Perché l’economia della Russia cresce più del previsto

Nel 2024 l’economia russa crescerà del 2,6%, secondo il Fondo monetario internazionale (Fmi). Una crescita decisamente più alta di quanto previsto in precedenza dallo stesso istituto, e maggiore di quelle di Usa e Eurozona. 

Le stime del Fmi rilanciano inevitabilmente i dubbi sull’efficacia delle sanzioni occidentali contro Mosca. E sono tutta acqua al mulino di Vladimir Putin, che usa questi dati per alimentare la sua propaganda. Ma come sostengono diversi economisti e la Commissione europea, la resilienza dell’economia russa nel breve termine potrebbe essere un fuoco di paglia. Pierre-Olivier Gourinchas, capo economista del Fmi, ha avvertito che a lungo termine la crescita potenziale di Mosca “sarà probabilmente inferiore rispetto a prima dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina quasi due anni fa”, scrive il quotidiano britannico Financial times.

 

Questo tipo di previsioni si basano sulle ragioni stesse del successo apparente della strategia di Putin. Quella russa è un’economia di guerra. La crescita del Pil nel 2024 è dovuta principalmente agli investimenti massicci in armi e mezzi militari. “Abbiamo aumentato di 50 volte la produzione di munizioni per armi da fuoco e sistemi missilistici multi-lancio”, ha detto Sergei Chemezov, presidente della Rostec, una società statale russa impegnata nel settore della difesa, nel corso di un incontro con Putin al Cremlino. E così come la Rostec, altre aziende produttrici di munizioni e droni russe hanno visto ingigantire gli ordini. “Ma costruire cose affinché vengano distrutte sul campo di battaglia non è la strada verso il successo economico”, scrive Tim Lister sul sito dell’emittente statunitense Cnn.

Per alimentare lo sforzo bellico, la Russia sta facendo affidamento sulle sue esportazioni di petrolio e sulle importazioni di beni di duplice uso (civile e militare) dall’estero. In entrambi i casi, Mosca sta sfruttando le lacune delle sanzioni occidentali e i rapporti con Paesi come la Cina. I tentativi di Usa e Europa di colpire gli introiti garantiti dal greggio si stanno scontrando con la flotta fantasma di petroliere che solcano i mari del globo. E lo stesso vale per le tecnologie che arrivano in Russia attraverso le triangolazioni con Paesi terzi non allineati alle sanzioni occidentali (e spesso partendo dai magazzini di aziende occidentali).

Tutto questo, però, comporta un prezzo che Mosca potrebbe pagare più avanti. Innanzitutto, l’eccessivo spostamento di risorse sulla difesa sta lasciando a secco settori come l’istruzione e la sanità. C’è poi il ritardo tecnologico che la Russia starebbe accumulando. Secondo la Banca di Finlandia, la crescita economica russa proviene da “filiere relativamente a bassa tecnologia come la produzione di metalli lavorati, dove la Russia è meno dipendente dalle importazioni e quindi meno colpita dalle sanzioni occidentali”. Ma ciò a lungo andare priva il Paese dello sviluppo di settori “che tipicamente costituiscono la spina dorsale delle economie avanzate per garantire una crescita a lungo termine”. E alimenta inoltre  problemi come la carenza di manodopera e l’inflazione.

C’è poi la questione delle entrate. L’Agenzia internazionale per l’energia ha previsto che le esportazioni russe di petrolio e gas potrebbero diminuire dal 40% al 50% nei prossimi sette anni, poiché gli impianti diventeranno vetusti e mancheranno componenti fondamentali per le manutenzioni che fino a prima delle guerra arrivavano dall’estero. Inoltre, l’eccessiva dipendenza dalla Cina, da cui arrivano oggi metà delle importazioni, potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio se Pechino dovesse rivedere i suoi rapporti commerciali con Mosca per non subire contraccolpi in quelli con l’Occidente.

La Commissione europea è sicura che tutti questi nodi verranno prima o poi al pettine: le sanzioni, si legge un rapporto pubblicato a metà 2023, “hanno un impatto strutturale a lungo termine sul bilancio, sui mercati finanziari, sugli investimenti esteri e sulla base industriale e tecnologica della Russia”. Ma non è solo Bruxelles a pensarlo. Anche a Mosca stessa c’è chi suona l’allarme. “Se provi a guidare più velocemente di quanto consentito dal design dell’auto e premi l’acceleratore più forte che puoi, prima o poi il motore si surriscalderà e non andremo lontano”, ha avvertito di recente la governatrice della banca centrale russa Elvira Nabiullina.

Fonte : Today