Pregi e difetti del primo film di Bisio da regista, in streaming su Prime Video

Da qualche settimana su Prime Video è disponibile in streaming gratuito L’ultima volta che siamo stati bambini, primo film diretto da Claudio Bisio, che si è ispirato all’omonimo romanzo del 2018 di Fabio Bartolomei (che non parla di una storia vera). 

Come diciamo spesso in questi casi, non si tratta esattamente di un film da Oscar, eppure, nonostante molti evidenti difetti, può valer la pena di trascorrere un’ora e tre quarti (la durata totale) questa commedia agrodolce immersa nella storia d’Italia. E dunque ecco la nostra recensione, che inizia con il riassunto senza spoiler della trama del film.

Di cosa parla L’ultima volta che siamo stati bambini

Siamo a Roma, nell’estate del 1943. Tra un bombardamento alleato e un rastrellamento nazi-fascista, un gruppo di bambini intorno ai dieci anni fa amicizia e passa il tempo insieme, giocando alla guerra. C’è Italo Barocci, figlio del comandante fascista Anacleto (Claudio Bisio); c’è Cosimo, la cui madre è morta e il cui padre è stato spedito al confino per una frase contro Mussolini, e ora vive insieme al fratellino col nonno (Antonello Fassari); c’è Riccardo, figlio di commercianti ebrei che hanno dato 50 chili d’oro ai nazisti per non farsi arrestare; e c’è Vanda, orfana molto devota grazie agli insegnamenti di Suor Agnese (Marianna Fontana, già vista in Romulus). 

Nonostante le differenze di estrazione sociale-politica-religiosa, i quattro bambini legano moltissimo, diventando amici per la pelle (o per lo sputo, considerato il loro giuramento) e divertendosi un mondo, nonostante le bombe, la guerra e tutto il resto. Finché un giorno, la realtà prende il sopravvento nel modo peggiore che si possa immaginare, o meglio prevedere. Ma noi ci fermiamo qui e vi consigliamo di guardare il trailer di L’ultima volta che siamo stati bambini, prima di proseguire nella lettura. 

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È il caso di vedere L’ultima volta che siamo stati bambini?

Un treno di quattro vagoni su cui i bimbi salgono senza che nessuno li veda; una gallina che a un certo punto non c’è più e poi ricompare in scena; un soldato ferito che disconosce l’importanza dei disinfettanti e cammina per 30 ore filate senza bere né mangiare, nonostante una gamba ferita, e comunque non riescono a raggiungere dei bambini che perdono tempo. 

Sono solo alcune delle cose che abbiamo notato durante la visione e che proprio non ci tornano di questo film, cose che in parte evidenziano la ancora breve esperienza di Claudio Bisio come regista. In alcuni casi sembra di assistere a un film girato a così basso budget da non potersi permettere nemmeno di rifare una scena, e quindi è sempre “buona la prima”. 

Tuttavia, non si può negare che questo film lasci qualcosa nello spettatore. Una sensazione dolce e amara che deriva dall’aver assistito a una storia a cui si perdona molto, perché ha il merito di farci vedere la pagina più nera, in tutti i sensi, della storia italiana dal punto di vista dei bambini, con le loro ingenuità, le loro illusioni e la loro bontà d’animo. 

L’ultima volta che siamo stati bambini è un film sull’amicizia, e la tragedia della seconda guerra mondiale rimane sullo sfondo come un’ombra inquietante che però i piccoli protagonisti non possono vedere. Lungi da noi qualunque paragone con La vita è bella di Benigni, quello sì film da Oscar, né con un film cult come Stand By Me, con cui pure ha dei palesi punti in comune. Ma per una serata tra sorrisi e sospiri sul divano, può essere il titolo giusto. 

Voto: 6.5

Fonte : Today