“Fine della sua carriera”, Paola Cortellesi vittima di bufale truffa di un padre spirituale africano

Paola Cortellesi è l’ennesimo volto della Tv e del cinema a finire al centro di bufale in cui dà false informazioni su finte piattaforme di investimenti. Questa volta le fake news partono dal profilo Facebook di un padre spirituale del Kenya, probabilmente hackerato e rischiano di truffare centinaia di persone.

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Il nome di Paola Cortellesi è uno dei più presenti nel dibattito pubblico legato al cinema negli ultimi mesi in Italia. Sarà con buona probabilità proprio questa la ragione per la quale il suo volto è stato scelto per essere aggiunto alla lista dei molti personaggi del mondo dello spettacolo coinvolti nell’ormai nota truffa realizzata attraverso articoli falsi, bufale e video fake che circolano sui social network da mesi, in particolare su Facebook ma non solo.

Le bufale su Paola Cortellesi

Nelle ultime ore, come molti utenti della piattaforma social di Meta avranno notato, si è intensificato il numero di inserzioni relative alla regista e protagonista di C’è ancora domani, il film campione di incassi diventato un vero e proprio caso cinematografico degli ultimi mesi. Lo schema delle fake news legate alle sponsorizzazioni di piattaforme di investimenti che poi si rivelano essere scatole vuote, sostanziali truffe, resta sempre lo stesso. Come vi abbiamo raccontato in più occasioni nelle ultime settimane, la tipologia di post dai toni scandalistici recita frasi come “Non si è accorta che il suo microfono era acceso, queste sono le ultime parole e la fine della sua carriera”. Nel caso specifico queste frasi si accompagnano a foto di Paola Cortellesi prese da recenti interviste in Tv o, in alternativa, un fermo immagine dell’intervento all’università LUISS di Cortellesi sugli stereotipi sessisti nelle fiabe che ha fatto molto discutere nelle scorse settimane.

Come funziona la truffa

In generale, il senso di questi post è sempre un invito a cliccare sul link che porta a un finto articolo di testate rinomate e riconoscibili a livello nazionale, il più delle volte Repubblica, nel quale è riportata una conversazione tra la protagonista dell’articolo (in questo caso Cortellesi, ma pochi giorni fa vi avevamo parlato di Virginia Raffaele e prima ancora Alessia Marcuzzi, Chiara Ferragni e tanti altri) rilascia dichiarazioni sconcertanti e assolutamente inventate a Fabio Fazio nella trasmissione Che Tempo Che Fa. L’articolo è scritto con contenuti inventati di sana pianta, ma l’aspetto credibile della pagina può trarre in inganno molti lettori potenziali che, privi di strumenti e conoscenze, rischiano di affidarsi ai consigli di investimenti che Paola Cortellesi, in realtà, non ha mai dato. Cosa curiosa, una volta terminato il periodo di sponsorizzazione, i post in questione indirizzano gli utenti sulle vere homepage delle testate giornalistiche citate e taroccate in precedenza, rendendo ancora più sfuggente la fonte da cui parte l’operazione.

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Il profilo hackerato del padre spirituale del Kenya

Nelle scorse ore siamo riusciti a risalire a decine di campagne di sponsorizzazione che promuovono questi post fasulli e che partono da profili Facebook puntualmente hackerati, i cui proprietari, sono ignari. In passato era accaduto a profili dei personaggi più svariati, da un politico brasiliano a un’artista sudamericana, passando per un cantante statunitense e, addirittura, per la pagina ufficiale di un ministero greco. Questa volta la sorte ha toccato la pagina pubblica di un sedicente vescovo del Kenya, Pius Muiru, la cui pagina presumibilmente hackerata, è seguita da più di 120mila follower.

Le campagne di sponsorizzazione come sempre si concentrano in un tempo brevissimo, al massimo una giornata e, nel caso del profilo specifico sono iniziate a metà gennaio, prima prendendo di mira Chiara Ferragni (con gli identici post che speculavano sulla bufala della sua morte di cui vi avevamo parlato qui), con ogni probabilità per intercettare il caos della vicenda pandori ancora in corso, poi puntando proprio Paola Cortellesi. Il target delle campagne di sponsorizzazione, come abbiamo potuto verificare, è di fascia d’età medio alta, con una particolare capacità di intercettare pubblica nel segmento che va dai 40 ai 65 anni, a dimostrazione che queste campagne sono costruite per puntare a un pubblico potenzialmente meno pronto a fronteggiare truffe di questo tipo.

Il racconto di una vittima della truffa

Quello dell’incolpevole Pius Muiru è solo uno dei tanti profili da cui nelle scorse ore sono partiti post similari riferiti a Paola Cortellesi e la questione che segnaliamo da mesi resta: si tratta di post sponsorizzati che sfuggono al controllo di Facebook ma per i quali la piattaforma, di fatto, incamera denaro, aprendo un varco affinché delle persone ignare vengano truffate, esattamene come successo alla persona che settimane fa ce lo aveva raccontato in questa intervista. Fino a questo momento da Meta sono arrivati pochi segnali, se non l’intento di alzare il livello di attenzione dei controlli, cosa che apparentemente non sembra accaduta, stando alla quantità di casi che si continuano a riscontrare.

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Fonte : Fanpage