Il piano per l’Africa di Meloni: “Belle parole, ma senza soldi e azioni concrete”

Giorgia Meloni ha finalmente presentato il Piano Mattei per l’Africa ispirato a Enrico, mitico fondatore dell’Eni, svelandone alcuni dettagli e contenuti. Fin dal suo discorso di insediamento la presidente del Consiglio ha auspicato un ruolo italiano più centrale nel Mediterraneo e nel continente africano, focalizzato su energia e migrazioni. Uno degli slogan più ricorrenti legato al Piano Mattei è stato il voler rendere l’Italia un ponte verso l’Europa come “hub energetico”. Ma durante l’ultima Conferenza Italia-Africa, Meloni ha anche parlato di cifre e progetti alimentando nuovi dubbi sulla consistenza del Piano Mattei, specie sulla parte finanziaria. Today.it ne ha parlato con Martina Nuti, Policy and Advocacy Manager di One Campaign, associazione fondata nel 2004 da Bono Vox degli U2 che si occupa di povertà, disuguaglianza, cambiamento climatico e malattie prevenibili.

Perché il Piano Mattei non c’è ancora

Con 46 capi di governo africani la Conferenza Italia-Africa ha avuto una massiccia partecipazione, ma c’erano anche organizzazioni internazionali, istituzioni finanziarie internazionali e banche multilaterali per lo sviluppo, oltre ai vertici dell’Unione europea. Il posizionamento di Meloni e dell’Italia ne esce rafforzato, anche considerata la presidenza italiana del G7, ma sull’effettiva consistenza del Piano i dubbi restano. 

“Abbiamo dialogato con Palazzo Chigi e la Farnesina, già novembre avevamo inviato le nostre raccomandazioni e dal discorso di insediamento di Meloni abbiamo monitorato la vicenda – dice a Today.it Martina Nuti di One Campaign – L’iniziativa politica c’è, ne siamo felici, ed è notevole che la conferenza Italia-Africa sia stata elevata a livello dei capi di Stato. Le parole sono state belle, ma mancano le azioni concrete e i fondi, che non sono nuovi”.

“La penna del Piano Mattei è sempre stata in mano a Giorgia Meloni”

C’è da dire che il governo non ha portato avanti un confronto pubblico nella stesura del Piano Mattei, neanche con i diretti interessati, come “denunciato” dal presidente della Commissione dell’Unione africana, Moussa Faki: “È mancata qualsiasi consultazione pubblica, siamo rimasti delusi. Non è stata consultata l’Unione africana, ma in realtà la Farnesina ci ha spiegato che il vertice sarebbe servito solo a presentare lo ‘scheletro’ del piano e spiegarne la prospettiva ai partner africani. Comunque, siamo riusciti ugualmente a dialogare con Farnesina e Palazzo Chigi. Di sicuro, la penna del piano è stata sempre in mano a Giorgia Meloni e le informazioni che filtravano all’esterno erano poche”, ha spiegato Nuti di One Campaign.

L’incognita dei fondi per il Piano Mattei e il rischio “etichetta”

Giorgia Meloni ha detto che il Piano Mattei “può contare su una dotazione iniziale di oltre 5,5 miliardi di euro tra crediti operazioni a dono e garanzie”. Buona parte di questi fondi, 3 miliardi di euro, verranno “dirottati” dal Fondo italiano per il clima. Gli altri 2,5 miliardi arriveranno invece della cooperazione allo sviluppo. Quindi si tratta di soldi già esistenti: al momento non c’è nessun nuovo stanziamento.

“Il Piano raccoglie sforzi finanziari esistenti: ad esempio i progetti finanziati con il Fondo italiano per il clima dovranno rispettarne le regole. Per gli altri 2,5 mld provenienti dalla cooperazione c’è il rischio che queste risorse vengano dirottate da altri progetti o che appartengano ad attività già previste: così il Piano Mattei sarebbe solo un etichetta per le normali attività di cooperazione”, fa notare Martina Nuti.

Ma come fare per aumentare le disponibilità economiche del Piano Mattei? Ci sono due strade, spiega l’esponente di One Campaign: “Vogliamo sottolineare che ci sono altri fondi disponibili, ad esempio provenienti dalla Banca mondiale o altre banche multilaterali di sviluppo. Ma sono istituzioni create negli anni ’70 e che rispondono lentamente alle crisi. Se i paesi riuscissero a mettere più riserve questi enti sarebbero in grado di esporsi più facilmente. Nel G7 l’Italia deve sottolineare queste esigenze: il ruolo di leadership italiano potrebbe essere cruciale per sbloccare nuove risorse. Milioni di persone stanno vivendo in condizioni peggiori: dopo un trend migliorativo, nel 2022 dieci paesi africani hanno visto diminuire gli standard di benessere. Bisogna agire ora”. 

L’altra strada è quella delle aziende partecipate dello Stato e del settore privato: “Speriamo che le partecipate dello Stato possano aumentare i fondi disponibili. In generale, è un bene che il settore privato sia presente in questi contesti, con la supervisione dello Stato.

In base a quanto visto sin qui, gli Youth ambassador di One Campaign hanno inviato delle “raccomandazioni” al governo italiano: 

  • Contrastare l’emergenza climatica, raddoppiando i finanziamenti per l’adattamento climatico e rendendo operativo il Fondo italiano per il Clima il prima possibile;
  •  Combattere le disuguaglianze, aumentando i finanziamenti per la cooperazione internazionale, modernizzando delle banche multilaterali di sviluppo e triplicando i prestiti e le sovvenzioni della Banca Mondiale entro il 2030;   
  • Investire nello sviluppo umano, mantenendo impegni ambiziosi per il rafforzamento dei sistemi sanitari globali attraverso la lotta alle malattie prevenibili;    
  • Riconoscere la diversità di voci, includendole ai tavoli decisionali;   
  • Sostenere la cooperazione internazionale, mantenendo la promessa di contribuire con lo 0,7% del proprio reddito nazionale lordo. 

Al G7 a presidenza italiana ne sapremo di più: il Piano Mattei potrebbe inziare davvero da lì.

Fonte : Today