Scritto con la collaborazione del giornalista Paolo Crespi e pubblicato da Baldini + Castoldi, un prezioso e divertente memoir. Dal sodalizio con Renato Pozzetto al cinema, dal teatro la televisione, il ritratto di un artista unico e mai banale
Come è bella La versione di Cochi. E come avere l’ombrella che ti ripara la testa. Sembra un giorno di festa. Pagina dopo pagina l’autobiografia di Aurelio Ponzoni, vergata in collaborazione con il talentuoso giornalista Paolo Crespi e pubblicata da Baldini + Castoldi si si palesa parimenti a una perpetua ricreazione. Uno straordinario viaggio nel tempo e nello spazio, così lontano, eppure così vicino.
Tra Renato Pozzetto,eNZO JANNACCI E Il Derby Club
Ça va sans dire, sono trascorsi eoni dalle notti consumate al mitico Derby Club, attivo tra il 1959 e il 1985., Sul palco si alternavano oltre a Cochi, insieme a Renato (Pozzetto obviously), Enzo Jannacci e l’eccellenza della vis comica. Ai tavoli Mina, Giorgio Strehler, schidionate di cumenda con l’amante d’ordinanza al seguito e pure qualche esponente della Milano per male, gente del calibro 9 di Renato Vallanzasca o Francis Turatello. Tuttavia, la commedia umana vissuta e interpretata da questo artista unico “con i suoi occhi dal clown triste ma pronto a bacchettare” per citare le parole di Moni Ovadia, risulta sempre attuale. Perché saltimbanchi si nasce, si diventa, si muore e poi si resuscita. L’arte, quella vera non ha età, né data di scadenza, soprattutto se parla ogni con la grazia e lo stile, l’ironia di un protagonista poliedrico mai scontato, Sessant’anni di spettacolo, sessant’anni di teatro, cabaret, cinema, tv, sessant’anni nell’immaginario degli italiani che questo volume ci restituisce in una sorta di sussidiario illustrato (nel libro ci sono alcune foto splendide) da leggere e rileggere. Insomma: “Bambini presenti, assenti, attenti”, il maestro Cochi è in classe. E quanta classe ha.
Cochi e Renato, dal cabaret alla tv
In esergo si manifesta una dedica alle figlie e all’amata moglie Nora, un verso di Prevért e una citazione tratta da L’Ulisse di Joyce. Gran finale con una lettera aperta all’Accademia della Crusca (nata dall’inserimento del vocabolario dell’aggettivo “Petaloso”) e un atto unico dedicato all’imprenditore Robert Klark Graham, fondatore del Repository for Germinal Choice, più prosaicamente noto come la banca del seme dei Nobel. Un inizio e una fine che dimostrano tutta la sorprendente genialità di questo preziosissimo memoir. In mezzo un’epifania travolgente emozionante di ricordi, aneddoti, gioie, dolori frizzi, lazzi, spizzichi, bocconi, ricchi premi e cotillon. I rumori degli scarponi chiodati dei militari sul selciato (ricordiamoci che Cochi è nato a Milano l’11 marzo del 1941) sfumano nelle note di El Portafoeui e di Ho soffritto per te, le prime canzoni cantate insieme a Renato nelle relativamente splendida cornice del Cab 64, locale meneghino in Zona porta Romana. Sono i tempi scanditi dal Gruppo Motore, che oltre a Ponzoni e Pozzetto, annovera Enzo Jannacci, Felice Andreasi, Lino Toffolo, Bruno Lauzi. Capitolo, capitolo, si dipana pure l’epopea televisiva del dinamico duo che parte con Quelli della domenica (1968) e arriva Canzonissima (1974) ), passando per È domenica, ma senza impegno (1969), Il buono e il cattivo (1972) e Il poeta e il contadino (1973) E dove arriva se parte, La versione di Cochi lo spiega con dovizia di gustosi particolari. Si comprende, quindi perché i titoli di coda dello straordinario documentario Jannacci- Vengo Anch’io, diretto da Giorgio Verdelli inizino proprio con il primo piano di Aurelio Ponzoni
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Cochi e il Cinema, tra Strurmtruppen, Dino Risi e Alberto Sordi
Il libro rappresenta pure una ghiotta occasione per (ri)scoprire la carriera cinematografica di Cochi. Su suggerimento di Paolo Villaggio Ponzoni legge Il Maestro e Margherita e si innamora della prosa di Michail Afanas’evič Bulgakov e divora tutti i suoi romanzi. Successivamente, come per telepatia, una mattina squilla il telefono. È il regista Alberto Lattuada che esordisce così “Senta Ponzoni, sto allestendo il cast di Cuore di Cane e ho pensato a lei come protagonista”. Grazie anche un cast che annovera il bergmaniano Max Von Sydow, Mario Adorf, Eleonora Giorgia e una giovanissima Ilona Staller, il film che segna il debutto sul grande schermo di Cochi, è un’opera notevole che non ebbe all’epoca il successo che avrebbe meritato. Parimenti a Telefoni bianchi di Dino Risi, pellicola ingiustamente considerata minore, interpretata da Agostina Belli, Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi. Da segnalare il mitico Sturmtruppen, geniale trasposizione cinematografica delle strisce a fumetti create da Bonvi. Cochi (autore dello script, insieme a Pozzetto) è un generale nazista che vive insieme a un pupazzo a grandezza naturale raffigurante Karl Marx. E sui versi dadaisti compositi da Jannacci (“Quando l’uccellino caderà/Film di propaganda e ciripà/Canto, fo il cantante, però canto/Solamente per amore!”). la pellicola è un Helzapoppin della comicità surreale e nonsense. C’è spazio pure per scoprire la festa principesca che ha ispirato il primo, esilarante episodio del film collettivo Io tigro, tu tigri, egli tigra e per l’incontro con Alberto Sordi in Il comune senso del pudore e pi in Il Marchese del Grillo.
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Tra la rivelazione su cosa contenga la scatoletta di Latta creata dall’artista Piero Manzoni e le tournee teatrali con Ugo Gregoretti, Paolo Rossi, Adriana Asti e altri Titani del palcoscenico, La versione di Cochi è una lettura piacevolissima e graficante, parimenti a un daiquiri ghiacciato in una giornata assolata. Ci si perde volentieri tra le pieghe della carriera di un artista che è stato tra i fondatori dell’associazione Separati e Divorziati nel 979 e che negli anni 2000, per conto della Rai ha viaggiato in Argentina e in Paraguay alla ricerca di gerarchi nazisti sfuggiti al processo di Norimberga Perché è davvero bella la Versione di Cochi. Come la vita, quando è vissuta davvero.
Fonte : Sky Tg24