Venerdì scorso Apple ha messo ufficialmente in vendita il suo Vision Pro, un visore per la realtà virtuale e aumentata. Chi lo indossa può sovrappore gli ambienti virtuali alla realtà, grazie a dodici videocamere esterne che riprendono e trasmettono in tempo reale l’ambiente circostante. Questa tecnologia, chiamata “pass-through”, consente alle persone di utilizzare il Vision Pro in ogni momento.
C’è chi è stato avvistato con il visore mentre cammina in strada, chi si allena in palestra e chi siede al volante di un’auto a guida autonoma. L’unione tra il Vision Pro e il futuristico Cybertruck di Tesla è stata pubblicata sul social network X con un commento eloquente: “Siamo spacciati”.
In un altro video, diffuso sempre sui social, una persona che indossa il Vision Pro viene ripresa all’interno di un’auto, sempre a in una Tesla: di tanto in tanto abbandona il volante per digitare un testo su una tastiera virtuale e compiere altre operazioni con le mani. Il Vision Pro infatti è provvisto di sensori che tracciano il movimento della testa e delle mani di chi lo indossa, affinché possa avvenire un’interazione naturale con gli oggetti virtuali. Non esistono leggi che vietano l’utilizzo di un Vision Pro al volante.
L’uso in auto del visore, teoricamente, può essere associato a quello di un paio di occhiali. Ma non è detto che le immagini restituite da un visore Apple siano effettivamente “la realtà”. Lo mette in dubbio, invitando ad analisi più approfondite, un recente studio di Stanford che evidenzia come l’uso prolungato della tencologia pass-through – sia nel Vision Pro sia nel visore Meta Quest 3 – possa causare una dissonanza cognitiva dovuta allo “scarso contrasto”, alla “distorsione”, e a un “campo visivo ridotto”.
di Pier Luigi Pisa
Fonte : Repubblica