A causa della crisi del clima, vaste aree della calotta glaciale della Groenlandia hanno cominciato a sciogliersi dagli anni Ottanta del Novecento. Si tratta di oltre 11mila chilometri quadrati di ghiaccio in meno nel giro di pochi decenni, che stanno venendo soppiantati da una vegetazione in continua crescita e da vaste paludi. Questi cambiamenti, oltre a stravolgere l’ecosistema dell’isola, stanno anche portando a un aumento delle emissioni di metano, a causa dell’espansione delle zone umide. Un ritorno a quella terra verde da cui il danese Grønland, che però non è una buona notizia.
A dare l’allarme è un nuovo studio pubblicato sulla rivista Scientific Report, condotto dai ricercatori dell’università di Leeds, in Regno Unito. I ricercatori, analizzando le rilevazioni satellitari della Groenlandia degli ultimi 40 anni, hanno osservato come la quantità di terra coperta da vegetazione sia più che raddoppiata rispetto agli anni Ottanta, superando gli 87 mila chilometri quadrati, e le paludi, che emettono metano, siano quadruplicate.
La vegetazione sta crescendo particolarmente rigogliosa nelle vicinanze di Kangerlussuaq, nel sud ovest, e nelle aree isolate del nord est. Il ritiro dei ghiacci e la crescita di piante sono dovute alla crisi del clima, con il riscaldamento della regione avanzato al doppio della velocità rispetto alla media globale a partire dagli anni Settanta. L’aumento più consistente è stato registrato tra il 2007 e il 2012, con temperature di 3 gradi più calde rispetto alla media registrata tra il 1979 e il 2000.
Come tutti i processi che riguardano la crisi del clima, il loro innesco causa reazioni a catena che provocano circoli viziosi quasi inarrestabili e, in questo caso, gli scienziati avvertono che la continua crescita della vegetazione stia provocando un’ulteriore perdita di ghiaccio. Così, muschi, licheni, piante della tundra e arbusti possono colonizzare le rocce lasciate scoperte dallo scioglimento dei ghiacci, aumentando ulteriormente la vegetazione totale e quindi la perdita di ghiaccio e così via. Allo stesso tempo, l’acqua rilasciata sposta sedimenti e limo che formano nuove paludi, aumentano le emissioni di metano e contribuiscono a riscaldare l’atmosfera.
Gli scienziati sottolineano anche come la perdita di massa glaciale in Groenlandia contribuisca “in modo sostanziale” anche all’innalzamento del livello del mare. Inoltre, l’immissione di queste grandi quantità di acqua dolce negli oceani danneggia gravemente il funzionamento della corrente del Golfo, andando a ridurre il livello di salinità delle acque fondamentale per mantenere stabile il movimento oceanico da cui dipende il clima mite del Nord America e del Nord Europa. Se la corrente dovesse fermarsi, le temperature potrebbero crollare anche di 30 gradi.
Fonte : Wired