L’aveva fondata nel 2010 insieme a Miguel McKelvey e adesso sta provando a farla nuovamente propria. Come riporta il New York Times nella sua newsletter DealBook, Adam Neumann starebbe infatti cercando di riacquistare WeWork, il colosso del coworking che ha dichiarato bancarotta a novembre e di cui era stato amministratore delegato dalla fondazione al 2019, anno in cui ne fu estromesso anche a causa di spese folli.
In particolare, l’imprenditore israeliano, tramite la sua startup Flow e in sinergia con il fondo Third Point di Dan Loeb, avrebbe “espresso costantemente” un “interesse sincero” nel corso dell’ultimo mese del 2023 per acquisire quella che era stata la sua creatura e i relativi contratti di locazione al fine di farla uscire dalla procedura di fallimento. In alternativa, come è specificato nella lettera fatta leggere alla redazione della testata newyorkese dall’avvocato di Neumann Alex Spiro, l’ex ad e Loeb avrebbero potuto fornire a WeWork finanziamenti al debitore in possesso (Dip), una forma speciale di finanziamento prevista dall’ordinamento statunitense per le aziende in difficoltà.
Il precedente
Neumann avrebbe tentato in realtà già nell’ottobre 2022 di organizzare un finanziamento di circa un miliardo di dollari per la società partecipata al 46% dal colosso giapponese SoftBank. Stando alle informazioni trapelate dal suo studio legale, all’epoca la sua corte sarebbe però stata respinta dall’allora amministratore delegato Sandeep Mathrani. Adesso, sebbene i consulenti della società si siano inizialmente opposti agli sforzi dell’imprenditore di Tel Aviv, la rotta di WeWork sembrerebbe tracciata verso la fornitura di Dip da parte di quest’ultimo e di Loeb.
Lo scorso 6 novembre la società newyorkese aveva annunciato pubblicamente di aver chiesto l’accesso alle tutele previste dal Chapter 11, la principale legge fallimentare statunitense, che consente a un’azienda di continuare a operare parallelamente a un percorso di riorganizzazione. La decisione era giunta in seguito a un periodo in cui il colosso del coworking aveva dovuto fare i conti con debiti in aumento, tassi di interesse elevati e un numero crescente di persone in lavoro agile.
Fonte : Wired