Sarà ricordato come il festival del “Ballo del qua qua”. Almeno mediaticamente. Perché negli annali resterà il festival col dato di ascolti più alto da quando esiste l’Auditel, ovvero dal 1987, con picchi di share del 67%. Anche fuori dall’Ariston quello di Amadeus e Fiorello è stato un successo: la festa “diffusa”, con palchi ed eventi in giro per Sanremo, ha richiamato sin dal primo giorno una quantità di pubblico inedita. E ancora sarà il festival degli appelli per la pace a Gaza, del diritto alla salute mentale rivendicato dalla generazione z – infragilita dalla scure emotiva dei social network, dittatori del giudizio – che finalmente ha ritrovato qui un palco per la propria voce.
È il capolavoro degli Amarello, Amadeus e Fiorello, complici e sinceramente divertiti, con quest’ultimo dettaglio che è l’ingrediente migliore per la riuscita delle cose. Due numeri uno: il primo è il conduttore più forte della tv italiana, con mezzo palinsesto di Rai Uno sulle spalle; il secondo è il comico migliore di tutti, “cintura nera di villaggio turistico” ma soprattutto di idee, aspetto inedito in una tv perlopiù uguale a se stessa da anni.
Cari ragazzi fragili della generazione z, ascoltate le parole di Loredana Bertè
I vincitori sono due
Vince Angelina Mango con “La noia”. Vince la performer emergente più brava della sua generazione, che ha cantato un brano scritto in collaborazione con la cantautrice più talentuosa della sua generazione (Madame). Diciamolo chiaramente: Angelina ha vinto grazie al voto della stampa e delle radio, che hanno premiato un fuoco dentro di quelli che non si vedevano da tempo. Ne avevamo avuto anticipazione con l’iconica “Tammurriata Nera” interpretata quando era ancora una allieva ad Amici e il palco dell’Ariston è stato una conferma. Magnetica nella interpretazione de “La Rondine”, brano scritto dal padre scomparso, nella serata dei duetti, ha unito talento e intensità. La domanda adesso è solo una: Angelina è qui per restare (negli anni, s’intende)?
Ma vince anche Geolier, secondo classificato. La vittoria è condivisa perché al televoto ha ottenuto il 60 per cento delle preferenze, dunque una grossa percentuale di pubblico è dalla sua. E sarebbe stato bello vedere Napoli cantata all’Eurovision.
Sanremo, Angelina Mango in lacrime dopo aver cantato la canzone del padre
Le co conduzioni
Le co conduzioni. Promosse, tutte. A partire da Marco Mengoni. L’animo da “Re matto” – come da titolo del suo secondo album – ha funzionato alla conduzione: si è preso la responsabilità di aprire il festival in solitaria e da quel momento non ha perso disinvoltura. Si è spogliato dall’immagine istituzionale di cantante glam, mostrandosi più umano, più abbordabile, più simpatico. Una certezza Lorella Cuccarini che ci conferma per la 74esima volta le ragioni per cui l’avevano eletta la più amata dagli italiani. Sorpresa Teresa Mannino, che nella terza serata torna a dare dignità alla parola “monologo”: dopo anni di monologhisti affranti, portatori sul palco dei propri vittimismi utili spesso solo alla retorica, la comica siciliana riesce a mettere in commedia persino l’ecologia. L’attrice si prende letteralmente il teatro a ogni ingresso in scena; animale da teatro, flirta col pubblico, coi cameraman, con la galleria, si muove dentro e fuori il palco come una mina vagante, rompe ogni liturgia. Sono solo le prove di un one woman show in tv?
L’escamotage delle presentazioni
I cantanti che si presentano l’un l’altro? Idea promossa. Un escamotage che ha agevolato la sportività della gara, oltre che la possibilità di curiosare tra le pieghe di rapporti personali. Il destino ha voluto che forsse Emma a presentare gli amici Negramaro. E che Mahmood presentasse Ghali, due uomini dalla storia personale simile.
