Addio a Titina, la storica giornalaia di piazza Bellini: “Era la custode sorridente di Port’Alba”

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Napoli è probabilmente l’unico posto d’Italia in cui definire il mestiere di giornalaio o di giornalaia come “giornalista” non è per denigrare il mestiere di chi i giornali li scrive, confondendolo con chi invece li vende. Dunque non stupisca sentir parlare di Titina Prezioso, per tutti semplicemente Titina, morta fra il 2 e il 3 febbraio 2024 (i funerali domenica 4 febbraio alla chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, alle ore 12.45) come «Titina, la giornalista di piazza Bellini».

L’edicolante, presenza storica della zona (insieme al gatto), era la “custode” dell’ingresso di Port’Alba, poiché titolare di un chiosco posizionato strategicamente fra il piccolo distretto dei librai di Port’Alba, le strade dei musicisti (via San Sebastiano e via San Pietro a Majella) quella un tempo degli antiquari (via Costantinopoli) e la zona dei caffè e degli aperitivi, ovvero piazza Bellini.

Di quella Napoli di ieri – non di questa che cambia velocemente e profondamente, più di quanto vorremmo e di quanto possiamo capire o raccontare in tempo reale – Titina è stata testimone e riferimento. La sua storia personale affonda le radici negli anni Cinquanta della città. La raccontò a Francesca Saturnino per belle pagine di Cultura del “Mattino”, qualche anno fa:

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«Sono nata a via Atri il 12 ottobre 1948. Avevo dieci anni quando mamma si è ammalata. Mi hanno tolto da scuola e mi hanno messo all’edicola. Ci sono rimasta, questo posto è la vita mia».

Titina ha gli occhi grandi, gentili, che scrutano. Racconta che sua madre, rimasta vedova molto giovane, acquistò l’edicola dai suoi primi suoceri, prima di risposarsi con suo papà. «Costava circa tremila lire, lei non le aveva. Così vendette i materassi di lana e mise insieme la cifra».

Aveva ascoltato migliaia di storie e visto altrettante facce. Pure quelle di coloro che, partiti del centro antico, avevano poi avuto successo. Ricordava aneddoti di Pino Daniele, anch’egli nato fra i vicoli stretti dei Tribunali. Pinotto, che gli chiedeva i soldi per le sigarette. «Titina, custode sorridente di Port’Alba», la definisce oggi con dolore chi ha appreso che non c’è più.

In uno dei racconti del musicista Marco Zurzolo, nel libro “I Napoletani non sono Romantici” edito da Colonnese, che racconta di quegli anni, si cita pure Titina:

Immaginate una giornata di primavera negli anni 70…io appena 14enne con un flauto Yamaha in una borsetta appena comprato da papà in via San Sebastiano da Alfredo Ceruti, immaginate quello che può fare nella mente di un ragazzino una strada antica piena di strumenti … tutto era magia.

Il sole che dai palazzi illuminava la strada segnando la via da seguire fino ad un incrocio magico, a sinistra Port’Alba con la bellissima Titina, la giornalaia dei nostri sogni e a destra San Pietro a Majella con la bancarella del ristorante con le pizze a portafoglio (50lire)… di fronte via Costantinopoli … da lì a poco ci raggiunse Rino che usciva dal Consevatorio insieme ad Enzo Avitabile e proprio da lui presi le prime lezioni di flauto… Ci incamminammo su via Costantinopoli per bussare a Paolo Raffone fino ad arrivare ai piedi di Santa Teresa e fu lì la prima volta che lo vidi … il gigante con gli occhiali …

Ue’ Pinó e purtat’a chitarra ? Dai che Enzo ci’aspett’… Enzo Ciervo era il figlio del tappezziere che aveva una voce pazzesca , infatti il cantante del gruppo era lui , il gigante suonava la chitarra… arrivammo alle cosiddette grotte.

Pasquale Langella, editore e libraio di Port’Alba, esprime così il suo dispiacere: «Se ne va un pezzo di Napoli, la Napoli popolare quella bella, quella di una volta … eri il primo saluto della giornata lavorativa prima dell’arco di Port’Alba , eri quel sorriso che ti accoglieva all’entrata».

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Fonte : Fanpage