Afghanistan, due progetti per sostenere le imprenditrici

L’Afghanistan è tornato indietro di decenni dal punto di vista dei diritti umani, da quando i talebani hanno ripreso il controllo del paese il 15 agosto 2021. E le persone più oppresse continuano a essere le donne. Alle loro proteste coraggiose contro le misure oppressive dei talebani, quest’ultimi hanno reagito con violenza: molte attiviste sono state arrestate senza motivo, imprigionate e torturate. Le donne detenute sono state private della possibilità di avere un avvocato e di vedere i loro familiari. Inoltre, i talebani hanno negato alle donne e alle ragazze l’accesso all’istruzione superiore e universitaria, alle aree pubbliche, ai parchi di divertimento e alle palestre, e le hanno obbligate a coprirsi completamente in pubblico.

Nonostante queste condizioni di grande difficoltà e marginalità e di negazione dei loro diritti fondamentali, molte donne non si sono arrese e hanno cercato di creare micro-imprese domestiche che potessero rappresentare una fonte di reddito e di dignità per loro e per le loro famiglie. Queste micro-imprese rappresentano una delle poche opportunità lavorative per le donne in Afghanistan, che spaziano dalla sartoria alla produzione alimentare, dal ricamo alla gioielleria e molto altro e, secondo dati delle Nazioni Unite, il 10% delle famiglie dipenderebbe da queste per la loro stessa sopravvivenza.

Avviare e gestire una micro-impresa non è semplice, soprattutto in un Paese che affronta sfide enormi dal punto di vista sociale, economico e strutturale. Oggi 20 milioni di persone dipendono dagli aiuti umanitari per sopravvivere e il Paese riceve poca attenzione da parte della comunità internazionale. Le donne che vogliono fare impresa devono affrontare vari problemi, come la scarsità di finanziamenti, la difficoltà di accedere ai mercati, la mancanza di strumenti e macchinari adeguati, la bassa alfabetizzazione (solo il 22% delle donne sa leggere e scrivere) e le scarse competenze manageriali e imprenditoriali.

Una biblioteca degli attrezzi a supporto delle donne

Per venire incontro a queste esigenze, sono nati due progetti innovativi e complementari, che offrono alle donne afghane un supporto gratuito e personalizzato per le loro micro-imprese. Il primo progetto si chiama Abzar, che significa “attrezzi” in Dari, la lingua locale. Si tratta della prima tool library del Paese, ovvero una biblioteca degli attrezzi dove le donne possono prendere in prestito tutto ciò che serve per le loro micro-imprese, dalle macchine da cucire agli utensili per la produzione alimentare, dai telai per il ricamo agli arnesi per la lavorazione dei gioielli. L’idea è nata da Selene Biffi, presidente di She Works for Peace, un’organizzazione che promuove la pace e lo sviluppo attraverso l’imprenditoria femminile. Biffi ha raccontato di aver visto un’intervista di alcune donne afghane che, dopo aver seguito un corso di cucito, non potevano comprare né gli aghi per iniziare a lavorare, tantomeno le macchine da cucire.

Così ha pensato di creare una tool library, che potesse fornire alle donne gli strumenti necessari per le loro attività. Biffi ha cercato di promuovere il suo progetto, ma ha incontrato molte difficoltà a trovare dei partner interessati, visto che l’Afghanistan è un Paese che riceve poca attenzione. Il Rotary Club di Ferrara ha creduto nel progetto e lo ha sostenuto con un District Grant, ottenuto grazie alla collaborazione con i Club dell’Area Estense, con She Works for Peace e con la Cattedra Unesco “Education, Growth and Equality” (Chairholder Patrizio Bianchi).

Il centralino per le donne in Afghanistan

Il secondo progetto si chiama Bale Khanom – tradotto “Pronto, signora” – ed è un servizio telefonico che offre alle donne afghane una consulenza tecnica e motivazionale in vari ambiti, come il management, il marketing, lo sviluppo di prodotto, la gestione finanziaria, la raccolta fondi. Il servizio aiuta le donne a sviluppare le soft skills utili per la creazione, sviluppo e crescita delle loro micro-imprese.

Il progetto offre un servizio unico grazie alla facilità di contatto, il telefono cellulare, a cui ha accesso l’80% delle donne in Afghanistan. Grazie a questo strumento, le donne possono contattare facilmente il centralino – composto da sei donne afghane che lavorano come operatrici da casa – e ricevere un’assistenza qualificata e continua. Il progetto, che mira a raggiungere 5.000 micro-imprese femminili in un anno, usa una tecnologia realizzata in collaborazione con Viamo, un’impresa sociale specializzata in tecnologia e comunicazioni per i Paesi in via di sviluppo. Commenta Biffi: “Bale Khanom è il primo progetto di questo tipo in Afghanistan e ci auguriamo possa contribuire positivamente a creare impiego femminile e inclusione lavorativa diffusa, elementi necessari per la ricostruzione di un tessuto sociale ed economico a livello locale”.

Fonte : Wired