Il ministro Crosetto vuole più carri armati per l’esercito, come non si vedeva dalla guerra fredda. I conflitti in corso stanno mostrando criticità e arretratezze delle forze armate italiane. Anche perché il futuro della Nato non è scontato, come ha fatto intendere Donald Trump, mentre l’Italia rimane ancora lontana dall’obiettivo di spesa del 2 per cento.
I progetti sono pronti e le carte si muovono: le richieste della Difesa sono arrivate in Parlamento per essere approvate e finanziate, servono 8 miliardi di euro per acquistare carri armati Leopard 2 di ultima generazione e altri 15 per aggiornare la fanteria pesante per un totale di circa 1.000 nuovi mezzi. Non sarà una rivoluzione rapida, tutto avverrà per fasi e su un orizzonte temporale di 13 anni. Ma le incognite non mancano. Ne abbiamo parlato con il generale Giorgio Battisti, già a capo del “Corpo di reazione rapida” Nato.
25 miliardi di euro per far rinascere l’esercito: ecco i Leopard 2 (ma non solo)
I tempi sono cambiati e l’esercito ha bisogno di prepararsi a guerre future sempre più probabili. L’invasione russa dell’Ucraina, l’azione militare di Israele nella striscia di Gaza e le tensioni crescenti tra Iran e Stati Uniti nel Mar Rosso spingono il governo Meloni a rinnovare le forze armate. Dopo anni di missioni di pace e conseguente diminuzione dei fondi destinati alle forze armate, ora il ministero della Difesa chiede di intervenire con decisione sugli arsenali italiani. La criticità principale è rappresentata dallo stato di abbandono dei reparti corazzati. In Italia i carri armati disponibili sono pochi: secondo gli ultimi dati aggiornati i mezzi pesanti sono 150, di cui circa 50 pienamente operativi. I modelli in uso sono gli Ariete, nati negli anni ’80 ed entrati in servizio tra il 1995 e il 2002. Il piano di rinnovo non può che passare da qui.
Richieste economiche e bisogni delle forze armate sono contenute nel Documento pluriennale programmatico presentato al Parlamento ogni anno dal ministro della difesa. Nell’ultimo, Crosetto ha detto che “si dovrà intervenire urgentemente per mitigare gli effetti derivanti dallo stato di grave ipofinanziamento del settore (…) che ha raggiunto livelli ormai insostenibili, incidendo in maniera importante sui livelli di efficienza dei mezzi e sistemi in dotazione”.
Il programma presentato dalla Difesa l’11 ottobre 2023 costa oltre 24 miliardi di euro: serviranno per rimettere a nuovo quello che già c’è e ad acquistare nuovi carri armati di prima fascia. In totale avremo circa 1.000 mezzi corazzati in più di varia grandezza, ma tra 13 anni. L’avvio del programma è infatti previsto per il 2024 e terminerà nel 2037. Secondo la documentazione parlamentare, avremo fino a 132 Leopard 2A8, la nuova versione del carro armato pesante tedesco, a cui se ne aggiungeranno altri 140 con ruoli diversi. Mentre si produrranno questi 272 nuovi Leopard, le file dei reparti saranno rinforzate da 125 carri armati Ariete rimessi a nuovo (sono quelli del video sotto). Il programma ha un costo di 8,2 miliardi di euro ma risulta finanziato per meno della metà.
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Altri 16,2 miliardi di euro serviranno a far compiere “un significativo salto generazionale” alla fanteria pesante, anche con veicoli di supporto. Al momento, risultano finanziati 5,2 miliardi di euro. La nuova dotazione sarà di 570 mezzi. Le nuove dotazioni saranno in linea con le richieste Nato. Durante un intervento in commissione alla camera, la sottosegretaria alla Difesa Isabella Rauti ha spiegato che “la componente pesante dell’esercito” dovrà superare i 250 carri armati per formare due brigate pesanti e una corazzata, un requisito specifico individuato dall’alleanza atlantica per l’Italia e che potrà venire soddisfatto dai nuovi mezzi.
