Nella sua intervista a Vladimir Putin, il giornalista statunitense Tucker Carlson ha dato pieno accesso al pubblico degli Stati Uniti alla propaganda del leader autoritario, in vista delle elezioni presidenziali di quest’anno. Carlson, stretto alleato del candidato Donald Trump e importante esponente della destra radicale statunitense, ha concesso a Putin di mettere in dubbio il funzionamento del sistema politico statunitense e gli aiuti a Kyiv, ripetere il suo revisionismo storico sull’Ucraina, le sue giustificazioni all’invasione e, sopratutto, esprimere il suo sostengo a Trump.
Di cosa non si è parlato
A due anni da quando la Russia ha invaso l’Ucraina su larga scala, la prima intervista fatta a Putin da un giornalista occidentale ha lasciato scoperti molti punti di discussione. Carlson ha accuratamente evitato ogni argomento che avrebbe potuto mettere in difficoltà il capo del Cremlino. Non ha fatto domande sui crimini di guerra commessi nelle città ucraine di Bucha e Mriupol, sulla deportazione in Russia e sull’indottrinamento dei minori ucraini, sul mandato di arresto per Putin della Corte penale internazionale, sulle perdite russe o sulla misteriosa morte dell’ex leader dei mercenari Wagner, Evgenij Prigozhin.
Anche sul fronte interno, Carlson non ha toccato nemmeno lontanamente il tema delle elezioni presidenziali in Russia, dell’incarcerazione del leader di opposizione Alexei Navalny o del recente annullamento della candidatura di Boris Nadezhdin, politico di opposizione contrario all’invasione in Ucraina. Questa autocensura non ha stupito nessuno, dato che Carlson ha più volte criticato il sostegno statunitense all’Ucraina, definito l’invasione “una disputa di confine” e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky “un topo di fogna”, come riporta il Guardian. Non ci sono dubbi che Putin abbia organizzato l’intervista con Carlson proprio per questi motivi.
L’invasione dell’Ucraina
Circa metà della conversazione, durata due ore e sette minuti, ha avuto al centro l’Ucraina e per gran parte del tempo Putin ha tenuto un monologo sulla storia russa, in cui ha ripetuto le false affermazioni sull’inesistenza di uno stato ucraino e le giustificazioni all’invasione. Alla fine però, il messaggio chiave lanciato è che la sua guerra non è ancora finita e che una sua conclusione dipende dagli Stati Uniti. “Dovete smettere di fornire armi all’Ucraina. In questo caso sarà tutto finito in poche settimane” ha spiegato.
Putin è stato però molto vago rispetto a cosa dovrebbe significare la fine della guerra, ma Carlson, forse inconsapevolmente, è riuscito a fornirci una mezza risposta. Alla domanda se la Russia abbia raggiunto i suoi obiettivi, Putin ha risposto di no, perché non hanno ancora “de-nazificato” l’Ucraina, specificando come ciò significhi “sbarazzarsi di quelle persone” che secondo lui “sostengono il nazismo”. Questa espressione sta a indicare la volontà russa di rimuovere dal potere il presidente democraticamente eletto e di origine ebraica dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky.
Fonte : Wired