Timbrava il cartellino in mutande: incassa 227 mila euro per un errore

C’era un compagno di classe alle medie che aveva la fortuna di abitare a cinquanta metri da scuola. Quando il primo giorno i nuovi professori ci chiedevano da dove venissimo, lui rispondeva semplicemente: ”Da là”. E con la mano indicava la finestra della sua camera da letto, oltre il vetro dell’aula. Era la nostra invidia: poteva svegliarsi con tutta calma mezz’ora prima della campanella. Questo record è stato nel tempo battuto da Alberto Muraglia, ex vigile urbano di Sanremo, che abitava così vicino alla campanella di ogni dipendente – il timbracartellino – da potersi permettere di andarlo a timbrare in mutande.

La storia è famosa e aveva mobilitato le cronache nazionali nel 2015. Dalle indagini della guardia di finanza risultava che nel Comune di Sanremo, la capitale della canzone e del casinò, 43 dipendenti timbravano i cartellini per sé e per i colleghi assenti che, nel frattempo, erano stati filmati nel fare la spesa, a spasso oppure, sempre secondo l’accusa, mentre si allenavano in mare con la canoa.

La beffa: risarcimento a carico dei cittadini

Le indagini e i processi in nove anni hanno fatto il loro corso. Alcuni dipendenti hanno ammesso le responsabilità patteggiando la pena. I condannati in primo grado sono stati poi salvati dalla prescrizione. Altri sono stati pienamente assolti. Tra loro, Muraglia. Il suo avvocato ha infatti dimostrato che il vigile in mutande – perché proprio in questo abbigliamento era stato ripreso dalle telecamere nascoste dai finanzieri – non era affatto un assenteista. ”Il mio alloggio, dove vivo con la mia famiglia, il mio ufficio e la timbratrice sono nello stesso edificio”, aveva messo a verbale l’allora imputato.

L’agente abitava praticamente nel mercato ortofrutticolo di Sanremo, di cui era il custode. E, da quello che è emerso nelle indagini, si svegliava tutte le mattine alle 5.30 per aprire i cancelli, controllava che gli spazi espositivi non fossero occupati da auto e furgoni. Poi alle 6 cominciava il turno come vigile urbano: ”In tutta la mia carriera sono stato costretto a timbrare in slip in sei occasioni”. Le stesse poi mostrate in fotografia dagli investigatori a giornali e telegiornali. Alberto Muraglia verrà però assolto dall’accusa di truffa ai danni dello Stato anche in appello.

L’accusa per un danno (inesistente) di 551 euro

Quell’immagine, diventata il simbolo della campagna nazionale contro l’assenteismo dei dipendenti pubblici, era quindi il risultato di un grave errore giudiziario. Per questo l’agente aveva perso il lavoro, rifiutando poi il reintegro nella polizia locale deciso dal Tribunale di Genova. Non rifiuterà comunque il risarcimento che il Comune, in attesa del giudizio della Cassazione, ha appena stanziato per riparare i danni. L’errore insomma lo pagheranno i cittadini di Sanremo. Non gli enti che hanno condotto le indagini. 

Intervistata rapidamente in tv, otto anni fa, la moglie di Alberto Muraglia era certa che sarebbe finita bene: ”Mio marito, abitando qui, timbrava, si metteva la divisa e andava a lavorare: quindi non ha rubato niente a nessuno. Vedremo di dimostrare che [le sue] erano assenze per lavoro. Dimostreremo anche questo”. Ci sono riusciti.

Ma se il vigile non avesse avuto un buon avvocato, una moglie e una famiglia che credevano in lui e la tenacia di non rassegnarsi, come sarebbe andata? I giudici, in questo caso, sia in primo grado, sia in appello, hanno riconosciuto la sua innocenza. Resta la beffa per le casse pubbliche: a fronte di un presunto danno erariale di 551 euro – attribuito a Muraglia e poi risultato inesistente – il Comune di Sanremo deve ora versare all’agente 227 mila euro.

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Fonte : Today