Il “Leopard 2 A8”, carro armato tedesco made in Italy: cosa ha di speciale
Il carro armato del futuro per l’esercito italiano è il Leopard 2A8. Questo modello rappresenterà il “Carro armato principale da battaglia” (Main battle tank), il mezzo di punta dei reparti pesanti italiani. Parliamo dell’ultima versione del carro tedesco Leopard, di grande successo tra gli eserciti europei e della Nato dal secondo dopoguerra in poi.
Il modello è un marchio dell’azienda Krauss-Maffei Wegmann ma l’ultima versione 2A8 che serve all’esercito verrà prodotta in Italia, a La Spezia. Leonardo, azienda italiana tra le più grandi del settore Difesa nell’Ue, ha firmato un accordo con Knds, sigla nata dall’unione di “Nexter Systems” (francese) e proprio di Krauss-Maffei Wegmann. Le aziende collaboreranno “nello sviluppo, nella costruzione e nella manutenzione” del Leopard 2A8 per l’esercito Italiano, oltre che nelle piattaforme di supporto.
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Il Leopard 2 è l’evouluzione del Leopard, il primo carro dell’esercito tedesco costruito dopo la seconda guerra mondiale. Negli anni il Leopard 2 è stato man mano aggiornato fino all’ultima versione, la “2 A8”, che succede alla “2 A7+”. Questo mezzo è al livello dei “top di gamma” del settore: “L’ultima versione tiene conto delle esperienze maturate sul campo di battaglia in Ucraina – spiega a Today.it il generale Giorgio Battisti – All’interno di Ue e Nato gruppi di lavoro si riuniscono e studiano soluzioni per standardizzare i mezzi dell’alleanza atlantica ed equipaggiarli al meglio. Sin dalla sua prima versione, il Leopard è stato molto apprezzato: agile, duttile, di manovra. Il Challenger britannico e l’Abrams statunitense sono considerati i migliori, ma il nuovo Leopard è allo stesso livello, con dei pregi: più semplice da usare e da riparare. La manutenzione è stata tra i principali problemi per l’utilizzo dei carri armati statunitensi e britannici in Ucraina”.
Per il generale Battisti, “È un primo passo verso una europeizzazione dei mezzi pesanti. Il Leopard 2 A8 verrà prodotto a La Spezia. Alcune componenti tecniche nascono dall’esperienza dell’Italia nella costruzione, come i sistemi di puntamento”. Anche altri Paesi europei come Repubblica Ceca, Lituania, Ungheria e Norvegia, hanno ordinato i nuovi Leopard. I tempi di consegna non sono chiari, ma gli ordini della Germania ci danno delle indicazioni: come riporta il Der Spiegel, a maggio 2023 la commissione bilancio del Bundestag (il parlamento tedesco) ha approvato la spesa di 525,6 milioni di euro per 18 Leopard 2 A8, poco meno di 30 milioni di euro per esemplare. La consegna è prevista entro la fine del 2026.
Il generale Battisti a Today.it: “Dobbiamo prepararci al peggio, anche a uno scontro con la Russia”
La guerra in Ucraina è stata una “sveglia” per i membri Nato che ora si sentono più vulnerabili rispetto alle minacce dalla Russia. “La situazione dell’Ucraina ha cambiato le nostre necessità e ci ha messo di fronte alla necessità di avere forze armate diverse da quelle che pensavamo di avere – le parole del ministro Crosetto durante un’audizione alla Camera a febbraio 2024 – Tutto ciò obbliga la difesa ad avviare un profondo processo di rinnovamento e trasformazione che comporterà l’adozione di scelte che richiedono un sostegno politico e finanziario”.
Rispetto alla fine della Guerra fredda il contesto è cambiato: “I Paesi occidentali sono stati impegnati in operazioni di mantenimento della pace e i vertici politici e militari hanno pensato che la componente pesante degli eserciti non fosse più necessaria come lo era durante la guerra fredda, anche per evitare costi non graditi all’opinione pubblica. Così, carri armati e artiglieria sono stati accantonati, mantenendo solo una minima capacità operativa”, dice a Today il generale Battisti, che oltre ad aver comandato il “Corpo di reazione rapida” della Nato è anche stato il primo comandante del contingente Italiano in Afganistan per diverse missioni.
