Alla fine del 2007, quando il mondo era così recente che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito, un amico del liceo mi parlava con fare appassionato di un sito a cui alcune sue conoscenze americane l’avevano fatto iscrivere. “È un social network, dove puoi parlare con la gente che conosci e guardare cosa fa”, mi spiegava, incontrando la mia incapacità di comprendere di cosa stesse parlando ma convincendomi, nel giro di poche settimane, a iscrivermi a mia volta.
Non sapevamo – né io, né lui – che nel giro di pochi anni quel sito, Facebook, sarebbe diventato un sinonimo intercambiabile del concetto di “social network” nelle menti di miliardi di persone, e il protagonista assoluto della prassi, della cultura e dell’immaginario di un’intera epoca.
Come è iniziata
In The Social Network, il film premiato con l’Oscar di David Fincher che mette in scena il mito della fondazione di Facebook, il protagonista Jesse Eisenberg delinea il target di espansione del prodotto: “È gente che conosce gente, e mi servono le loro email”. Ma il personaggio interpretato da Eisenberg, Mark Elliot Zuckerberg, nato il 14 maggio 1984 a White Plains, New York, è tutt’altro che un aspirante socialite in cerca di rivalsa: “Il mio obiettivo non è mai stato quello di rendere Facebook figo. Non sono una persona cool e non ho mai cercato di esserlo”, commenterà a distanza di qualche anno, già seduto su un impero digitale su cui non tramonta mai il profitto, aggiungendo anche di essersi sentito “ferito” da alcune rese del lungometraggio.
In ogni caso, gli annali dicono che il 4 febbraio del 2004 Mark Zuckerberg, uno studente al secondo anno di Harvard, presenta TheFacebook, una piattaforma rudimentale che ha costruito in due settimane grazie alle sue capacità informatiche. Il giorno successivo duemila studenti di Harvard avevano già il loro profilo sul sito. Alla fine dell’anno il network aveva conquistato gli altri atenei dell’Ivy League, l’investitore Peter Thiel ci aveva scommesso i primi 500mila dollari e c’era ormai un milione di profili. Tolto l’articolo dal nome, ad agosto del 2005 l’impresa diventava semplicemente “Facebook”. Avvolgi veloce e nel 2023, quando ormai Facebook è considerato – e da tempo – un social network considerato quasi morente, lontano dai giovani e certamente non cool, quasi in ossequio del volere del suo fondatore, tre miliardi di persone si loggano sulla piattaforma almeno una volta al mese. Fa più di un terzo della popolazione del pianeta.
Come è andata a finire
A ottobre del 2003, il giovane nerd che sarebbe diventato re aveva già tentato una prima ascesa alla vetta del successo presentando FaceMash, un sito che accostava le foto di due ragazze random del campus – ottenute dal giovane Zuckerberg hackerando gli archivi dell’ateneo, in barba a qualsiasi norma sulla privacy – per far votare la più carina. Alle donne di Harvard, mirabile dictu, l’idea non era piaciuta; agli studenti maschi, moltissimo. Senonché dopo qualche giorno l’università ha chiuso per decreto il sito, che aveva già iniziato ad attirare migliaia di visitatori.
Qualche anno fa, nel 2018, nei giorni della prima grande audizione di “Zuck” davanti al Congresso americano per lo scandalo Cambridge Analytica, un tweet beffardo e virale aveva accostato il volto madido di sudore e lo sguardo atterrito del fondatore di Facebook, incalzato dai senatori, alla didascalia: “La faccia di quando volevi solo un modo più veloce per classificare le ragazze in base all’aspetto e hai finito per instaurare un governo fascista nel paese più potente del pianeta”.
Fonte : Wired