Dietro alle discussioni in corso a Erevan sull’opportunità di cambiare la costituzione, insieme al simbolo e all’inno nazionale, non c’è solo la questione del Nagorno Karabach. In gioco c’è soprattutto l’affermazione del “dovere di perseguire gli interessi di tutto il mondo armeno”, che rischia di guarda alla storia del passato più che agli interessi dei cittadini dell’Armenia di oggi. Il nodo delle relazioni con Mosca.
Erevan (AsiaNews) – Continuano in Armenia le discussioni sull’opportunità di cambiare la costituzione, insieme al simbolo e all’inno nazionale, dopo le proposte avanzate dal primo ministro Nikol Pašinyan. Il deputato del partito di maggioranza dell’Accordo Civile, Vaagn Aleksanyan, ha commentato in un’intervista a Ota le accuse dell’opposizione, secondo cui l’attuale dirigenza intende “stravolgere l’identità del popolo armeno”. A suo parere “in questo dibattito sono in gioco dimensioni molto profonde della nostra vita, che dobbiamo affrontare insieme, altrimenti non riusciremo ad andare avanti”.
Ci sono diversi elementi da chiarire, insiste Aleksanyan, sia nel testo della costituzione che negli stessi simbolismi inseriti nello stemma nazionale, con lo scudo tra l’aquila e il leone (la saggezza e l’orgoglio) che rappresenta il monte Ararat con l’arca di Noè sulla cima (la biblica montagna che oggi si trova in territorio turco) e il resto del territorio affonda tra le onde del sottostante lago Sevan. Il deputato osserva che “non è certo un’identità positiva quella di un popolo che vive sott’acqua in terra straniera”. I quadri ai lati del monte presentano con immagini di piante e animali i quattro regni della storia armena, i Bagratidi, gli Aršakidi, gli Artašesidi e i Rubenidi, dei quali l’attuale popolazione conosce ormai ben poco.
L’Armenia attuale è in effetti solo un resto periferico dell’antico regno, il primo Stato cristiano della storia, poi quasi completamente annientato dai turchi ottomani fino al genocidio di inizio ‘900, e salvatosi sostanzialmente grazie al sostegno dei russi sovietici. Aleksanyan è convinto che “dobbiamo comprendere la nostra identità di oggi, non è necessario né possibile farlo in pochi giorni, ma dobbiamo almeno iniziare a parlarne”. La perdita dell’Artsakh conquistato dagli azeri è uno dei fattori scatenanti di questa nuova presa di coscienza, insieme allo stesso conflitto tra Russia e Ucraina.
In questo senso è importante chiarire la proposta di eliminare dalla costituzione il rimando alla Dichiarazione di indipendenza, in cui si afferma in pratica che “la repubblica dell’Armenia come Stato ha il dovere di perseguire gli interessi di tutto il mondo armeno”, rendendo assai difficile definire quali siano gli interessi dei tanti armeni che vivono proprio in Russia e in Ucraina, per non parlare dei territori contesi con l’Azerbaigian. Il deputato è convinto che “la costituzione dell’Armenia deve riguardare gli interessi dei cittadini che vivono in Armenia”.
Uno degli aspetti più roventi del dibattito riguarda le pretese del presidente di Baku, Ilham Aliev, a cui si vorrebbe sottomettere il premier Pašinyan. Per Aleksanyan “è una strana affermazione, per cui prima Pašinyan dice di cambiare la costituzione, poi le opposizioni dicono che lo vuol fare per volere di Aliev, e solo alla fine Aliev dice: sì, voglio che cambiate la costituzione”. Non è chiaro infatti in che cosa consista il desiderio di Aliev, tranne i riferimenti al Nagorno Karabakh che non sono espliciti in nessuna parte del testo.
Secondo Pašinyan, l’Armenia deve diventare “un Paese concorrenziale e autonomo nelle nuove condizioni geopolitiche”, e anche il ministro degli esteri Ararat Mirzoyan ha definito “un’esagerazione” considerare il processo di regolazione dei rapporti armeno-azeri come l’unica causa della modifica alla legge fondamentale dello Stato. Oltre alle schermaglie retoriche con l’Azerbaigian, con cui le tensioni continuano a rimanere molto alte, con continui episodi di conflitti locali alle frontiere, la questione della “nuova identità” riguarda in modalità ancora più profonde il rapporto con la Russia.
Nella recente intervista di Pašinyan a The Telegraph, che pure sta alimentando discussioni e polemiche, il premier ha affermato che “le relazioni con Mosca non devono più essere di alleanza stabile, ma di semplice partenariato, come con gli Stati Uniti e con l’Unione Europea”. Una presa di posizione ben più radicale delle questioni locali, che recide in modo molto radicale i ponti con il passato antico e recente dell’Armenia.
Fonte : Asia