Elezioni 2024, la minaccia dei blackout di internet

In quelle stesse, sempre i cruscotti di Netblocks mostrano un’impennata di connessioni satellitari attraverso la rete di Yahclick, società del gruppo YahSat, quotata ad Abu Dhabi e partecipata dal fondo sovrano degli Emirati arabi uniti, Madabala Investment, attiva in 150 paesi. Tra cui il Pakistan. Il blackout dell’8 febbraio è l’ultimo di una serie. Il 7 e il 20 gennaio vengono bloccati i principali social network, tra cui Facebook, Instagram e X, per colpire il leader dell’opposizione, Imran Khan, giocatore di cricket e già primo ministro dal 2018 al 2022, caduto a causa di un voto di sfiducia, incarcerato e bersaglio di un tentato assassinio. Quando il suo partito, il Pti (Movimento per la giustizia del Pakistan), lancia una raccolta fondi per sostenere la campagna elettorale, in Pakistan i social vengono oscurati. Così come quando annuncia la sua seconda assemblea virtuale.

La denuncia delle ong

Access Now, ong americana per i diritti digitali, ha lanciato più volte allarmi sui blocchi di internet in Pakistan e chiesto alle autorità di ripristinare le connessioni. “Bloccare completamente l’accesso alle comunicazioni mobili il giorno delle votazioni è inaccettabile – ha detto Felicia Anthonio, responsabile della campagna per la garanzia di connettività di Access Now, Keep it on -. Il popolo pakistano ha bisogno dell’accesso a internet per garantire elezioni libere, giuste e inclusive. La decisione delle autorità di limitare l’accesso alle informazioni scredita l’integrità delle elezioni pakistane”. Secondo la ong, si prospettano nubi nere all’orizzonte. Già durante le elezioni del 2018, l’accesso a internet è stato bloccato 11 volte. E blackout si sono ripetuti nel 2022 e nel 2023 (in occasione dell’arresto di Khan). L’Autorità per le telecomunicazioni del Pakistan (Pta) ha giustificato la situazione a causa di non meglio precisati aggiornamenti del sistema in corso e ha anticipato che continuerà per i prossimi “due o tre mesi”. Una previsione che, per Access now, “solleva ulteriori segnali d’allarme”.

Dall’inizio dell’anno in altri due casi internet è stato spento per connessioni con la situazione politica ed elettorale. Partiamo dall’arcipelago di Comoros, situato a sud-est delle coste del continente africano, nell’Oceano Indiano. A metà gennaio scatta la chiamata alle urne per le 330mila persone che si sono registrate al voto, come riporta Bbc, su una popolazione complessiva di 836mila. Di queste votano per il presidente appena 55.259 persone, il 16% degli aventi diritto. E dai seggi esce la riconferma per un quarto mandato del presidente Azali Assoumani. Nella capitale di Comoros, Moroni, scoppiano disordini. Le autorità rispondono con coprifuoco, rastrellamenti e disattivando internet. Il 18 gennaio Netblocks registra il blackout delle telecomunicazioni nell’arcipelago africano che, fino agli anni Settanta del secolo scorso, era sotto il controllo della Francia.

Fonte : Wired