Barbie: avete mai pensato di vederlo in Ascii? Ora si può

Sulla schermo appare il logo della Warner Bros., in rosa. Ma è un po’ diverso dalla versione speciale proiettata nei cinema all’inizio di Barbie: in questo caso, il simbolo della casa cinematografica appare infatti sotto forma di una sequenza di lettere e simboli casuali che lampeggiano rapidamente in un piccolo riquadro. La settimana scorsa, il sito Ascii Theater ha trasmesso in questo insolito formato la pellicola di Greta Gerwig, per poi fare lo stesso conhorror Hereditary e Eraserhead di David Lynch.

Il progetto

Il portale, scovato per la prima volta da The Verge, sfrutta il codice informatico Ascii. È opera del collettivo artistico Mschf, famoso per la sua tendenza a sfidare i limiti del copyright. Il gruppo non è il primo ad applicare il sistema di codifica dei caratteri ai film (una versione Ascii di Guerre stellari esiste dal 1997), ma l’elemento che differenzia il suo progetto è la rapidità d’azione: il sito è in grado di riprodurre un nuovo film completo ogni giorno. Matthew Rayfield, il membro di Mschf che ha realizzato il proiettore Ascii utilizzando JavaScript, spiega che il programma prende un video e lo divide in dieci fotogrammi al secondo. Ogni fotogramma viene poi suddiviso in porzioni che corrispondono alle dimensioni di vari caratteri, piccoli segmenti grandi quanto lettere o simboli, come “&”.

A questo punto, il programma valuta quale carattere corrisponde meglio a una parte di fotogramma, in base a fattori come il colore dello sfondo e del primo piano o la forma. Per guardare i film, gli utenti devono aprire Terminal, un’applicazione poco utilizzata dei Mac, e incollare un breve codice. Su Windows, i video vengono lanciati nel Prompt dei comandi. Quando un utente si collega al sito per guardare un film, vedrà un nuovo fotogramma ogni decimo di secondo, una successione crea il “movimento” nelle scene.

Rayfield racconta di aver sviluppato un nuovo strumento perché voleva un controllo maggiore sulle immagini rispetto a quello degli altri video realizzati in Ascii, come la possibilità di aggiungere una gamma più ampia di colori. “Avevo un’idea su come fare in modo che fossero belli – dice –, ma doveva anche funzionare su filmati della durata di ore”. Inoltre, doveva farlo rapidamente.

Sfida al copyright

Barbie in versione Ascii è divertente, ma è improbabile che possa competere con la diffusione del film in streaming. Il progetto, inoltre, solleva alcuni timori sul fronte della violazione del copyright. Ma secondo Kevin Wiesner, un altro membro del Mschf, dal punto di vista visivo lo strumento del collettivo realizza versioni “altamente trasformative” rispetto agli originali. Se qualcuno poi provasse a copiare e incollare i caratteri al di fuori di Terminal, otterrebbe solo stringhe senza senso. “Internet ha una lunga storia di soluzioni creative, per quanto scadenti, per piratare contenuti“, aggiunge Wiesner. Il collettivo si è scontrato più volte con gli studios cinematografici su questioni relative al diritto d’autore e ai marchi registrati. Negli ultimi anni è stato citato in giudizio da aziende come Nike e Vans. Ha anche creato un Museo del falso, realizzando 999 repliche esatte di una stampa di Andy Warhol del valore di ventimila dollari e vendendole tutte, compreso l’originale, senza segnalare quale fosse l’originale.

Un tribunale però potrebbe non considerare il lavoro dell’Ascii Theater così “trasformativo”. Come spiega Mark Bartholomew, professore di diritto presso la University at Buffalo School of Law, nelle cause sul copyright si valuta se un’opera derivata rappresenta un commento dell’originale o se invece ha uno scopo diverso. Bartholomew ritiene che nessuna delle due argomentazioni sarebbe vincente nel caso del progetto, ed è “scettico sul fatto che un tribunale la considererebbe un’opera trasformativa“. Nessun rappresentante di Warner Bros. o A24 ha risposto alle richieste di commento di Wired sulla presenza dei loro film – Barbie e Hereditary – nell’Ascii Theater. Al momento in cui scriviamo, il sito è ancora online.

Questo articolo è comparso originariamente su Wired US.

Fonte : Wired