Semaforo verde per Lisa. Lo Science Programme Committee dell’Agenzia spaziale europea (Esa) ha infatti appena ufficialmente rilasciato il suo go-ahead per l’avvio della missione, il cui nome è l’acronimo di Laser Interferometer Space Antenna: si tratta del primo progetto mai tentato di ricerca e rilevazione di onde gravitazionali direttamente dallo Spazio. Il go-ahead è un passo decisivo per il passaggio alla fase operativa della missione: con questa approvazione, sostanzialmente, l’agenzia spaziale riconosce che il concept e la tecnologia di Lisa sono sufficientemente avanzate e passa quindi alla fase successiva, quella della scelta degli appaltatori che dovranno materialmente costruire i veicoli e gli strumenti. L’inizio della costruzione è previsto per gennaio 2025, mentre il lancio dovrebbe avere luogo intorno alla metà del prossimo decennio. Alla missione, tra l’altro, parteciperà anche la Nasa in qualità di “partner collaborativo”. Cerchiamo di capire di cosa si tratta e come funzionerà.
Cosa sono le onde gravitazionali
Le onde gravitazionali sono una perturbazione dello spazio-tempo (il “tessuto” di cui è fatto l’Universo, secondo la teoria della relatività di Einstein) che si origina per effetto dell’accelerazione di uno o più corpi dotati di massa (due buchi neri o due stelle in rotazione, per esempio), si propaga alla velocità della luce e modifica localmente la geometria dello spazio e del tempo. La loro esistenza deriva direttamente dalle equazioni di campo della relatività generale, ed effettivamente lo stesso Einstein le aveva predette nel 1918, ma ci è voluto quasi un secolo prima di riuscire a osservarle e a certificare, in modo inconfutabile, che esistessero per davvero. Questo per almeno due motivi: il primo è che la forza di gravità è molto più debole delle altre forze fondamentali (elettromagnetica, nucleare forte e nucleare debole), anche se agisce su distanze molto più ampie, e quindi per avvertirne gli effetti è necessario avere un apparato di misura estremamente preciso e sensibile. Il secondo motivo è ancora più sottile: sostanzialmente, qualsiasi strumento si usi per cercare di misurare questa perturbazione dello spazio-tempo è esso stesso soggetto a quella perturbazione, un po’ come se volessimo cercare di misurare di quanto si è accorciata la gamba di un tavolo usando un metro che si sarebbe contemporaneamente accorciato anch’esso. Difficoltà che, come dicevamo, hanno differito di quasi un secolo l’osservazione sperimentale delle onde gravitazionali rispetto al momento della loro previsione teorica; ma alla fine ci siamo riusciti, utilizzando degli interferometri, apparecchiature in grado di misurare una minima discrepanza nel cammino percorso da due onde di luce: in questo modo è possibile capire se lo spazio-tempo si è distorto per effetto di un’onda gravitazionale, rallentando un raggio di luce rispetto all’altro.
Il momento Eureka (e i successivi)
Alle 11:50 del 14 settembre 2015 gli interferometri di Hanford e Livingstone, distanti migliaia di chilometri, hanno rilevato, contemporaneamente e con grande precisione, il segnale delle prime onde gravitazionali mai osservate dagli esseri umani, generate dallo scontro di due grandi buchi neri avvenuto circo un miliardo e mezzo di anni fa. I dati captati erano straordinariamente consistenti con quelli predetti dalle equazioni della relatività generale di Einstein: se alla traccia rilevata si sottrae quella delle onde gravitazionali, il segnale che resta è compatibile con il rumore statistico di sottofondo. A questa storica osservazione ne sono seguite molte altre: due anni dopo, per esempio, gli “occhi” degli interferometri Ligo, negli Stati Uniti, e Virgo, in Italia, e dei telescopi dell’osservatorio Eso, in Cile, hanno osservato un altro segnale di onde gravitazionali, generate però stavolta dalla collisione di due stelle di neutroni. In un certo senso, si è trattato di una scoperta ancora più importante, dal momento che, a differenza dei buchi neri (che non emettono nessuna radiazione – o quasi), le stelle di neutroni sono accompagnate dall’emissione di radiazione luminosa e di elementi pesanti, tra cui oro, platino e uranio: una miniera di dati che gli scienziati si sono catapultati ad analizzare e che stanno rivelando molti misteri dell’Universo.
Il futuro: cercare dallo Spazio
Quel che ancora manca, e che è proprio l’obiettivo di Lisa, è l’osservazione delle onde gravitazionali direttamente dallo Spazio. “Lisa è un’impresa mai tentata prima – ha spiegato Nora Lützgendorf, a capo del progetto per l’Esa – Usando raggi laser su distanze di diversi chilometri, ormai siamo in grado di rilevare, con gli strumenti a terra, le onde gravitazionali derivanti da eventi cosmici che coinvolgono oggetti della dimensione delle stelle – come esplosioni di supernova o collisioni di stelle ultra-dense o di buchi neri. Per allargare le nostre possibilità è necessario spostarci nello Spazio”. Lisa è composto da tre diversi veicoli, che saranno lanciati a bordo di un razzo Ariane 6, si disporranno in orbita formando un triangolo equilatero dai lati di due milioni e mezzo di chilometri, circa sei volte la distanza tra la Terra e la Luna, lungo i quali si “scambieranno” raggi laser. Ciascuno dei tre veicoli conterrà al suo interno una coppia di cubi in oro-platino (le cosiddette masse di test) che galleggeranno in una camera speciale. Il concetto è sempre lo stesso: le onde gravitazionali modificheranno in modo appena percettibile la distanza tra i cubi a bordo di ciascun veicolo, e i raggi laser impiegheranno dunque tempi leggermente diversi a percorrere i lati del triangolo. Quando gli strumenti rileveranno questa discrepanza vorrà dire che ci sarà stato il passaggio di un’onda gravitazionale. Per dare un’idea di quanto siano deboli le onde gravitazionali, e di quanto siano sensibili questi strumenti, basti pensare che il cambiamento delle distanze tra i cubi è dell’ordine di pochi miliardesimi di millimetro, a fronte dei due milioni e mezzo di chilometri percorsi dai laser. “In virtù del fatto che le distanze percorse dai raggi laser di Lisa sono molto maggiori di quelle percorse dai raggi laser negli interferometri terrestri – dice ancora Lützgendorf – e in virtù dell’impressionante stabilità della strumentazione, riusciremo a rilevare onde gravitazionali a frequenze molto più basse rispetto a quanto possibile a terra, il che ci darà la possibilità di studiare eventi su scale molto diverse”.
Fonte : Wired