Strage di Fidene, l’avvocato delle vittime: “L’infermità mentale? Per noi è un’ipotesi che non esiste”

Sparatoria a Fidene

Il processo a Claudio Campiti killer di Fidene deve ancora entrare nel vivo, ma c’è già chi ipotizza che possa essere richiesta l’infermità mentale. “Ci sono troppe contraddizione”, tuona l’avvocato delle famiglie delle vittime.

Entra nel nuovo canale WhatsApp di Roma Fanpage.it

0 CONDIVISIONI

Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Sparatoria a Fidene
ATTIVA GLI AGGIORNAMENTI

Si è tenuta ieri la prima udienza nel processo a carico di Claudio Campiti, il killer che l’11 dicembre del 2022 ha fatto irruzione durante una riunione di condominio e ha aperto il fuoco contro i presenti, uccidendo quattro persone: Nicoletta Golisano, Elisabetta Silenzi, Sabina Sperandio e Fabiana De Angeli.

Soltanto nella prossima, però, i giudici dovranno esprimersi sulla richiesta di riunificare i due procedimenti relativi a quanto accaduto in quella tragica domenica, come richiesto dal pm: da una parte quello relativo a Campiti, all’altra quello al Tiro a Segno da cui ha prelevato le armi utilizzate per la strage.

Il processo è ancora agli inizia, eppure inizia già ad avanzare l’ipotesi che la difesa possa richiedere l’infermità mentale per Campiti. “È stato richiesto un consulente, ma non c’è niente di certo: per richieste di questo genere è ancora presto. Ma qualora decidessero di presentare una simile istanza, dovranno tenere conto di evidenze contrarie all’infermità mentale. Ad oggi non c’è niente relativamente alla capacità di intendere e di volere di Campiti”, ha spiegato a Simona Berterame l’avvocato Francesco Innocenti, difensore dei familiari di due delle vittime Nicoletta Golisano e Fabiana De Angelis.

Leggi anche

Strage di Fidene, i sopravvissuti: “Ci sono altri responsabili, chi ha armato la mano del killer”

Un processo unico per la strage di Fidene

Fino alla prossima udienza, però, i due procedimenti restano separati. Da una parte Campiti, imputato per i quattro omicidi volontari. Dall’altra il presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale di Roma e un dipendente addetto al locale dell’armeria, già posta sotto sequestro, del poligono di tiro di Tor di Quinto, dove il killer si è procurato la pistola, per reati omissivi legati all’uso di armi.

Nel corso dei precedenti appuntamenti in aula, proprio dai legali che difendono la Federazione di tiro a volo e i Ministeri dell’Interno e della Difesa citati in giudizio, era arrivata la domanda shock. “Siamo certi che le vittime siano morte per lo sparo?“, si chiedevano nel corso della seconda udienza preliminare.

La strage di Fidene

La sparatoria è avvenuta in una domenica come tante, a fine dicembre mentre era in corso una riunione del consorzio di Valleverde. Il killer, che sarebbe già stato conosciuto dai residente come violento. “Aveva minacciato di morte dei ragazzini che stavano giocando a pallone dicendo che avrebbe sparato”, avevano raccontato alcuni di loro. L’ex assicuratore, un cinquantasettenne, aveva perso il figlio in un incidente in Val Pusteria nel 2012. Durante il primo interrogatorio, inoltre, non avrebbe mostrato segni di pentimento.

0 CONDIVISIONI

Fonte : Fanpage