Tutto quello che sappiamo (finora) sul Piano Mattei, dopo il summit con i Paesi africani presieduto a Roma da Giorgia Meloni: vediamo quindi quali sono i progetti in cantiere e le risorse con cui il governo intende finanziarli.
Fin dal suo arrivo a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni ha spesso parlato del Piano Mattei per l’Africa, specialmente in relazione alle politiche migratorie del suo governo, ma non solo. Per la leader di Fratelli d’Italia questo progetto – un omaggio, nel nome, al fondatore di Eni Enrico Mattei – dovrebbe essere simbolo di un nuovo paradigma di cooperazione con le regioni in via di sviluppo, sull’onda di una “collaborazione paritaria e no predatoria“. Sono definizioni che Meloni ha spesso utilizzato per descrivere il Piano Mattei – fin dalla campagna elettorale, infatti il Piano era inserito nel programma di Fratelli d’Italia – e che ha ribadito durante i lavori del summit Italia-Africa, che si è tenuto a Roma tra il 28 e il 29 gennaio 2024. Per ora, però, queste affermazioni rimangono più che altro annunci: il vertice con i leader del continente africano è stato senz’altro un primo passo verso il rafforzamento dei rapporti diplomatici ed economici tra le due sponde del Mediterraneo, ma i dettagli di questo piano ancora non sono stati resi noti e le risorse stanziate finora – circa cinque miliardi e mezzo di euro – non sono che quelle prese da fondi già esistenti.
Cos’è il Piano Mattei e perché si chiama così
Come abbiamo detto, il nome è un omaggio al fondatore dell’Eni, Erico Mattei. Nel suo discorso in apertura al vertice con i Paesi africani, Meloni ha annunciato che l’Italia ha l’ambizione di diventare “un ponte tra l’Africa e l’Europa“, per poi sottolineare che questo ponte non dovrà essere costruito da zero, ma dovrà partire “dalle solide fondamenta che, molto tempo fa, un grande italiano come Enrico Mattei, fondatore di ENI, ha avuto la lungimiranza di saper immaginare“.
Meloni ha quindi proseguito ribadendo che il Piano Mattei deve essere “una pagina nuova nella storia delle nostre relazioni” e l’esempio di “una cooperazione da pari a pari, lontana da qualsiasi tentazione predatoria, ma anche da quell’impostazione “caritatevole” nell’approccio con l’Africa che mal si concilia con le sue straordinarie potenzialità di sviluppo“.
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E ancora:
Vogliamo fare la nostra parte e abbiamo così deciso di avviare un ambizioso programma di interventi che sia capace di aiutare il Continente a crescere e prosperare partendo dalle sue immense risorse.
Tutto questo è l’ossatura del progetto strategico italiano che chiamiamo Piano Mattei per l’Africa. Un piano concreto di interventi strategici, concentrato su poche, fondamentali, priorità di medio e lungo periodo, perché occorre dire basta anche alla logica delle risorse spese in miriadi di micro interventi che non producono risultati significativi.
Cosa prevede il Piano Mattei: le cinque priorità di intervento
Sempre nel discorso pronunciato durante il summit Italia-Africa, Meloni ha spiegato che nel Piano Mattei saranno indicate cinque priorità di intervento:
- istruzione e formazione;
- salute;
- agricoltura;
- acqua;
- energia.
La presidente del Consiglio ha anche precisato che le attività in questi ambiti inizieranno in alcuni Paesi africani “nel quadrante subsahariano e in quello nordafricano, con l’obiettivo di estendere progressivamente questa iniziativa seguendo una logica incrementale“.
I progetti in cantiere
Per poi elencare una serie di progetti che il suo governo vuole sostenere, appunto, in questi Paesi africani o che ha già avviato negli ultimi anni: ha parlato di un “grande centro di eccellenza per la formazione professionale sul tema delle energie rinnovabili” in Marocco, di un progetto per “migliorare l’accessibilità e la qualità dei servizi primari” in Costa d’Avorio, di un’iniziativa per il”monitoraggio satellitare sull’agricoltura” in Algeria e di “un centro agroalimentare che valorizzi le eccellenze e le esportazioni dei prodotti locali” in Mozambico.
E ancora, il governo prevede di “sostenere la produzione di grano, soia, mais e girasole con investimenti in macchinari, sementi, tecnologie e nuovi metodi di coltivazione” in Egitto. Meloni ha anche parlato della “costruzione di pozzi e reti di distribuzione dell’acqua soprattutto a fini agricoli, alimentati esclusivamente da energia rinnovabile” nella Repubblica del Congo e di “interventi di risanamento delle acque anche attraverso la formazione e il sostegno tecnico alle università locali“, in Etiopia.
Giorgia Meloni insieme al presidente dell’Unione africana, Moussa Faki Mahamat
La questione migratoria
Nel suo discorso al vertice di Roma, Meloni ha anche sottolineato come un altro obiettivo del Piano sia quello di governare meglio i flussi migratori, creando opportunità economiche per quelle persone che lasciano il proprio Paese spinte dalla mancanza di lavoro e di prospettive.
Un Piano di interventi con il quale vogliamo dare il nostro contributo a liberare le energie africane, anche per garantire alle giovani generazioni un diritto che finora è stato negato, perché qui in Europa noi abbiamo parlato spesso del diritto a emigrare, ma non abbiamo parlato quasi mai di come garantire il diritto a non dover essere costretti a emigrare, e a non dover così recidere le proprie radici, in cerca di una vita migliore sempre più difficile da raggiungere in Europa.
