Sanremo, ho provato l’autotune di Mahmood: “Così nasconde le stonature”

Raga, se sperate di andare a Sanremo nascondendo le vostre stonature con l’autotune, è meglio che cominciate a studiare canto. Perché potreste trovare sulla vostra strada talenti come Mahmood, Tananai, oppure il giovanissimo Giaco, ancora allievo, che – con o senza autotune – canterebbero meglio di voi. Certo, ci sono i boomer e quelli della generazione X, con gusti vari che vanno dai Ricchi e poveri a Vasco Rossi. Quelli che dicono invidiosi: ”Ai nostri tempi si cantava davvero: oggi anche uno stonato potrebbe vincere Sanremo”.

Così ho passato una giornata a Milano, nella scuola musicale che ha formato e lanciato Mahmood (nella foto sopra e sotto, durante un’esibizione con i compagni di studio nel 2016), Tananai e tanti altri, tutti artisti per niente stonati. Volevo scoprire se queste diavolerie digitali possono davvero trasformare una campana come me in un cantante. Vedrete in fondo come è andata a finire.

Mahmood nel 2016 al Cpm di Milano dove ha studiato canto (foto Cpm-Omar Cantoro)

Provo quindi a scrivere su Whatsapp a un guru del rock: Franco Mussida, chitarrista e voce, tra i fondatori della Pfm. È in partenza per un concerto dove presenterà il suo ultimo album personale “Il pianeta della musica e il viaggio di Iòtu”.

Così abbiamo smontato le canzoni di Sanremo

L’università musicale di Mussida, il Cpm Music Institute di Milano, da anni prepara cantanti, musicisti, tecnici del suono. Ed è dietro a tanti successi, non solo di Sanremo. La risposta, positiva, arriva nel giro di pochi minuti. Subito dopo ci ritroviamo via chat con alcuni allievi di canto del Cpm. La richiesta di Today.it è prendere un brano di Sanremo2024 arrangiato con l’autotune, smontarlo e ricomporlo. Per loro è routine: lo fanno ogni anno, come attività didattica, non appena le canzoni del Festival cominciano a circolare in rete.

Stefano D'Angelo, Jan Tarchiani, Francesco Messina, allievi del Cpm di Milano (foto Giampaolo Mannu)

Stefano D’Angelo, 20 anni, Jan Tarchiani, 22, e Francesco Messina, 19 (foto sopra), ripropongono una versione live per piano e chitarra di ”Onda alta” di Dargen D’Amico. Giaco, 23 anni, che nella vita di tutti i giorni si chiama Giacomo Prudente (foto sotto), ci porta invece dentro i segreti dell’autotune cantando, smontando e rimontando strofe e ritornello di ”Tuta gold”, la canzone di Mahmood. Vedremo come. Ma prima di tutto, che cos’è questo strumento, il più chiacchierato nelle ultime edizioni di Sanremo?

Come usare l’autotune: il protagonista del Festival

Senza entrare in dettagli complicati, si tratta di un software, inserito nel programma di arrangiamento musicale del computer, che permette di manipolare il suono e quindi anche la voce. E se il cantante stona, la voce viene automaticamente corretta nella giusta intonazione della base musicale. Ovviamente, la qualità della correzione dipende dalla brutalità delle stecche.

Il cantante Giaco Prudente, 23 anni, con il suo computer (foto Giampaolo Mannu)

Quanto conta la tecnologia nel canto? ”La tecnologia è un mezzo che ci permette di migliorare – risponde Jan Tarchiani – e ci ha permesso fino ad adesso di scoprire nuovi orizzonti. Il problema dell’autotune è non abusarne. Perché con un abuso di questa tecnologia si viene meno a una dote canora e a un talento”. Ma basta l’autotune per diventare cantanti? ”No, non saremo qua tutti quanti a studiare in Cpm. Il percorso del canto è un percorso che dura tutta la vita”.

