Lungotermismo: il nuovo credo della Silicon Valley è una religione da incubo

Come abbiamo visto, l’attenzione rivolta esclusivamente ai rischi esistenziali che – per quanto remoti nel tempo e improbabili – potrebbero minacciare la sopravvivenza della specie umana fa sì che i lungotermisti reputino più importante la colonizzazione dell’universo rispetto alla crisi climatica, o che dirottino la marea di risorse economiche a loro disposizione (46 miliardi di dollari, raccolti tramite i loro think tank ed enti benefici) dalla lotta alla fame del mondo al contrasto di un’ipotetica minacciosa superintelligenza artificiale.

D’altra parte, come scrive Irene Doda, “se prendiamo la cornice del futuro lontanissimo, quasi nulla di quello che succede nel presente conta. Che importerebbe se, nello sforzo di colonizzare lo Spazio, si scatenasse una guerra letale per miliardi di persone?. È in questa visione apocalittica, messianica, che si perde di vista un elemento di fondamentale importanza: se vogliamo cambiare il futuro, “dobbiamo farlo trasformando in primis il presente: cambiando le carte in tavola a partire dal nostro stesso sguardo. Possiamo essere tentati di fronte alle sfide attuali, non solo politiche ma anche intime e personali, di aggrapparci a ideologie salvifiche o parareligiose. Ma queste non sono che una facciata di comodo perché nulla cambi davvero”.

C’è da avere paura?

Dobbiamo davvero preoccuparci dell’impatto di una scuola di pensiero dai tratti evidentemente deliranti? La risposta è positiva, non solo per la quantità enorme di soldi in dotazione alle realtà collegate al lungotermismo, e non solo per il potere economico e mediatico di molti adepti (ai già citati Altman e Musk possiamo aggiungere il creatore di Ethereum Vitalik Buterin, il fondatore di Anthropic Dario Amodei e molti altri), ma anche perché queste teorie stanno da qualche tempo facendosi largo all’interno delle più importanti istituzioni del mondo.

“Toby Ord (uno dei principali teorici, assieme a William MacAskill) è stato consigliere dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, della Banca Mondiale, del World Economic Forum, del Consiglio per l’Intelligence degli Stati Uniti e del Governo britannico”, scrive Irene Doda. “Ha recentemente contribuito a scrivere un documento del Segretario generale delle Nazioni Unite, intitolato ‘La nostra comune agenda’, che menziona direttamente il lungotermismo, oltre a utilizzare termini come ‘rischi esistenziali’”.

Le conseguenze sul mondo reale che questa teoria può concretamente avere non vanno quindi sottovalutate. Come non va confusa l’essenza di questa teoria, che dietro una patina tecnologica, razionale e scientifica si dimostra invece estremamente antropocentrica (l’essere umano è addirittura l’unica che cosa che conta in tutto l’universo). I presupposti da cui muove il lungotermismo non sono soltanto conservatori e antiquati, ma sono gli stessi che ci hanno condotto dove ci troviamo oggi.

“Gli esseri umani sono una specie transitoria in un enorme mistero cosmico – scrive Doda nelle ultime pagine del saggio -. Proprio per questo non vale la pena fare scorrere fiumi di sangue, uccidersi a vicenda per il potere. Proprio perché non siamo che una minuscola parte di un gioco che fatichiamo a comprendere, persino a concepire, dobbiamo lavorare per un raggiungimento di condizioni migliori sul pianeta. È un punto di vista differente rispetto a quello lungotermista, che invece ha la pretesa non solo di conoscere ma anche di dominare e colonizzare parte dell’Universo conosciuto. La prospettiva dei lungotermisti rispetto al cosmo può definirsi imperialista.

Fonte : Wired