Allarme Dengue, rischiamo una nuova pandemia? Risponde l’infettivologo

In seguito dell’aumento dei casi di Dengue in Brasile e Argentina, l’Italia ha aumentato i controlli di mezzi e merci provenienti da questi Paesi dove “è frequente e continuo il rischio di contrarre la malattia”. Tra le misure previste il monitoraggio attento “sulla disinfestazione degli aerei” e la valutazione di eventuali ordinanze per interventi straordinari di sorveglianza e sanificazione. L’obiettivo è evitare l’ingresso nel nostro Paese del virus responsabile della Dengue. Una malattia trasmessa all’uomo dalla puntura di zanzare Aedes infette, che può evolvere in una forma grave con necessità di ospedalizzazione. E’ tra le malattie virali a più rapida diffusione al mondo, a causa soprattutto dei cambiamenti climatici, dell’urbanizzazione e della globalizzazione.

Ogni anno in tutto il mondo vengono riportati circa 390 milioni di casi (e circa 20.000 decessi), con un’incidenza che è aumentata di 30 volte negli ultimi 50 anni. Quali rischi corre l’Europa e l’Italia (dove nel 2023 sono stati registrati 82 casi autoctoni su 362 in totale)? Questo aumento esponenziale di infezioni in diverse aree del pianeta potrebbe essere l’inizio di una nuova pandemia? Facciamo il punto con l’infettivologo Roberto Ieraci, Gruppo strategie vaccinali della Regione Lazio.

Dott. Ieraci, c’è un’allerta Dengue?

“Al momento no, ma è bene essere preparati. In meno di un secolo la Dengue si è evoluta da malattia sporadica a grave problema di salute pubblica, con importanti complicanze economiche e sociali. Questa espansione è legata all’aumento esponenziale, negli ultimi decenni, del commercio e del turismo internazionali che hanno fortemente contribuito all’espansione di vettori che colonizzano nuovi territori e quindi minacciano nuove regioni con nuovi patogeni. Questi cambiamenti favoriscono la trasmissione di patogeni endemici da vettori importati o vettori locali. L’area mediterranea in particolare è legata all’importazione di casi, quindi a un eventuale rischio che deriva da una trasmissione autoctona (locale)”.

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Già nei mesi scorsi l’OMS aveva messo in guardia dall’escalation della Dengue: in un ventennio si è registrata un aumento di dieci volte dei contagi, passati dai 500 mila del 2000 agli oltre 5 milioni del 2019. A cosa è dovuto questo aumento?

“La crescita dei casi è legata all’aumento della temperatura globale. In Europa negli ultimi anni sono sempre più frequenti le ondate di caldo come alluvioni sempre più gravi, mentre le estati stanno diventando sempre più lunghe e calde. E’ chiaro che tutto questo crea condizioni favorevoli all’espansione delle zanzare invasive, come l’Aedes Albopictus (zanzara tigre), che noi conosciamo bene, e l’Aedes a Egypt (zanzara della febbre gialla). Con l’espansione dei vettori è possibile l’espansione anche di casi importati. L’anno scorso ci sono stati 362 casi di Dengue nel nostro Paese di cui 82 autoctoni”.

C’è dunque il rischio che il virus diventi endemico anche qui da noi?

“La Dengue è una malattia virale a rischio pandemico. Ed è chiaro che il riscaldamento globale aumenta questo rischio. Ma al momento non c’è una allerta. Tuttavia, è bene essere pronti ad una tale eventualità. Esiste per questo il Piano Nazionale di prevenzione, sorveglianza e risposta alle Arbovirosi (PNA) 2020-25 che indica tutte le misure utili a prevenire o a ridurre il rischio di diffusione di un’infezione. Un sistema di controllo che prevede il monitoraggio dei casi importati in Italia per la valutazione del rischio di una eventuale trasmissione autoctona del virus, l’identificazione precoce delle epidemie e il monitoraggio della trasmissione locale. I principali interventi di prevenzione del Piano sono la comunicazione del rischio, la formazione, le misure ambientali e di contrasto ai vettori, la vaccinazione e le raccomandazioni organizzative. Tutti elementi fondamentali per diffondere una maggiore  consapevolezza e conoscenza riguardo le malattie trasmesse dalle zanzare e sensibilizzare sull’importanza del controllo dei vettori da parte degli operatori sanitari e di tutta la comunità. Inoltre, ha ben fatto il Ministero della Salute ad elevare il livello di vigilanza negli aeroporti nei confronti degli aerei provenienti e delle merci importate dai Paesi in cui è frequente il rischio di contrarre la malattia”.

A proposito di vaccinazione, lo scorso settembre l’AIFA (Agenzia italiana del farmaco) ha approvato l’uso di un nuovo vaccino anti-Dengue. A chi si raccomanda?

“A differenza del vecchio vaccino che necessitava di uno screening pre-vaccinazione per identificare una precedente infezione, il nuovo vaccino a virus vivi attenuati (Qdenga) può essere utilizzato indipendentemente da una precedente infezione. Al momento il vaccino può essere richiesto dai Centri di vaccinazione internazionale (deputati alla Medicina dei viaggi) di tutte le Asl del Lazio. Ma presto sarà disponibile in tutte le Regioni. E’ ovviamente raccomandato ai viaggiatori che devono partire per un viaggio in aree endemiche. La schedula vaccinale prevede la somministrazione di due dosi a distanza di tre mesi, ma ormai ci sono dati in letteratura che indicano che già con la prima dose c’è una buona copertura. Oltre al vaccino speriamo anche nello sviluppo di nuovi farmaci antivirali: ci sono grossi studi in questo campo soprattutto su farmaci che impediscono il passaggio dalla forma di dengue classica alla forma emorragica, quella grave”.

 Quale differenza c’è tra queste due forme?

“La Dengue è una malattia infettiva causata dal virus DEN che si trasmette attraverso la puntura di una zanzara femmina infetta, appartenente al genere Aedes. Ad oggi si conoscono 4 diversi sierotipi (DEN-1, DEN-2, DEN-3 e DEN-4) di cui il 2 e il 3 sono spesso associati alle forme più gravi di malattia. La maggior parte di casi (70/75%) sono ansintomatici, altri sviluppano la forma classica, detta anche “febbre spaccaossa” che porta febbre elevata (fino a 40°C), brividi, cefalea e sudorazione profusa, seguiti da mialgie, lombalgia e dolori a gambe e articolazioni. Una piccola percentuale sviluppa, invece, la forma emorragica, quella grave, che nel 20% dei casi è fatale se non trattata. Tuttavia, va detto che l’infezione causata da un sierotipo determina una immunità importante e duratura solo nei confronti di quel sierotipo, e un’immunità moderata e transitoria nei confronti degli altri siereotipi. Quindi è molto alta la possibilità di reinfettarsi. Una seconda infezione viene considerata un fattore di rischio per la malattia grave, quindi per una dengue emorragica, una patologia che richiede il ricovero in ospedale e il trattamento con liquidi”.

Fonte : Today