La Cig rigetta le obiezioni di Mosca, implicando che le accuse fatte dal capo del Cremlino di genocidio nel Donbass sono tutte da dimostrare. Eviterà però di esprimersi sull’uso della forza da parte russa. “Paradossalmente, sarà Kyiv a doversi discolpare”: l’intervista di Fanpage.it con il giurista Edoardo Greppi.
Intervista a Edoardo Greppi
docente di Diritto internazionale all’Università di Torino
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La Corte internazionale di giustizia (Cig) ha stabilito di aver giurisdizione sulla maggior parte del caso intentato dall’Ucraina contro la Russia per la brutale invasione del febbraio 2022, spiegando che le accuse di genocidio con cui i vertici politici di Mosca hanno giustificato l’invasione vanno verificate a fronte delle contestazioni di Kyiv.
Che però si vede rigettare la sua argomentazione più forte, che riguardava la presunta illiceità dell’uso della forza da parte dei russi alla luce della stessa Convenzione sul genocidio. “Era il punto più importante”, dice a Fanpage.it Edoardo Greppi, docente di diritto internazionale all’ Università di Torino. “Paradossalmente, adesso toccherà agli ucraini dimostrare che non hanno commesso crimini genocidari”.
Kyiv ha trascinato la Russia davanti alla Corte internazionale di giustizia solo pochi giorni dopo l’aggressione del 24 febbraio 2022. Nella narrativa con cui Vladimir Putin aveva giustificato la cosiddetta “operazione militare speciale” era centrale l’argomento secondo cui la popolazione russofona dell’Ucraina orientale era stata “sottoposta a bullismo e genocidio da parte del regime di Kiev”.
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L’Ucraina si era subito rivolta alla Cig, “negando categoricamente” ciò e sostenendo che le accuse genocidarie mosse dalla Russia come pretesto per l’invasione andavano contro la Convenzione sul genocidio del 1948, della quale entrambi glI Stati sono parte.
In una ordinanza preliminare del marzo 2022, la Cig aveva dato ragione all’Ucraina ordinando alla Russia di cessare immediatamente le ostilità. Che come ben sappiamo continuano tuttora. E la Russia si è opposta anche legalmente all’ordine cautelare impostole e rimasto solo teorico. Affermando che la Corte non ha giurisdizione sul caso, per una serie di motivi che sono stati tutti bocciati dai giudici dell’Aja. Ma l’Ucraina aveva anche dichiarato che l’uso della forza da parte della Russia con tali giustificazioni violava la Convenzione del 1948. E su questo la Cig ha affermato di non avere competenza.
La Corte ha inoltre dichiarato di non avere il potere di pronunciarsi su un altro punto sollevato dall’Ucraina, secondo cui il riconoscimento da parte di Mosca delle regioni separatiste di Lugansk e Donetsk ha violato la Convenzione.
Abbiamo letto il giudizio della Cig a caldo, appena emesso, col professor Greppi.
Edoardo Greppi, docente di Diritto internazionale all’Università di Torino
Professore, ha vinto l’Ucraina?
Solo in parte. È vero che le obiezioni della Russia sono state rigettate e che il procedimento continuerà. Ma c’è da chiedersi se Kyiv abbia fatto bene a ricorrere alla Cig invocando violazioni della convenzione sul genocidio.
Perché?
Perché ora la Corte ha cassato la richiesta più importante per gli ucraini, quella che va alle radici della guerra e che riguarda l’illiceità dell’invasione del 24 febbraio. Su questo non si esprimerà, come spiega ai punti 55 e 56 del giudizio.
Quindi non si esprimerà nemmeno sulla richiesta di riparazioni, che era parte dell’argomento presentato da Kyiv. Perché non può farlo?
Perché la liceità dell’uso della forza esula dalla Convenzione sul genocidio su cui si fonda questo caso. La pertinenza è limitata al solo genocidio. Il fatto è che la Convenzione sul genocidio è uno dei pochi trattati che ha una clausola compromissoria. Vale erga omnes. Significa che ogni Paese partecipante alla Convenzione può adire alla Corte per qualsiasi caso che riguarda presunte violazioni. Anche se non è la vittima. E anche se non è diretta parte in causa. Per l’Ucraina era il modo più immediato per portare la Russia di fronte alla Cig. È bastato addebitarle di aver usato l’accusa di genocidio a vanvera. E infatti su questa parte il caso andrà avanti. Ma là dove l’accusa diventava di illiceità dell’invasione, la Corte ha dovuto fermarsi.
Tecnicismi che rendono impossibile andare al cuore del problema.
Infatti. I ricorsi fondati sulla Convenzione del genocidio si prestano a un uso politico proprio per la clausola compromissoria che li rende tutto sommato facili di fare. Possono ricorrere, come dicevo, anche Stati completamente estranei ai fatti in questione. L’accusa di genocidio mossa a Israele per Gaza l’ha mossa il Sudafrica. E ci sono precedenti analoghi. È semplice trovare una pertinenza. E le motivazioni possono facilmente essere politiche.
L’Ucraina allo shock dell’invasione ha voluto rispondere subito. Non solo militarmente e diplomaticamente ma anche legalmente. È politica anche questa. E ha cercato la strada più facile…
Che però finisce per spostare il focus su questioni di lana caprina anziché sui fatti fondamentali. Il paradosso, adesso, è che quando la Corte dovrà giudicare sul merito starà probabilmente all’Ucraina dimostrare di non aver commesso crimini genocidari nel Donbass. Anche se è il paese aggredito, in questa guerra.
L’accusatore diventa l’inquisito?
Per questo dicevo che la decisione di fare questo ricorso è stata probabilmente affrettata, da parte di Kyiv.
La cosa vale anche per l’altra decisione recente della Cig, che mercoledì scorso, sempre su un ricorso dell’Ucraina che accusava Mosca di aver finanziato il terrorismo nel Donbass, ha quasi dato ragione alla Russia dicendo che ha solo fallito nell’investigare?
Anche qui si è andati a parare su questioni tecniche tutto sommato secondarie. L’uso politico dei ricorsi alla Cig finisce per non rispondere al nostro desiderio di giustizia. Il problema, anche in questo ricorso, doveva essere l’uso della forza. Non il finanziamento del terrorismo e la discriminazione di cui si è invece discusso. Ma il cuore della questione non è stato posto al centro del caso. Altrimenti probabilmente non ci sarebbe stato un caso.
Ma la Corte è davvero indipendente?
In teoria sì. I giudici giurano formalmente di esserlo. In pratica, spesso votano assecondando la politica dei loro Paesi di cittadinanza. Il vice-presidente della Cig Gevorgian è russo, per esempio. E nei due giudizi di cui abbiamo appena parlato ha sempre votato, su ogni punto, a favore delle istanze di Mosca.
Fonte : Fanpage