Past Lives rende chiaro e immediato un sentimento difficile da spiegare a parole

Molto di Past Lives funziona come la trilogia di Richard Linklater composta da Prima dell’alba, Prima del tramonto e Before Midnight, è cioè un film di dialoghi attraverso i quali noi scandagliamo il non detto come voyeur. I personaggi fanno conversazioni ordinarie ma noi capiamo dal linguaggio del corpo e dalle schermaglie che c’è un sentimento che cresce e prende una forma. Assistere alla formazione di qualcosa di complicato e strano è una meraviglia in sé. Poi il film fa di più. Perché a New York, dove la protagonista vive, c’è anche il suo fidanzato che a un certo punto sarà messo al corrente di cosa stia succedendo. La maniera in cui è trattata questa figura maschile vale da sola un premio. La cosa più facile del mondo sarebbe stata farne un maschio geloso, al massimo un maschio preoccupato, come probabilmente accadrebbe. Invece Celine Song coglie l’opportunità e dà a questo personaggio marginale nella vicenda dei due protagonisti una personalità unica, che lo porta a scelte e atteggiamenti difficili da condividere ma interessanti da guardare.

In teoria sarebbe un film romantico Past Lives, nella pratica è un film sul senso del tempo passato, sul guardarsi dietro e sentire un moto di nostalgia così forte da contaminare tutti gli altri sentimenti. Talmente raffinata è la maniera in cui i due personaggi vengono tracciati e così sensibili sono le loro interazioni, che lungo il film si crea nella testa di ogni spettatore un’altra storia, quella che non hanno vissuto. È praticamente impossibile non immedesimarsi guardando questo film, anche se non si è coreano-americane, anche se non si è donne, anche se non si è andati a vivere altrove nella propria vita, ed è difficile non immaginare la vita di questa ragazza se non fosse mai andata via da Seoul e fosse invece rimasta con il suo amore quindicenne. Lei è un’artista ora, lui è molto condizionato dalla mentalità coreana, vuole essere un uomo di successo, come sarebbero stati insieme? Si direbbe male ma poi la chimica è a tratti così perfetta da far pensare che sarebbe stato tutto più complicato di così. Un finale solingo, di notte sul marciapiede, senza parole contiene tutto il segreto del cinema migliore, quello che ingaggia una lotta con la testa dello spettatore per non abbandonarla più.

Fonte : Wired