La situazione nel Canale di Suez stenta ancora sbloccarsi. Sono più di 100 le navi portacontainer che, negli ultimi mesi, hanno dovuto deviare la propria rotta dal Mar Rosso per evitare possibili attacchi militari da parte degli Houthi, il gruppo sciita, alleato con l’Iran, che governa parte dello Yemen.
Questa situazione mette sotto pressione la logistica globale, rendendo il trasporto a lungo raggio, specialmente tra Cina ed Europa, un settore ad alto rischio. A causa delle minacce, infatti, le navi preferiscono evitare il Mar Rosso e circumnavigare l’Africa, passando per il Capo di Buona speranza in Sudafrica anche se il tragitto comporta un aumento del tempo di navigazione (dai sette a dieci giorni) e un maggiore consumo di carburante, facendo lievitare i costi di trasporto. Fortunatamente, però, esistono rotte e strategie alternative per collegare l’Asia all’Europa. La Cina già si sta attivando per trovare diverse soluzioni: dalla nuova Via della seta e l’aumento della navi che attraversano la rotta Artica. La fondazione per relazioni Italia-Cina in collaborazione con l’Associazione italiana commercio estero (Aice) ha voluto riflettere insieme a degli esperti di logistica e di sistemi di trasporto, le nuove possibilità per il commercio europeo con l’Asia, che si aprono dopo l’ennesima crisi di Suez.
La soluzione ferroviaria
Nonostante la fiducia dei mercati nel rapido superamento della crisi di Suez, la Cina, il principale esportatore in Europa (18% circa di tutte le merci importate), sta adottando una prospettiva strategica volta a diversificare la sua logistica. La dipendenza eccessiva dal trasporto navale, responsabile dello spostamento di circa il 75% dell’export verso l’Europa, ha spinto Pechino a investire in modo significativo nella Belt and road initiative, conosciuta anche come la nuova via della seta (da cui l’Italia, però, ha deciso di allontanarsi l’anno scorso) che comprende diverse direttrici terrestri per il trasporto ferroviario che attraversano l’Asia centrale.
La rotta ferroviaria Cina-Europa non è un fenomeno residuale: negli ultimi 10 anni, i treni merci tra la Cina e l’Europa hanno raggiunto oltre 200 città in 25 paesi europei e oltre 100 città in 11 paesi asiatici. Nel decennio sono stati percorsi 78.000 viaggi, con uno spostamento di merci per 340 miliardi di dollari in 7,4 milioni di container. Nel 2020, il numero totale di viaggi in treno è aumentato del 50%, raggiungendo un livello sette volte superiore rispetto al 2016. Fabrizio Briffi, country manager di Logwin, testimonia l’efficacia dei servizi di logistica Cina-Europa. “Le rotte ferroviarie Cina-Polonia garantiscono tempi rapidi e magazzini efficienti, mentre il nostro servizio combinato nave-aereo collega Dubai a Milano e Verona”, ha spiegato. Anche Giuseppe Buganè codirettore generale di Furlog, operatore di trasporto intermodale specializzato, sottolinea l’importanza della pianificazione nell’intermodalità dei trasporti, fornendo esempi concreti di rotte ferroviarie verso la Cina. Tra le nuove rotte aperte c’è quella di Codognotto a introdurre un nuovo servizio Cina-Milano con tre stazioni di origine in Cina verso Milano e tre partenze settimanali. Il tempo di percorrenza è di 22 giorni, per una distanza di oltre 11.000 chilometri. Anche D.B. Group, spedizioniere internazionale di Montebelluna (Treviso) ha aperto una rotta cinese con un convoglio da 50 vagoni che dalla Cina arriveranno nel nord Italia.
La rotta artica
La Cina si sta volgendo con interesse anche verso la rotta artica, che sta emergendo come una strategia chiave di trasporto marittimo efficace, dato che offre un percorso più breve tra l’Asia e l’Europa rispetto alle rotte tradizionali. Quest’anno la rotta è rimata attiva per la prima volta per l’intero anno. Il problema è che tutti gli scali portuali sono interni alla Russia, ormai considerata un paria dall’Occidente. Secondo i dati del Center for high north logistics, nel 2023 il principale corridoio marittimo dell’Artico ha visto 75 spedizioni in transito per un totale di 2,1 milioni di tonnellate di merci. La cifra stabilisce un nuovo record e rappresenta un forte rimbalzo dopo le sole 41.000 tonnellate dell’anno scorso, quando la maggior parte degli operatori occidentali si ritirò dal fare affari con la Russia.
Ci sono alternative?
Il trasporto aereo, sebbene costoso e molto impattante in termini ambientali, rimane affidabile e veloce per determinati tipi di merci, suggerisce Giampaolo Botta, presidente di Spediporto. Tuttavia, non esiste una soluzione universale, e le industrie dovranno valutare caso per caso le opzioni migliori. Il modello più efficace al momento sembra essere proprio quello della intermodalità dei trasporti, che fa uso di unità di carico standardizzate pensate per essere facilmente spostate da un mezzo di trasporto: nave, camion, treno.
Altra tendenza emergente è quella di aumentare gli spazi e i magazzini per ridurre la dipendenza dai trasporti, abbandonando la filosofia del “just-in-time” (che predilige l’efficienza) per tornare al passato del più tradizionale “just-in-case” (che prevede l’accumulo di materie prime per precauzione). Ma c’è anche chi sta pianificando di tornare alla logistica delle origini: quella della produzione industriale a chilometro zero. Anche perché, al di là della fragilità della supply chain globale, alcuni degli storici vantaggi della delocalizzazione nei paesi emergenti stanno riducendosi a vista d’occhio: da una parte per esempio il costo del lavoro sta aumentando anche in Cina, dall’altra l’accordo globale siglato da 131 paesi sulla global minimum tax – unito agli incentivi di alcuni stati sul reshoring – sta spingendo le strategie aziendali verso il rimpatrio delle produzioni.
Fonte : Wired