Vocali e consonanti: così va cantata ”Tuta gold”

Giaco ha studiato come canta Mahmood. Passa dalla voce piena al falsetto, accenta o allunga le vocali variando l’apertura della bocca. Le consonanti diventano a loro volta parte del ritmo: ”Cinque cellulari nella tuta gold, non richiamerò…”. Riscalda la sua voce limpida e perfettamente intonata al pianoforte. Poi canta registrandosi nel programma di arrangiamento sul suo computer portatile. ”Se la lasciassi così – spiega – verrebbe coperta dagli effetti sonori della base musicale”. Muove quindi il mouse su una serie di diagrammi e cursori: ora, con l’autotune, la sua interpretazione è difficilmente riconoscibile da quella che Mahmood ha portato a Sanremo. ”Ho anche arrangiato una versione mia – rivela Giaco -. Ha un ritmo più afro e ho aggiunto una mia strofa” (nella foto sotto, Franco Mussida).

Il chitarrista e cantante Franco Mussida durante un concerto (foto Caterisano-LaPresse)

‘L’importanza si è spostata veramente su tante cose: sulla presenza scenica, sull’immagine – aggiunge Giaco -. Sono tanti gli elementi che oggi permettono di puntare su una performance e di far crescere un artista. E sicuramente l’autotune è un elemento fondamentale. Perché di base se ascoltiamo un pezzo in radio, è impossibile che sia senza autotune, senza quella minima correzione che lo rende radiofonico. È diventato un po’ uno standard da rispettare. Non è indispensabile. Ci sono ancora artisti che non lo usano, nel momento in cui fanno una perfomance live. Abbiamo l’esempio di Marco Mengoni. Ma d’altra parte l’autotune ha permesso a ragazzi che non sanno cantare, ai rapper, di poter fare musica e di risultare intonati, che è l’elemento indispensabile all’orecchio per dire ok questa cosa è bella. Per noi cantanti è uno strumento, un effetto. Per altre persone che stanno iniziando a fare musica e vogliono comunque esprimere la propria arte, è indispensabile anche per poter cantare”.

La scuola che ha lanciato Mahmood e Tananai

Queste scorciatoie non sono ingiuste nei confronti di quanti come voi, Mahmood, Tananai, dedicate così tanto tempo allo studio? ”No, perché secondo me bisogna distinguere tra cantante e artista. L’artista è chi riesce a comunicare con il linguaggio della musica, quindi lo può fare in qualsiasi modo. Il cantante vuole cantare, quindi non ha nulla da invidiare: se vuole fare l’artista, può sperimentare con l’autotune, o può sperimentare semplicemente con la voce”. Poi Giaco alza lo sguardo dal suo computer e dice: ”Dai, prova anche tu a cantare Mahmood. Prendi il microfono”.

So bene di non essere al bivio della vita. Devo ringraziare un amico musicista, Angelo Galbiati, perché quando avevo 16 anni mi ha indicato chiaramente quale non fosse la mia strada. Stavo facendo un provino per entrare nella sua band: ”Come tastierista puoi andare. Ma non vorrai cantare, vero?”, è stato il suo giustificato giudizio. Quando sono nato, infatti, la musa del canto guardava altrove: ”No grazie, Mahmood è veramente difficile”, cerco ora di convincere gli allievi del grande Franco Mussida. ”Prova, dai, così vediamo il confronto tra te e l’originale e se l’autotune funziona davvero”, interviene simpaticamente Giampaolo Mannu, il collega di MilanoToday, autore delle immagini che accompagnano questo articolo. Purtroppo ho accettato. Ho scelto il ritornello di ”Vita spericolata” di Vasco Rossi, successo di Sanremo del 1983. Credevo fosse più facile di ”Tuta gold”. Me ne pento e spero che Vasco non mi quereli. Ma quanto sia miracoloso l’autotune lo potete sentire voi stessi nel video qui sotto.

 

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Fonte : Today