Chi mai avrebbe pensato che il blu di Prussia, colore tanto amato da Vincent Van Gogh, Marc Chagall e Pablo Picasso, avrebbe potuto aiutare l’Europa a vincere la partita dell’elettrico e delle batterie contro la Cina? L’8 gennaio la Commissione europea ha autorizzato la Germania a fornire un aiuto di stato pari a 902milioni di euro nei confronti dell’innovativa azienda svedese Northvolt per la costruzione di una fabbrica di batterie per veicoli elettrici.
La motivazione è rilevante, perché da Bruxelles fanno sapere che il sussidio serve a evitare che la promettente startup svedese vada a investire negli Stati Uniti, attratta dai ricchi crediti dell’Inflation reduction act, una possente iniezione di sussidi per l’industria voluta dal presidente Joe Biden. Sebbene la manifattura delle batterie sia ancora dominata dalla Cina, che controlla la raffinazione della maggior parte dei materiali di base come il litio, il cobalto, il nichel e il manganese, esistono materiali alternativi per fabbricare questi dispositivi, così fondamentali per la transizione verde.
L’annuncio di Northvolt
A fine novembre, però, Northvolt ha fatto un annuncio importante, facendo sapere di aver sviluppato una batteria agli ioni di sodio priva dei materiali in mano cinese. Le batterie al sodio sono strutturalmente simili a quelle agli ioni di litio, la tecnologia dominante, ma si differenziano soprattutto per il costo inferiore e per la minore densità (a parità di volume immagazzinano meno energia). Tuttavia, la dimensione e il peso della batteria sono caratteristiche cruciali se si parla di auto elettriche: per questo motivo le batteria al sodio – poco dense e quindi più grandi rispetto a quelle al litio – non hanno grande successo in questo ambito dell’automotive.
D’altra parte, per lo stoccaggio stazionario, come nei parchi eolici e fotovoltaici, le batterie al sodio risultano più efficienti, data la mancanza di restrizioni di spazio e l’interesse per soluzioni economiche (dato che il sodio ha un costo notevolmente inferiore al litio) e prestazioni affidabili anche a basse temperature (un punto debole delle batterie al litio). La tecnologia al sodio di Northvolt è infatti pensata per lo stoccaggio energetico, ma si differenzia dallo standard per due motivi. Innanzitutto perché ha una densità di 160 wattora al chilo, molto vicina a quella delle batterie al litio destinate allo storage (180 Wh/kg). E poi perché non contiene nichel, manganese e cobalto, com’è la norma. Al loro posto, utilizza un materiale chiamato bianco di Prussia, derivato dal più famoso blu di Prussia.
Il blu di Prussia per le batterie
Il blu di Prussia, noto anche come ferrocianuro ferrico, è un pigmento blu scuro utilizzato fin dal XVIII secolo per la colorazione dei tessuti e nella pittura. Oltre a queste applicazioni tradizionali, ha trovato impiego nella terapia del cancro, nel trattamento delle acque reflue e come materiale per le batterie agli ioni di sodio. Anche John Goodenough, il premio Nobel coinvolto nell’invenzione degli accumulatori al litio, aveva riconosciuto il potenziale di questo pigmento, ottenuto da una combinazione di ferro e cianuro, come un’alternativa più conveniente e performante rispetto alla triade di metalli comunemente usata nei catodi delle batterie, cioè nichel-manganese-cobalto. La struttura del blu di Prussia permette infatti una rapida intercalazione degli ioni di sodio, migliorando l’efficienza della batteria e prolungandone la durata.
Northvolt non utilizza direttamente il blu di Prussia, bensì un suo derivato: il bianco di Prussia, che contiene meno ferro e più sodio e ha una struttura più “spessa”, la quale generalmente comporta minore densità energetica ma maggiore capacità di potenza. La startup svedese sostiene di essere la prima a commercializzare batterie basate sul bianco di Prussia, definendole più sicure, convenienti e sostenibili delle chimiche tradizionali. Ma ci sono nel mondo altre aziende impegnate nello sviluppo del pigmento. Sempre in Svezia c’è Altris, che pure ha puntato sul bianco di Prussia. Negli Stati Uniti è attiva Natron Energy, che usa il blu di Prussia sia nel catodo che nell’anodo, promettendo tempi rapidissimi di carica/scarica e una lunga vita al dispositivo. La sua fabbrica si trova in Michigan, mentre la materia prima viene fornita dalla società chimica svizzera Arxada.
Fonte : Wired