Forme di demenza come il morbo di Alzheimer potrebbero essere “trasmissibili”, ma non contagiose. Possono essere trasmesse da un cervello a un altro. A dimostrarlo per la prima volta uno studio, condotto da un team dell’University College London (UCL) e dell’University College London Hospitals NHS Foundation Trust (UCLH), su un gruppo di pazienti, sottoposti a una terapia medica negli anni ’80, che hanno sviluppato la demenza durante la mezza età. Responsabile sarebbe il trapianto dell’ormone della crescita, donato da persone decedute, che avrebbe consentito la trasmissione di “proteine tossiche” nei pazienti, che hanno, molti anni dopo, sviluppato l’Alzheimer. Sebbene la procedura medica non sia più in uso da diversi anni, i risultati di questo studio potrebbero aiutare a comprendere meglio la progressione dell’Alzheimer e tracciare la strada allo sviluppo di nuove terapie. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Nature Medicine.
Il trapianto dell’ormone della crescita
L’ormone della crescita, noto come Growth Hormone (GH), è una proteina prodotta dall’ipofisi (una piccola ghiandola alla base del cervello) che regola la crescita e il metabolismo dell’organismo. Per trattare la bassa statura è stata sviluppata una procedura medica che prevede il trapianto di questo ormone ricavato dal cervello di persone defunte (c-hGH) per somministrarlo nei pazienti durante l’infanzia. Una metodica utilizzata tra il 1959 e il 1985 e poi interrotta perché considerata dannosa. Negli anni ’80 è stato infatti scoperto che il farmaco ormonale poteva scatenare il morbo di Creutzfeldt-Jakob, una malattia che colpisce il cervello umano ed è causata da “proteine mal ripiegate” (prioni patogeni), trasmessi in questo caso dal donatore al ricevente.
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Il ruolo dei prioni
I prioni non sono virus né batteri né parassiti, pur essendo agenti infettivi capaci di causare gravi malattie. Sono proteine mal ripiegate (alterate) in grado di diffondersi e danneggiare il cervello trasmettendo la propria forma mal ripiegata a varianti normali della stessa proteina. Sono pertanto responsabili di malattie cerebrali degenerative, progressive, mortali e incurabili, sebbene queste si manifestino sporadicamente, senza una causa evidente. Epidemie di malattie da prioni si sono verificate, ad esempio, quando la materia cerebrale contaminata è stata “trasmessa” attraverso l’alimentazione: pensiamo al kuru (una malattia causata da pratiche funerarie rituali di cannibalismo tra le popolazioni Fore della Papua Nuova Guinea) o ai casi di Creutzfeldt-Jakob dovuta all’assunzione di carne contaminata proveniente da animali con il morbo della mucca pazza.
Il legame tra il farmaco e l’Alzheimer
Una ricerca condotta sui topi nel 2018 dagli stessi ricercatori inglesi avevano portato loro a scoprire che il farmaco ormonale (c-hGH) conteneva proteine beta-amiloide (coinvolte nell’Alzheimer) e, quando veniva iniettato nei topi, portava ad un loro accumulo nel tessuto cerebrale causando la perdita di neuroni e di tessuto cerebrale negli animali. In pratica la proteina beta-amiloide, secondo i ricercatori, agirebbe come un prione patogeno portando all’accumulo di depositi proteici che danneggiano cervello. Questa scoperta li ha spinti ad indagare sulla possibilità che il farmaco possa causare l’Alzheimer nei pazienti riceventi.
Lo studio
Nel nuovo studio i ricercatori hanno esaminato 8 pazienti dei 1848 trattati nel Regno Unito con il farmaco ormonale (c-hGH), e scoperto che cinque di loro avevano sviluppato segni di demenza ad esordio precoce, tra i 38 e i 55 anni. Due erano morti durante lo studio. Delle restanti tre persone, una presentava sintomi di lieve deterioramento cognitivo, un’altra presentava possibili sintomi di neurodegenerazione e una non mostrava sintomi comportamentali dell’Alzheimer. Attraverso una successiva analisi post-mortem di pazienti deceduti, hanno poi riscontrato un accumulo di proteina beta amiloide nel cervello, un segno distintivo della malattia di Alzheimer, sebbene non avessero una predisposizione genetica. E poiché i pazienti colpiti erano molto giovani quando hanno iniziato a mostrare i sintomi, hanno ipotizzato che le proteine legate all’Alzheimer siano state ‘seminate’ nel cervello dei pazienti trattati quando erano bambini attraverso il materiale prelevato dai cadaveri, portandoli a sviluppare l’Alzheimer nella mezza età.
L’Alzheimer è una malattia “trasmissibile”
I risultati di questo studio suggeriscono dunque che l’Alzheimer è una malattia trasmissibile ma non contagiosa (come un virus influenzale ad esempio). “La trasmissione – ha precisato il prof. di neuropatologia Seth Love – probabilmente richiede il contatto diretto con il cervello o la presenza di forme patogene circolanti delle proteine nel sangue”. “Pertanto – ha sottolineato il prof. John Collinge, autore principale del nuovo studio e direttore dell’Istituto delle malattie da prioni dell’UCL – non c’è alcuna prova di ogni sorta che la malattia possa essere contratta nella vita quotidiana o per esempio in ospedale”. “Inoltre – ha continuato -, questa pratica di trapianto non viene più utilizzata da tempo anche per evitare di trasmettere il morbo di Creutzfeldt-Jakob, una malattia degenerativa rara che conduce a una forma di progressiva e fatale demenza senile e che in passato è stato associato anche alla cosiddetta ‘mucca pazza’”.
Fonte : Today