe quella di abusare della propria posizione di potere e di imporre pratiche commerciali anticoncorrenziali ai rivali. Le pratiche di Apple si configurerebbero dunque come illegali e contrarie alle regole comunitarie sulla concorrenza nel mercato unico.
La sanzione in arrivo sarebbe la prima per il colosso di Cupertino stabilita dall’Unione europea. In passato, all’azienda di Tim Cook ne era arrivata una dalla Francia. Quest’ultima aveva multato la società statunitense per presunto comportamento anticoncorrenziale per 1,1 miliardi di euro, cifra ridotta a 372 milioni dopo il ricorso di Apple.
Anche in questo caso lo staff legale della società potrà percorrere tutte le strade previste dall’Ue per rispondere all’eventuale decisione di Bruxelles. Intanto dalla California non è arrivato alcun commento sulla vicenda, ma una puntualizzazione precisa sì: “L’App Store – hanno affermato – ha aiutato Spotify a diventare il principale servizio di streaming musicale in tutta Europa e speriamo che la Commissione europea metta fine al perseguimento di un reclamo privo di merito”.
Fonte : Wired