Il messaggio del pontefice per il tempo forte verso la Pasqua che si apre il 14 febbraio. “Anche oggi siamo schiavi di un modello di crescita che ci divide e ci ruba il futuro, portandoci a brancolare nelle diseguaglianze e nei conflitti”. Ma “Dio non si è stancato di noi: non cvi vuole sudditi ma figli”. La sfida di una dimensione anche comunitaria nel cammino di conversione.
Città del Vaticano (AsiaNews) – La Quaresima come un tempo per riappropriarsi della propria libertà. È l’invito che papa Francesco rivolge ai fedeli di tutto il mondo nel suo messaggio per il cammino verso la Pasqua, che si apre quest’anno il 14 febbraio, mercoledì delle Ceneri. “Attraverso il deserto Dio ci guida alla libertà” il tema suggerito dal pontefice nel testo, presentato oggi in una conferenza stampa in Vaticano.
Papa Francesco prende le mosse dalla rivelazione di Dio che nell’Esodo, consegnando a Mosé il Decalogo, si presenta con parole che mettono al centro la chiamata alla libertà, dicendo: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile” (Es 20,2). La definisce “una chiamata vigorosa”, che “non si esaurisce in un singolo evento, perché matura in un cammino” “E come Israele nel deserto ha ancora il rimpianto dell’Egitto – aggiunge – “così anche oggi il popolo di Dio porta in sé dei legami oppressivi che deve scegliere di abbandonare”. Altrimenti “ci manca la speranza e vaghiamo nella vita come in una landa desolata, senza una terra promessa verso cui tendere insieme”.
La Quaresima, dunque, come esodo dalle schiavitù in un cammino che non è affatto astratto. Perché il suo primo passo – annota Francesco – è “voler vedere la realtà. Anche oggi il grido di tanti fratelli e sorelle oppressi arriva al cielo. Chiediamoci: arriva anche a noi? Ci scuote? Ci commuove? Molti fattori ci allontanano gli uni dagli altri, negando la fraternità che originariamente ci lega”.
Dobbiamo riconoscere – prosegue – che “ancora oggi siamo sotto il dominio del Faraone. È un dominio che ci rende esausti e insensibili. È un modello di crescita che ci divide e ci ruba il futuro. La terra, l’aria e l’acqua ne sono inquinate, ma anche le anime ne vengono contaminate. Infatti, sebbene col battesimo la nostra liberazione sia iniziata, rimane in noi una inspiegabile nostalgia della schiavitù. È come un’attrazione verso la sicurezza delle cose già viste, a discapito della libertà”.
A questo proposito il papa sottolinea come nell’Esodo sia Dio a “vedere, a commuoversi e a liberare, non è Israele a chiederlo”. Perché “il Faraone spegne anche i sogni, ruba il cielo, fa sembrare immodificabile un mondo in cui la dignità è calpestata e i legami autentici sono negati. Riesce, cioè, a legare a sé”. Di qui l’invito a chiedersi: “desidero un mondo nuovo? Sono disposto a uscire dai compromessi col vecchio? La testimonianza di molti fratelli vescovi e di un gran numero di operatori di pace e di giustizia – continua Francesco – mi convince sempre più che a dover essere denunciato è un deficit di speranza. Si tratta di un impedimento a sognare, di un grido muto che giunge fino al cielo e commuove il cuore di Dio. Somiglia a quella nostalgia della schiavitù che paralizza Israele nel deserto, impedendogli di avanzare”. E questo porta il nostro esodo verso la libertà a interrompersi: “non si spiegherebbe altrimenti – osserva ancora il pontefice – come mai un’umanità giunta alla soglia della fraternità universale e a livelli di sviluppo scientifico, tecnico, culturale, giuridico in grado di garantire a tutti la dignità brancoli nel buio delle diseguaglianze e dei conflitti”.
Ma “Dio non si è stancato di noi” e la Quaresima è il tempo per ascoltare di nuovo la sua Parola. “Per quaranta giorni – spiega Francesco – Egli sarà davanti a noi e con noi: è il Figlio incarnato. A differenza del Faraone, Dio non vuole sudditi, ma figli. Il deserto è lo spazio in cui la nostra libertà può maturare in una personale decisione di non ricadere schiava”.
In questo percorso l’insidia ancora più temibile del Faraone sono gli idoli: “Potere tutto, essere riconosciuti da tutti, avere la meglio su tutti: ogni essere umano avverte la seduzione di questa menzogna dentro di sé – ammonisce il papa -. È una vecchia strada. Possiamo attaccarci così al denaro, a certi progetti, idee, obiettivi, alla nostra posizione, a una tradizione, persino ad alcune persone. Invece di muoverci, ci paralizzeranno. Invece di farci incontrare, ci contrapporranno”.
Ecco allora l’invito a mettersi – al contrario – alla scuola dei “poveri di spirito, silenziosa forza di bene che cura e sostiene il mondo”. Imparare da loro che “non avere altri dèi è fermarsi alla presenza di Dio, presso la carne del prossimo. Per questo preghiera, elemosina e digiuno non sono tre esercizi indipendenti, ma un unico movimento di apertura, di svuotamento: fuori gli idoli che ci appesantiscono, via gli attaccamenti che ci imprigionano. Allora il cuore atrofizzato e isolato si risveglierà”.
Il messaggio si conclude con un invito a non fermarsi alla sola dimensione personale della Quaresima: “La forma sinodale della Chiesa, che in questi anni stiamo riscoprendo e coltivando – scrive Francesco – suggerisce che la Quaresima sia anche tempo di decisioni comunitarie, di piccole e grandi scelte controcorrente, capaci di modificare la quotidianità delle persone e la vita di un quartiere: le abitudini negli acquisti, la cura del creato, l’inclusione di chi non è visto o è disprezzato. Invito ogni comunità cristiana a fare questo: offrire ai propri fedeli momenti in cui ripensare gli stili di vita; darsi il tempo per verificare la propria presenza nel territorio e il contributo a renderlo migliore”.
Fonte : Asia