L’esibizione di Geolier non rappresenta la cultura partenopea
I fischi a Geolier? Comprensibili, umanamente forse ingiusti. Ma quello che avete visto ieri a Sanremo non è Napoli. Non c’è stato nemmeno un grammo di rappresentazione della storia e cultura partenopea. La “Napule ca se ne va” è davvero sparita. Cosa resta dello struggimento amoroso dei poeti? Dell’arte di Ernesto Murolo, Salvatore Di Giacomo? E la meravigliosa Carmela, partorita dalla penna di Salvatore Palomba e musicata da Sergio Bruni? Qui di esempi ne posso fare a centinaia.
Napoli è un vivaio di cultura immensa. Il più grande timbro blues europeo si trovava a Napoli ed era il mitico Enrico Cascella, sfortunato artista che non ha avuto il successo che meritava. Per non dire di Mario Musella, pezzo di storia degli Showman. E dagli Showmen proviene anche James Senese che con Franco Del Prete fonda i Napoli Centrale.
Il gruppo rivoluziona il modo di creare musica in napoletano (è la seconda rivoluzione: la prima è tutta opera del gigante Renato Carosone). E da quella rivoluzione arriva Pino Daniele (che per un breve periodo fu bassista dei Napoli Centrale) e tutto il sound della Neapolitan Power. Il movimento culturale contagiò tanti, anche il Giardino Dei Semplici.
La band con “B/N” portò alla canzone vernacolare degli innesti da disco music (basti pensare al remake del classico “Palummella”, arrangiato da Vince Tempera che era reduce dal successo internazionale di “Disco Quando” di Tony Renis). Disco music che fu in parte anche lievito della costruzione del repertorio del primo neomelodico Patrizio (“Una discoteca al mare”).
Altro discorso vale per Nino D’Angelo, con lui si entra prima nel synth pop per poi approdare nella felice evoluzione della world music. No, Napoli è davvero un’altra cosa. Ed il percorso di Enzo Gragnaniello, l’impronta musicale dei 24 grana, il talento di Andrea Sannino lo dimostra. Napoli è ancora il centro culturale della musica nel mondo e l’immagine di ieri tradisce quell’importanza artistica.
Il meglio di Napoli lo si trova a teatro, dove l’ottantacinquenne Pino Mauro – l’ultimo rappresentante della vecchia scuola – canta i classici della tradizione (da “Nuttata ‘e sentimento” ai suoi successi, “O’ bene mio” su tutti). Mauro non è secondo a nessuno, e sul web ci sono tante testimonianze video delle sue performance, e alla sua età è uno dei pochi a riuscire a conservare la voce (un altro, per dire, è Tom Jones).
Fonte : Affari Italiani