Uber eats, una nuova class action contro

Il sindacato italiano Cgil ha lanciato una nuova class action, ossia un’azione legale collettiva, contro Uber eats. Si tratta del secondo procedimento aperto contro la compagnia statunitense di consegne a domicilio nel giro di due mesi, dopo la prima lanciata a gennaio. L’obiettivo è costringere l’azienda a intraprendere azioni di sostegno nei confronti di circa 4mila lavoratrici e lavoratori lasciati a casa dalla piattaforma a giugno 2023, dopo la sua decisione improvvisa di abbandonare il mercato italiano. La società ha già ricevuto una condanna per comportamento antisindacale e l’ordine di revocare i licenziamenti, ma si è sottratta agli obblighi.

“Il disinteresse delle conseguenze sociali della decisione di cessare le attività di consegna non è più accettabile e rende quindi necessario avviare ogni iniziativa per costringere la multinazionale a presentare il piano per garantire il sostegno occupazionale e reddituale agli oltre 4mila ciclofattorini licenziati a giugno”, si legge nel comunicato della Cgil, in cui denuncia l’ingiustificata penalizzazione delle migliaia di rider precari coinvolti. A guidare l’azione sono Filcams, Filt e Nidil, ossia rispettivamente le sigle di Cgil che rappresentano i lavoratori del commercio, quelli dei trasporti e coloro che hanno contratti interinali.

A 5 mesi dalla condanna di antisindacalità e dall’ordine di revoca dei licenziamenti, sottolinea il sindacato, Uber eats ha risposto solamente con una breve comunicazione in cui rivendica la legittimità del proprio operato e dove non cita nemmeno il numero esatto di rider che sono stati licenziati. Inoltre, l’azienda non ha ancora avviato un piano di sostegno per i lavoratori e le lavoratrici, che a oggi risultano “sospesi, senza reddito, privati della possibilità di accedere a modalità occupazionali alternative e senza poter fruire delle misure di integrazione salariale”.

Dopo l’avvio della procedura di licenziamento collettivo da parte di Uber eats, a giugno 2023, i sindacati avevano immediatamente denunciato l’assenza di una qualunque misura di sostegno dedicata alle lavoratrici e ai lavoratori licenziati, nonostante l’azienda fosse già stata commissariata per caporalato per lo sfruttamento dei rider. La nuova class action, che si aggiunge a una prima già presentata a gennaio sempre dalla Cgil, ha quindi lo scopo di tutelare lavoratori e lavoratrici, obbligando Uber eats a presentare un piano di sostegno per i rider e permettere loro di poter accedere alle forme di tutela, come la cassa integrazione, previste dalla legge sulle delocalizzazioni.

Fonte : Wired