Dieci milioni di vittime del cancro ogni anno, il doppio se contassimo invece il numero di casi. La fotografia di oggi è questa, ma per quanto globale non può che essere parziale, perché la storia della lotta al cancro non può certamente arrivare solo dai numeri dall’epidemiologia. Tra le tante istantanee che fotografano dove siamo nella ricerca contro il cancro, quello che abbiamo fatto e le sfide ancora aperte, una potrebbe essere quella alle tecnologie sviluppate per migliorare gli esiti della malattia e delle cure, sebbene non sempre, e non come vorremmo, non per tutti, o magari non ancora. Ed è a queste tecnologie che è dedicato il report, pubblicato in concomitanza con il World Cancer Day, che arriva dall’Ufficio europeo dei brevetti (Epo), e che fornisce appunto una fotografia sui trend in materia di innovazione contro i tumori.
Le innovazioni contro il cancro
Prima di addentrarci nel merito dei risultati, è bene intendersi sulla terminologia e sul significato dei dati messi insieme dall’Epo. Se è innegabile che le innovazioni siano parte del motore dietro i guadagni nella lotta al cancro degli ultimi decenni – sempre più pazienti sopravvivono a un cancro, in alcuni casi guarendo – l’arrivo di una nuova tecnologia non è sempre garanzia di progresso o guadagno. I dati messi insieme dall’Epo si riferiscono alle innovazioni brevettate e agli innovatori dietro queste tecnologie, e non rappresentano tanto una misura diretta del loro impatto nella vita delle persone. Vanno letti pertanto come una misura di quanta innovazione si è fatta e si sta facendo (e si sta proteggendo, ricorrendo ai brevetti) nel campo. È anche una misura utile per capire chi guida la ricerca nel campo. I dati sono stati presentati facendo riferimento alle cosiddette famiglie di brevetti internazionali (IPF), ovvero alle richieste depositate per una stessa invenzione ma depositate in almeno due paesi.
Per quel che riguarda le innovazioni considerate dal report si parla di tutte quelle tecnologie sviluppate per aiutare la diagnosi e il trattamento dei tumori (con riferimento alle tecnologie più classiche ma comunque ancora oggetto di ricerca e innovazione, come la chemioterapia o la target therapy, a quelle più recenti, come l’immunoterapia o le biopsie liquide, ma anche ai sistemi di intelligenza artificiale applicati alla diagnosi e alle terapie).
Le tecnologie che hanno guidato l’innovazione contro il cancro
Detto questo veniamo ai dati che emergono dal report. Non a sorpresa – considerando il crescente peso sociosanitario della malattia e il conseguente aumento di investimenti nel campo, riconoscono dall’Epo – l’innovazione in campo oncologico è esplosa negli ultimi anni. Il trend mostra un’impennata a partire dagli anni Ottanta, ma dal 2015 a oggi il numero di brevetti depositati ogni anno è pressoché raddoppiato (nel 2021 sono stati oltre 13 mila le IPF, il 3% dei brevetti a livello mondiale). La crescita ha riguardato principalmente il campo dei trattamenti (soprattutto quelli più nuovi) ma in misura minore anche quello della diagnostica, delle ICT legate ai tumori (intese come sistemi di bioinformatica, intelligenza artificiale) e modelli tumorali (come i modelli animali, soprattutto topi). A voler zoomare sulle innovazioni che più di altre hanno subito un’impennata in tempi recenti troviamo le tecnologie legate alla biopsia liquida (ovvero alla capacità di identificare e monitorare i tumori grazie solo all’analisi di un campione di sangue), alle terapie mirate, all’immunoterapia e alla terapia genica.
All’interno del trend generale di crescita è però possibile osservare anche la presenza di periodi di stop in termini di innovazione – come accaduto negli anni a cavallo del 2010 – soprattutto per alcune sottocategorie (è il caso per esempio dei modelli tumorali, in risalita solo dal 2015).
Gli innovatori, oltre big pharma
Passando quindi ai protagonisti di questa innovazione, il report non rivela particolari sorprese. Guardando all’ultimo ventennio, a farla da padrone sono le grandi aziende farmaceutiche o del tech: sei dei primi dieci posti sono occupate da big pharma, due da big tech, una sola dal sistema universitario, quello della University of California, e una un sistema per la ricerca sanitaria pubblica, il francese Inserm (Institut national de la santé et de la recherche médicale). Messi insieme però, ospedali, università e organizzazione di ricerca pubbliche hanno totalizzato circa un terzo delle IPF depositate negli ultimi vent’anni, mostra ancora il report, sottolineando i contributi apportati soprattutto nel campo della medicina personalizzata, i modelli tumorali e le biopsie. Si tratta di istituzioni nella maggior parte dei casi basate negli Usa: nella top ten solo due sono europee, francesi (Inserm e il Cnrs).
Il contributo di queste organizzazioni negli ultimi vent’anni è stato più costante rispetto a quello delle grosse industrie, le quali, nota ancora il report, conterebbero sempre di più proprio sul contributo esterno di startup e università per guidare lo sviluppo di nuovi prodotti e tecnologie.
Stati Uniti e Cina i più innovatori
Infine l’Epo dedica una sezione anche alla geografia di queste innovazioni, con alcune considerazioni. Se è vero che la parte da leoni è ancora giocata – come storicamente è stato – dagli Stati Uniti, negli ultimi anni abbiamo assistito all’avanzata degli innovatori asiatici, in particolare cinesi ma anche koreani. Complessivamente negli ultimi cinque anni le innovazioni coreane, giapponesi e cinesi, hanno totalizzato un numero di IPF maggiore di quelle provenienti dall’Europa (anche considerando Regno Unito e Svizzera). Se lo sguardo poi si restringe all’Europa, negli ultimi vent’anni un ruolo di primo piano lo hanno avuto, nell’ordine, la Germania, il Regno Unito e la Francia. L’Italia in questa classifica si posiziona al sesto posto.
Fonte : Wired