La politica deve occuparsi del “problema” gatti

Scuoiati vivi, maltrattati, torturati e uccisi, abbandonati, gettati in una fontana gelida o in un dirupo. Le violenze contro i gatti (e gli animali in generale), crudeli e gratuite, stanno trovando sempre più spazio tra le pagine dei giornali. La storia del piccolo Leone ha smosso gli animi, troppo poco per fermare un problema che non può essere risolto con una fiaccolata e due post sui social. Perché dopo Leone è venuto Grey, il gattino morto congelato ad Alberobello (Bari) o il gattino seviziato e ucciso con dei petardi a Morlupo, in provincia di Roma. Questi sono soltanto i casi più eclatanti, punte di un iceberg di dimensioni bibliche, in cui degli esseri indifesi finiscono per pagare il prezzo più alto, mentre gli autori di tali atrocità la passano liscia, spesso rimanendo impuniti e nel totale anonimato.

Ma il problema è ben più grande e merita di essere visto in maniera più ampia, come sottolineato da Alberto Brandi, un medico veterinario di Arezzo che, postando la foto dell’ennesima gattina maltrattata, trovata in strada agonizzante a Castiglion Fiorentino, porta il “problema gatti” sul tavolo della politica. Una questione che (ovviamente) non riguarda certo soltanto la provincia di Arezzo, ma tutta Italia: randagismo, abbandoni e maltrattamenti, avvengono purtroppo a cadenza quotidiana da Nord a Sud.

Tutte facce della stessa medaglia che, come ricorda il medico, “nascono” dalla carenza di leggi a riguardo: “I gatti – scrive Brandi su Facebook – da un punto di vista legislativo non sono in qualche modo riconosciuti come animali domestici e né come animali selvatici. Per cui chi soccorre un gatto per strada non ha la possibilità di portarlo in una struttura pubblica perché non esiste, ma nello stesso tempo la legge lo obbliga in qualche modo a non voltarsi indietro e quindi a soccorrerlo, per cui la brava persona ha portato la gatta dal veterinario, il quale, essendo un veterinario libero professionista, giustamente chiede una parcella, tralasciando questo particolare diciamo che volendo il libero professionista prestare la sua opera gratis, anche se in alcuni casi diventa difficile per i costi, alla fine questo gatto guarito dove va? Non ci sono gattili comunali o strutture che possano ospitarlo per la degenza o per un eventuale stallo per lungo tempo”. 

Una situazione rintracciabile in diverse zone del territorio italiano, con le dovute eccezioni. Esistono infatti Comuni che gestiscono il problema, o almeno provano a farlo, con strategie mirate e convenzioni- Esempi virtuosi e altrettanto rari, che non sempre funzionano a dovere e che comunque non bastano a risolvere un grattacapo così complesso ed esteso. Serve una legge, chiara e decisa, che venga fatta rispettare con controlli e multe: una norma che preveda non soltanto l’obbligo di microchip per chi possiede un gatto, ma anche l’obbligo di sterilizzare femmine e maschi, in modo da evitare l’ondata di nascite che avviene ogni anno tra marzo e agosto. La stagione dei parti che poi si trasforma nella stagione degli abbandoni, con un conseguente aumento del randagismo e, purtroppo, anche degli animali che finiscono schiacciati dalle automobili o muoiono in altro modo.

Le associazioni, anche le più radicate e conosciute, da sole non possono far fronte a questa situazione con le loro forze e con le donazioni: per i centinaia di gatti che ogni anno vengono soccorsi, curati e dati in adozione, ce ne sono almeno altrettanti (se non di più) che finiscono in strada o peggio. Come sottolinea il veterinario, il randagismo e gli abbandoni sono un problema di salute pubblica e come tale deve essere affrontato dalla politica, sia locale che nazionale, non soltanto quando un gattino viene brutalmente ucciso. Serve cuore, serve educazione, serve rispetto per gli esseri indifesi e serve una legge chiara, perché nel “problema gatti”, il problema non sono i gatti, ma le nostre azioni.

Fonte : Today