Roma ha dato la cittadinanza onoraria a Julian Assange

Roma Capitale ha dato ufficialmente la cittadinanza onoraria a Julian Assange, il giornalista cofondatore ed ex caporedattore di WikiLeaks, che ha rivelato documenti secretati su crimini di guerra americani in Medio Oriente. Assange è imprigionato dal 2019 nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, nel Regno Unito, e sulla cui estradizione negli Usa il 20 febbraio 2024 si pronuncerà l’Alta Corte britannica. L’Assemblea capitolina ha approvato con 27 voti favorevoli e 2 contrari (Italia Viva e Forza Italia) la delibera che dà il via libera alla concessione del riconoscimento, su proposta a prima firma della consigliera ed ex sindaca Virginia Raggi, sottoscritta da M5S, Pd, Lista civica Raggi, Sinistra civica ecologista ed Europa Verde.

Virginia Raggi: “Assange simbolo, Roma lo difende davanti al mondo”

“Finalmente concediamo la cittadinanza onoraria a Julian Assange, giornalista ingiustamente accusato e detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh senza mai aver avuto un processo. La richiesta di estradizione degli Usa è legata a una condanna a 175 anni di prigione, sostanzialmente morte certa”, ha spiegato Raggi in Aula.

“Attualmente Assange è detenuto in condizioni di tortura, come detto dall’Alto Commissario dell’Onu, ed è privato della libertà e della dignità senza aver commesso alcun reato, solo per aver fatto quello che dovrebbero fare tutti i giornalisti: raccontare la verità, mostrando al mondo i crimini contro l’umanità che il Governo Usa conduceva in Medio Oriente e tutto questo è stato inaccettabile”.

Dopo la mozione di ottobre, ha sottolineato l’ex prima cittadina, “mi fa piacere che l’Aula abbia capito che Assange stava facendo il suo lavoro e deve essere tutelato, si tratta di difendere un simbolo di tutti i giornalisti che fanno il loro lavoro, e questo vuol dire difendere la democrazia. Un simbolo con cui la Capitale d’Italia dichiara al mondo che Assange va difeso e tutelato insieme a tutti i giornalisti che fanno il loro lavoro e alla libertà di stampa, che va difesa sempre e comunque. È giusto pronunciarci prima del 20 febbraio, quando l’Alta Corte britannica si pronuncerà di nuovo sulla sua estradizione”.

Fonte : Today