L’immigrazione illegale di massa non sarà mai fermata, i trafficanti di vite umane non saranno mai sconfitti, se non si affrontano a monte le cause che spingono una persona ad abbandonare la propria casa. È esattamente quello che intendiamo fare, da una parte dichiarando guerra agli schiavisti del Terzo millennio e dall’altra lavorando per offrire ai popoli africani un’alternativa fatta di opportunità, lavoro, formazione e percorsi di migrazione legale.
In un documento pubblicato lo scorso settembre, in occasione del primo anno di governo Meloni, il Piano Mattei veniva inserito tra i risultati ottenuti finora in linea con il programma dell’esecutivo. In particolare si sottolineava che fosse “in corso di definizione un articolato piano di cooperazione internazionale al fine di rilanciare l’Italia quale hub energetico nel Mediterraneo“, sempre “mediante investimenti non predatori e una collaborazione reciprocamente vantaggiosa con i Paesi africani“: non solo, si sottolineava anche come in tal modo si intendesse “governare anche il fenomeno dell’immigrazione, con un approccio incentrato sul rispetto della dignità umana e sul diritto a non dover emigrare“.
Quanto vale il Piano Mattei per l’Africa e quali sono le risorse a disposizione
Quindi, ricapitolando: Meloni ha elencato i progetti che intende mettere in cantiere come parte del Piano e la visione di base su cui costruire questo progetto, l’idea di cooperazione “non predatoria” e quella del “diritto a non emigrare”. Ma le risorse economiche?
Il governo non ha stanziato nuovi fondi per il Piano Mattei, ma è andato a prendere cinque miliardi e mezzo di euro da quelli già esistenti: circa tre miliardi e mezzo arriveranno dal Fondo italiano per il clima mentre gli altri due miliardi e mezzo verranno dalle risorse a disposizione per la cooperazione allo sviluppo.
Il Piano Mattei risponde anche a questa esigenza e può contare su una dotazione iniziale di oltre 5,5 miliardi di euro tra crediti, operazioni a dono e garanzie, dei quali circa 3 miliardi verranno destinati dal Fondo italiano per il clima, e circa due miliardi e mezzo dalle risorse della cooperazione allo sviluppo.
Certo non basta, per questo vogliamo coinvolgere le Istituzioni finanziarie internazionali, le Banche Multilaterali di Sviluppo, l’Unione Europea e altri Stati donatori, che già hanno dichiarato la loro disponibilità a sostenere progetti comuni. Così come abbiamo intenzione di creare entro l’anno un nuovo strumento finanziario, assieme a Cassa Depositi e Prestiti, per agevolare gli investimenti del settore privato nei progetti del Piano Mattei.
Il Fondo italiano per il clima
Si tratta di fondi e voci di spesa già esistenti. Il Fondo italiano per il clima è stato istituito a fine 2021 con l’ultima legge di Bilancio del governo Draghi per finanziare i progetti di adattamento al cambiamento climatico nei Paesi in via di sviluppo, un’iniziativa parte degli accordi internazionali su clima e ambiente presi dal nostro Paese.
Il ministero degli Esteri specifica che il Fondo per il clima ha a disposizione “una dotazione di 840 milioni di euro annui dal 2022 al 2026, e di 40 milioni di euro annui dal 2027 in poi“. Fino al 2026, quindi, questo fondo avrà a disposizione 4,2 miliardi di euro, di cui la maggior parte confluirà nel Piano Mattei.
La cooperazione allo sviluppo
La cooperazione allo sviluppo raggruppa invece diverse iniziative per contrastare la povertà nel Sud del mondo e tutelare il diritto umanitario nelle regioni meno sviluppate. L’ultima legge di Bilancio del governo Meloni, quella per il 2024, secondo i calcoli di Openpolis ha stanziato 6,5 miliardi di euro per la cooperazione allo sviluppo, da cui appunto ora se ne vorrebbero recuperare 2,5 per il Piano Mattei. Le somme a disposizione per la cooperazione internazionale sono aumentate negli ultimi tre anni, anche se continuano a essere distanti dall’obiettivo posto dall’Ocse dello 0,7% del Reddito nazionale lordo di ogni Paese. Insomma, per riassumere: negli ultimi anni l’Italia ha destinato maggiori risorse alla cooperazione allo sviluppo, ma spende meno di quanto dovrebbe fare secondo gli accordi presi a livello internazionale.
Il disegno di legge sul Piano Mattei
Guardando quindi ai progetti in cantiere e alle risorse a disposizione, il Piano Mattei appare come un contenitore in cui far confluire iniziative già avviate – o comunque contemplate – e fondi ricavati da voci di spesa già esistenti. In altre parole, coordinare gli obiettivi di sviluppo nel continente africano, curando nel frattempo gli interessi energetici del nostro Paese.
Per ora, al di là delle dichiarazioni di Meloni, l’unico provvedimento concreto è il disegno di legge approvato in Senato a gennaio 2024, che però non contiene nel dettaglio progetti e risorse, ma definisce la cornice infrastrutturale del Piano – tra cabina di regia e struttura di missione, entrambe istituite presso la Presidenza del Consiglio – e assegna al governo il compito di adottare appunto un piano di quattro anni, rinnovabili.
Fonte : Fanpage