I carri armati si stanno riprendendo la scena: “La guerra in Ucraina è stata uno shock: pur con tutte le limitazioni i carri armati hanno riacquistato un ruolo importante e sono tornati protagonisti della battaglia – spiega Battisti – Questo ha dato una sveglia: bisogna ridotarsi di un’adeguata componente pesante. Anche a Gaza il supporto dei carri alla fanteria è decisivo. C’è un ritorno alla guerra fredda per un uso massiccio dei carri armati”.
“Ora lo strumento di risoluzione delle controversie è la forza, come avveniva nel ‘900”.
Da qui la decisione del ministero di Crosetto per aumentare la spesa, specie per nuovi carri armati: “L’impegno è forte e si allinea con gli altri paesi Nato: serve una forte componente corazzata che, speriamo mai, possa servire in uno scontro con la Russia nei prossimi anni. Ci si prepara al peggio. – dice il generale – La spesa è rilevante e c’è da sperare che nei prossimi 14 anni proseguano su questo progetto. Purtroppo un po’ tutto il mondo si sta armando: se vogliamo avere un ruolo attivo nell’alleanza dobbiamo rimuovere queste lacune”.
Gli Stati Uniti (con Trump) non difenderebbero l’Italia dalla Russia: il target Nato del 2% è lontano
Mentre l’Europa si impegna in una nuova fase di riarmo, il futuro della Nato non è scontato. La potenziale rielezione di Donald Trump sembra una minaccia, come fanno intendere le sue stesse parole. Per Trump chi non arriva a spendere il 2% del Pil, fissato come spesa minima tra i membri dell’alleanza atlantica, non merita di essere difeso in caso di attacco, magari russo. “No, non ti proteggerei. Anzi, li incoraggerei (la Russia, ndr) a fare quello che diavolo vogliono. Dovete pagare”, le parole dell’ex presidente Usa.
Oltre le provocazioni di Trump, altre amministrazioni statunitensi hanno fatto pressioni sui governi europei per incoraggiare maggiori spese nella difesa. Il dibattito è decennale: nel summit del 2014 in Galles i membri dell’alleanza fissarono il tetto di spesa per la difesa in almeno il 2 per cento rispetto al Pil. Secondo gli ultimi dati disponibili e mostrati nel grafico sotto, ancora 11 membri su 30 della Nato si trovavano sotto l’obiettivo del 2% nel 2023.
L’Italia è al 24esimo posto per livello di spesa nell’alleanza atlantica, con il dato stimato per il 2023 all’1,46 per cento del Pil, pari a oltre 29 miliardi di euro. Vuol dire che mancano ancora circ 10,7 miliardi. Oltre agli Stati Uniti (3,49%), sono in linea con l’obiettivo del 2% la Polonia (3,9%), la Grecia (3,01%), l’Estonia (2,73%), la Lituania (2,54%), la Finlandia (2,45%), la Romania (2,44%), l’Ungheria (2,43%), la Lettonia (2,27%), il Regno Unito (2,07%) e la Slovacchia (2,03%). Difficilmente l’Italia raggiugnerà la soglia richiesta nell’immediato, come ha confermato lo stesso ministro Crosetto durante la presentazione del Documento programmatico pluriennale: “Siamo infatti molto lontani dal 2 per cento, un obiettivo impossibile per il 2024 ma se devo essere sincero con voi, e lo sono sempre, difficile anche per il 2028”. Nell’ultimo periodo – specie post pandemia – la spesa in Italia per la difesa è gradualmente aumentata, come si vede dal grafico sottostante.
Secondo i dati dello Stockholm international peace research institute (Sipri) elaborati da Today.it, in Italia il 2 per cento di spesa rispetto al Pil per la difesa manca dal 1989. Questi numeri sono ottenuti con criteri di calcolo diversi da quelli Nato, ma danno un’idea generale dell’andamento della spesa.
In genreale, oltre i programmi della Difesa che prevedono maggiori investimenti per i carri armati – ma non solo – l’Italia sta aumentando le spese anche per la partecipazione alle missioni Nato. Attualmente, le forze armate italiane partecipano a 9 missioni Nato, con una presenza massima autorizzata dal Parlamento di 5.200 unità e un finanziamento di 463,5 milioni di euro.
Fonte : Today