Loredana Bertè
Loredana Bertè. Promossa con lode. Nella sua “Pazza”, Bertè ripercorre tra le righe i dolori che hanno segnato la sua vita, pur non citandoli. Dall’infanzia violenta all’età adulta addolorata dalla morte della sorella Mia Martini fino agli eccessi e alla vita sentimentale tormentata. Ma soprattutto sottolinea l’atteggiamento che il pubblico ha avuto nei confronti del suo dolore. “Prima ti dicono basta sei pazza e poi, poi ti fanno santa”, urla in note sul palco con un brano emblematico, che è il coronamento di una carriera fatta di salite e discese. Uno schiaffo a qualsiasi pietismo, a ogni ipocrisia. Ma soprattutto uno schiaffo a qualsiasi autocommiserazione. E nel Sanremo delle fragilità, quello in cui i più giovani hanno portato il tema della “salute mentale”, ossessione e trend di una generazione, ci voleva. Vince il Premio della critica Mia Martini, intitolato proprio alla sorella. È un cerchio che si chiude.
Cari ragazzi fragili della generazione z, ascoltate le parole di Loredana Bertè
Annalisa
Entrata al festival da Papessa, se n’è andata da cardinale. Dopo l’inanellamento di clamorosi successi dell’ultimo anno, le aspettative erano talmente alte che il brano “Sinceramente” è apparso mediocre. Aveva bisogno di mettersi in gioco? No. Ha voluto ulteriormente tirare la corda? Sì.
Ghali
Il cantautore di origini tunisine sceglie di fare un festival impegnato. “Casa mia” è una chiacchierata con un alieno, che atterra sul pianeta Terra – e sul palco dell’Ariston – e chiede conto di ciò che vede: la tecnologia, le guerre. Si chiama Rich Ciolino e diventa occasione di riflessione su ciò che ci rende umani. Impegno anche nella serata cover, quando canta “L’italiano” e si congeda con un “salam aleikum”. Impegno nella finale, quando grida dal palco: “Sto al genocidio”.
Mahmood
Strabuzzò gli occhi quando vinse per la prima volta Sanremo nel 2019 (al fu direttore artistico Claudio Baglioni il merito di averlo portato all’Ariston). “Il ragazzo Mahmood”, come lo chiamò quel rosicone di Ultimo a cui strappò la vittoria, oggi è maturato al punto da avere la personalità artistica più innovativa di questa edizione. Altrettanto originale l’omaggio a Lucio Dalla con i Tenores Bitti. Portiamolo in qualche modo all’Eurovision, insieme al suo r&b irresistibilmente glam e ai suoi ballerini tarantolati. E vinciamo.
Ricchi e Poveri
Promossi. Quasi ottant’anni e la freschezza – e l’autoironia – di reinventarsi meme. In paillettes rosa confetto hanno avuto la modernità di cercare la viralità anche nel duetto con le icone dei millennials Paola e Chiara.
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Alfa
È tra i protagonisti più giovani del festival, eppure uno dei più disinvolti (sul palco e nelle interviste). A differenza dei suoi coetanei, è l’unico che evita di autocommiserarsi: la sua “Vai!”, positiva e folk, è la risposta giusta agli innumerevoli brani sulla fragilità che hanno affollato il palco quest’anno. Di lui Roberto Vecchioni, con cui si è esibito nella serata dei duetti, ha detto che ha “una vitalità antica” (insieme hanno meritato una standing ovation, ndr). Tra tanti rapper che cantano solo della propria tragica esistenza di periferia, Andrea è il più lucido: “Ho solo 23 anni e devo cercare storie anche leggendo libri, guardando film, origliando le chiacchiere di chi incontro in treno e immaginandomi come vanno a finire le loro storie”. Per scrivere il prossimo album si è letto il Simposio di Platone. “Grazie a tutti, sono stati i giorni più belli della mia vita”, ha detto prima di lasciare il palco per l’ultima volta. E speriamo che ce ne saranno altri.
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Paola e Chiara
Bocciate. Ma bocciato anche chi gli ha posizionato ogni sera il gobbo troppo in basso, al punto che si notasse ancora di più quanto le due cantanti – prestate alla conduzione del PrimaFestival – non fossero padrone del palcoscenico in questo nuovo ruolo. Promosso invece il co conduttore Mattia Stanga, tiktoker alla prima esperienza televisiva imponente.
Fonte : Today