Il 24 gennaio, due settimane prima dell’inizio del processo, Wright ha presentato a sorpresa al Copa un’offerta di accordo. Stando ai termini della proposta, Wright avrebbe interrotto le proprie azioni legali nei casi collegati e rinunciato al diritto di perseguire i diritti di proprietà intellettuale sui bitcoin. In cambio, il gruppo avrebbe dovuto riconoscere Wright come Satoshi Nakamoto e accettare una serie di altre clausole. In un tweet, il Copa ha dichiarato di non avere intenzione di accettare l’offerta, che presenterebbe “scappatoie che consentirebbero a [Wright] di continuare a citare in giudizio le persone“. La speranza del consorzio è che una sentenza a suo favore “crei uno spazio sicuro” in cui gli sviluppatori non possano essere “intimiditi o costretti” a interrompere il proprio lavoro sulle tecnologie legate alle criptovalute.
Le possibili conseguenze sul mondo dei bitcoin
Mentre una vittoria del Copa rappresenterebbe di fatto un ritorno allo status quo, nel caso fosse Wright a prevalere avverrebbe il contrario. Se il tribunale dovesse stabilire che Wright è l’autore del white paper sui bitcoin – e quindi Nakamoto – si aprirebbe una strada più chiara verso una sua affermazione anche nelle cause collegate intentate dallo stesso informatico. Nel procedimento più importante, noto informalmente come “Database Rights Case”, Wright accusa gli sviluppatori di bitcoin di aver violato i suoi diritti di proprietà intellettuale apportando “modifiche fondamentali” al sistema alla base della criptovaluta senza richiedere una licenza o un’autorizzazione. Di fatto, Wright chiede una sentenza che renda illegale modificare il codice dei bitcoin senza la sua autorizzazione e che gli consenta di controllare il software principale utilizzato per collegarsi al sistema della criptovaluta.
L’impatto di un verdetto simile si farebbe sentire anche a livello globale. “I principi generali previsti dalla legge sul copyright sono armonizzati” da un accordo adottato dalla stragrande maggioranza dei paesi del mondo. In altre parole, se un tribunale del Regno Unito stabilisse che è Nakamoto, Wright probabilmente verrebbe riconosciuto come tale dalle corti di tutto il mondo.
La rete bitcoin, spiega Lopp, è strutturata in modo tale che le parti che eseguono i client software – come quelli alla base del sistema di pagamento – non possano essere costrette ad adottare modifiche al codice. Di default, le modifiche possono essere solo proposte, non applicate. Ciò significa che Wright non sarebbe in grado di apportare cambiamenti unilaterali alla criptovaluta.
In caso di vittoria, tuttavia, Wright potrebbe rendere più difficile agli sviluppatori collaborare liberamente sul codice dei bitcoin, facendo leva sui suoi diritti di proprietà intellettuale per intentare cause contro chi non chiede una licenza. In questo contesto, gli sviluppatori del progetto potrebbero essere costretti a operare in modo anonimo per proteggersi: “Dovremmo diventare dei cypherpunk molto più irriducibili“, dice Lopp. Se sempre meno sviluppatori sono disposti a rischiare azioni legali, la salute e l’usabilità del sistema potrebbero deteriorarsi. Nel tempo, il rischio è che i bitcoin scivoli verso l’oscurità.
Secondo Lopp, per la criptovaluta sarebbe molto meglio se l’identità del suo creatore rimanesse un mistero. I bitcoin sono “tutt’altro che perfetti“, sottolinea, ma senza la figura di Satoshi – che si tratti di Wright o chiunque altro – gli sviluppatori potranno continuare a lavorare per migliorare il sistema.
“Il più grande regalo di Satoshi al mondo sono stati i bitcoin – commenta Lopp –. Il suo secondo più grande regalo è stato sparire“.
Questa articolo è apparso originariamente su Wired US.
Fonte : Wired